L’allarmante verità sui programmi di prevenzione dell’estremismo è che non sappiamo se funzionano davvero. L’ho sostenuto in un recente post sul sito del think tank australiano “The Lowy Institute“, in cui ho segnalato l’assenza di valutazione dei programmi di prevenzione dell’estremismo, sia in Australia sia a livello globale. Questo significa che nessuno sa se le iniziative di prevenzione dell’estremismo che sono state finanziate negli ultimi 10 anni sono state efficaci o meno.
La valutazione dell’impatto di queste iniziative è sicuramente difficile per molti motivi: ad esempio, è difficile reclutare soggetti per condurre la valutazione o misurare la radicalizzazione e isolare l’impatto dell’iniziativa dal resto degli avvenimenti che possono influenzare la radicalizzazione di individui e gruppi. Tuttavia, queste sfide sono molto simili a quelle che bisogna affrontare per valutare le iniziative di prevenzione di violenze famigliari o della criminalità. E in questi campi le tecniche di valutazione sono più consolidate e avanzate.
Nell’articolo apparso sul sito del “The Lowy Institute” propongo una serie di pratiche di valutazione che, a mio parere, bisognerebbe adottare nella valutazione dei programmi di prevenzione dell’estremismo. Penso che sia fondamentale adottare queste pratiche di valutazione per almeno due ragioni. La prima ragione è che, se non sappiamo se i nostri interventi sono efficaci, rischiamo di sprecare prezioso denaro pubblico che potrebbe essere meglio speso altrove. La seconda ragione è che, se non conosciamo bene gli effetti degli interventi di prevenzione, rischiamo di alimentare effetti indesiderati e addirittura controproducenti.
E’ possibile leggere il mio articolo originale al seguente link: https://www.lowyinstitute.org/the-interpreter/alarming-truth-about-countering-violent-extremism-programs-we-don-t-know-what-works