Violenza pandemica: maxi risse e le (forse) Nuove Brigate Rosse** – by Barbara Lucini

Il 05 Dicembre scorso quattrocento ragazzi alcuni dei quali minorenni provenienti da diversi quartieri di Roma, si sono dati appuntamento al Pincio per quello che da alcuni media è stato definito un regolamento di conti fra due ragazze a seguito di un furto di cellulare.

L’incontro è stato organizzato attraverso i social quali i “classici” Telegram, Instagram, Tik Tok ma anche Tellonym un’app che permette l’anonimato dei messaggi.

Altri due episodi simili di violenza di piazza si sono avuto a Roma e Venezia la scorsa settimana.

Alcuni aspetti da evidenziare di questa esplosione violenta sono i seguenti:

  • l’aggressione di massa è avvenuta in violazione delle misure di contenimento della pandemia da Covid – 19, in quanto molti dei partecipanti non indossavano dispositivi di protezione. Più volte nel corso di questo anno pandemico si è parlato di come, grazie alla prima comunicazione riguardante la diffusione di questa pandemia, alcuni fra i più giovani sottovalutassero le disposizioni di protezione. Per settimane infatti all’inizio del contagio, molti media hanno ripetuto che le persone a maggiore rischio fossero gli anziani. Naturale, che una comunicazione ridondante di tale tipologia portasse ad un rinforzo della diffusa credenza di invincibilità tipica dell’età adolescenziale;
  • i social network incriminati. Un tema ampiamente trattato, che però si concentra ancora poco sulle opportunità alternative alla comunicazione interpersonale offerta da alcuni social e soprattutto da quelli di ultimissima generazione, per i quali la caratteristica di anonimato è un prerequisito per la scelta di utilizzo. L’anonimato così tanto ricercato può essere una doppia arma: da un lato protegge, ma dall’altro permette ad alcuni di organizzarsi per scopi altri. Ancora si apre la questione: è possibile parlare di cyber violenza, nel momento in cui i social vengono utilizzati non solo come strumento, ma anche come elemento attivatore e aggregatore di istanze aggressive violente, probabilmente represse nella fisicità della vita reale?
  • si assiste ad una territorializzazione e a dinamiche già viste con le banlieu a Parigi nei primi anni 2000, dove giovani delle periferie e provenienti dai vari quartieri di Parigi utilizzavano lo spazio pubblico per aggressioni e atti di vandalismo. Nel contesto pandemico, l’utilizzo dello spazio pubblico in questo modo, sembra riportare l’attenzione alla corporeità, che per motivi diversi, dalle morti pandemiche ai lockdown, in questo anno è stata trattenuto e negata. La piazza, il luogo pubblico diventa sempre più palcoscenico, ecosistema sociale dalla cui analisi è possibile tastare il polso di una Nazione sempre più instabile socialmente, politicamente ed economicamente. Questo era già presente negli anni passati, ma come tutte le vulnerabilità strutturali erano latenti e solo con l’impatto dell’epidemia è stato possibile vedere concretamente il manifestarsi di queste fragilità;
  • questa tipologia di violenza non può essere definita secondo l’approccio tradizionale di violenza di massa. Infatti, si definisce così una forma di violenza che coinvolge più individui, ma che nasce spontanea ed è alimentata da istanze emotive, difficilmente disciplinabili. Qui invece questo aspetto è diverso: c’è stata organizzazione e premeditazione in giovani e giovanissimi. Due elementi che devono fare riflettere per l’esistenza di un dimostrato atteggiamento anti- sociale. Siamo quindi in presenza di una forma di violenza altra, dove ciò che diventa più utile da considerare è la connessione fra la dimensione online e offline: ci si organizza in rete, si discutono orari, luoghi, azioni e le si mettono in atto in uno spazio pubblico, decisamente ben visibile. Perché poi alla fine lo scopo è quello di creare uno spazio liminale fra queste due dimensioni e appropriarsene con azioni da spettacolarizzare: i video infatti sono stati postati sui social come segno di vincita, di affermazione. Ancora troppo spesso ci si riferisce agli ambienti online e offline come due entità distinte, quando invece – e questi eventi ne sono la prova – vi sono influenze ed effetti reciproci, che mancano ancora di essere considerati per la comprensione dei fenomeni violenti e di estremismo;
  • molti media hanno riportato che tali risse sono causate dalla mancanza o riduzione di attività scolastica durante questo periodo pandemico. Nonostante sia portata a non considerare questa l’unica motivazione, è vero che l’accesso alla scuola online risente di differenti modalità rimarcate ancora di più nel solco fra periferie e centro;
  • non è nemmeno possibile ravvisare in simili comportamenti un atteggiamento di resilienza o adattamento alla crisi pandemica: la resilienza esiste qualora si risponde ad una crisi con proattività e producendo qualche cosa di diverso e più adatto al nuovo contesto, che si è andato a definire con la situazione critica. In questo caso non si tratta di resilienza, ma di espressione chiara e sonante di un disagio non solo giovanile, bensì sociale, che per troppo tempo non è stato ponderato.

Per chi vuole vedere, la pandemia o meglio, l’inadeguata gestione di essa, sta producendo effetti di mutamento sociale, che andranno a caratterizzare i prossimi anni futuri. Non si tratta più nemmeno di segnali deboli, ma di segni forti, chiari, tangibili largamente sottovalutati, tipici di un clima di tensione e di violenza fisica, simbolica, comunicativa.

In questo quadro socio – culturale si situa anche un piccolo focus circa l’attività delle Nuove Brigate Rosse, che sembrano essersi riattivate da questa primavera dopo un periodo di latenza.

L’elemento interessante che deve essere sottolineato è che alcune indagini sono ancora in corso per verificare la natura e l’attendibilità degli Autori delle minacce: strategie, modalità di diffusione, linguaggio e contenuti in alcuni casi non sembrano ricondurre a questo movimento.

Ancora più importante allora una domanda che invece è rimasta inespressa o sottostimata: se non sono loro, chi potrebbe essere?

In una situazione attuale di grande instabilità e fragilità nazionale, comprendere quali altri attori stanno giocando sull’asset di una comunicazione violenta nei confronti dei rappresentanti istituzionali o di alcuni media, diventa vitale per una efficace prevenzione e risposta al fenomeno.

Alcuni elementi indicano un rafforzamento del fronte dei no mask e di visioni sempre più polarizzate, poco distinte in termini ideologici, ma anzi inclusive di contenuti e pervasive nelle dinamiche comunicative.

La crisi pandemica ha quindi accentuato delle tendenze già presenti ma latenti e la governance  debole, di forte instabilità non permette di riconoscere i cambiamenti in essere in molti degli attori sociali.

Essere consapevoli che nuovi attori si stanno formando in questo scenario di incertezza e abbandonare le miopie storico – politiche diventa lo strumento essenziale, per iniziare a interrogarsi su quali metodologie sia più opportuno concentrarsi per il contenimento di queste nuove forme di minacce.

** This article is part of empirical considerations that the author will use during the effort of the COVID-19 and Viral Violence Working Group (National Science Foundation funded Social Science Extreme Events Research-SSEER Network& CONVERGE/Natural Hazards Center at the University of Colorado Boulder, https://converge.colorado.edu/resources/covid-19/working-groups/issues-impacts-recovery/covid-19-and-viral-violence). This COVID-19 Working Group effort was supported by the National Science Foundation-funded Social Science Extreme Events Research (SSEER) network and the CONVERGE facility at the Natural Hazards Center at the University of Colorado Boulder (NSF Award #1841338). Any opinions, findings, and conclusions or recommendations expressed in this material are those of the authors and do not necessarily reflect the views of the NSF, SSEER, or CONVERGE.