49 persone sono state uccise in in seguito a due attacchi a due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda commessi da Brenton Tarrant australiano di 28 anni. Nella drammaticità dell’evento quello che più interessa è il manifesto pubblicato sul profilo Twitter dell’attentatore che elenca in modo dettagliato le ragioni di tale gesto.
L’intero attentato è segnato da una attenzione comunicativa che si esprime prima nella trasmissione live dell’attentato e poi nelle 74 pagine di rivendicazione.
Il live dell’attacco è soprattutto una lunga soggettiva di oltre 16 minuti, spesso con camera sul casco, musica di sottofondo in genere vecchie canzoni di soldati appiedati in marcia (tipo 1777 UK the British Granadiers march), in cui documenta l’azione e il successivo massacro dei feriti. La ripresa è quella del videogame con bocca dell’arma che spara inquadrata e target sullo sfondo: una ricerca di drammaticità comunicativa dichiarata nella rivendicazione con l’obiettivo di promuovere conflitto e cercare imitatori.
L’analisi del documento di rivendicazione intitolato The Great Replacement riporta l’attenzione su alcuni elementi importanti, che mancano nella più generale comunicazione mediatica e che sono vittime di paradigmi interpretativi e di lettura oramai superati.
La struttura è complessa e consiste di due parti principali organizzate da un punto di vista della comunicazione strategica come una conferenza stampa dove a domande poste vi sono pronte risposte.
In generale, il documento si fonda sull’individuazione di un nemico che si sente in dovere di combattere per salvare “la sua gente” e garantire un futuro a persone che l’attentatore considera simili in termini etnici e culturali
Il linguaggio non è mai estremista e utilizza termini più alti o tecnici solo in rari passaggi.
Cosa emerge di essenziale dall’analisi di questo documento?
- il processo di radicalizzazione o per meglio dire di “immersione” che Brenton dice di avere vissuto negli ultimi due anni. Il profilo che emerge è quello di una persona che ha attraversato momenti polarizzanti differenti passando dall’essere un giovane comunista ad un anarchico poi un libertario ed infine un eco – fascista. Più volte viene sottolineata la propia normalità e l’ordinarietà di uomo qualunque, che però informa di essere stato esposto ad attacchi terroristici nel corso della sua vita che hanno cambiato la sua visione della società;
- la motivazione che l’ha spinto all’azione sembra essere stata la morte alla ragazzina Ebba Akerlund vittima di un attentato terroristico nei pressi di Stoccolma nel 2017, ma questa, come si vedrà dalla molteplicità di questioni affrontate, non è l’unica motivazione a tale gesto. Può essere – esattamente come il tanto voluto collegamento con Traini– una strategia per facilitare la mediatizzazione dell’evento;
- la trasversalità dei temi toccati, dall’antimperialismo ai diritti dei lavoratori, dalla eredità culturale all’ambientalismo – tematica questa oggi più che mai essenziale data anche la giornata di protesta in favore di politiche pubbliche più attente al cambiamento climatico – propone una agenda diffusa e condivisa globalmente ;
- i collegamenti transnazionali sono molteplici: spaziano da una French connection importante, che si ricollega a un viaggio in Francia segnato dalla consapevolezza delle condizioni di vita del popolo francese “invaso” dall’immigrazione di massa, da cui il consolidamento delle proprie convinzioni radicali; contemplano un collegamento con i Knight Templar gruppo di estrema destra inglese. Tutta la scrittura del documento risulta pervasa da rimandi radicati in una cultura europea e nazionalista, in cui l’immigrazione viene considerata come una forza occupante non arginata;
- la centralità della teoria del complotto per la sostituzione etnica, tipica in questi anni di un grande revisionismo da parte francese ed in particolar modo di alcuni gruppi francesi di estrema destra, rimane presente e trasversale in tutto il documento. Infatti, sebbene l’attentato abbia avuto come target group persone musulmane e nel testo vi siano rimandi agli immigrati musulmani è molto difficile sostenere che questa sia l’unica linea interpretativa di questo documento.
L’Autore pone infatti all’attenzione di questo profondo cambiamento sociale, vissuto e percepito, altri temi che nulla hanno a che fare con xenofobia ed islamofobia per esempio:
- l’enfasi sulla necessità di controllare il tempo sembra essere un’altra leva di preoccupazione e di motivazione del gesto che si esprime nella urgenza dovuta a diverse ragioni quali: la riduzione dei tassi di fertilità europei legati alla mancanza di persone di origine europea a causa dell’immigrazione di massa; la più ampia crisi generata dall’immigrazione di massa che impedisce un processo continuo di sviluppo e civilizzazione. Ma questa preoccupazione emerge anche quando Brenton sottolinea un’agenda dettagliata circa il suo periodo di “radicalizzazione” e il momento di decidere l’azione; quando concentra l’attenzione sui bambini bianchi e il loro futuro; o quando considera il lascito del suo gesto ed è convinto che non durerà nel tempo e verrà dimenticato;
- l’individualismo nichilista ed edonista tipico di buona parte delle società occidentali che riporta a riflessioni con idee di stampo marxista e leninista;
- l’auspicio di un attivismo della NATO contro i turchi, che nel contesto dell’Unione europea secondo l’Autore devono essere trattati come nemici;
- la promozione della divisione sociale e del conflitto diffuso in USA per quanto riguarda il dibattito pubblico relativo alla regolamentazione sull’utilizzo e la detenzione di armi;
- il concentrare l’attenzione su un processo quanto mai attuale ovvero quello della balcanizzazione dell’Europea e dei rapporti fra questi Paesi e gli Stati Uniti.
La strategia comunicativa sottostante tale documento di rivendicazione se letta attraverso una nuova e necessaria lente interpretativa potrebbe appartenere a una molteplicità di profili. L’Autore stesso infatti non solo cita differenti fasi ideologiche della sua vita, ma anche una appartenenza simultanea sia all’estremismo di destra sia all’estremismo di sinistra; con una nota biografica interessante quando sostiene di odiare in particolar modo i convertiti sostenendo che sono coloro che per primi tradiscono le loro origini mettendosi a disposizione di un ideale fallimentare.
Tutta la narrativa e la retorica utilizzata risentono di incroci culturali che variano da una linea più protestante a quella etno – nazionalista per abbracciare anche delle sfumature di ideologie orientali.
L’attacco di Christchurch è, dunque, complesso nelle narrative contenute nelle 74 pagine di rivendicazione e non può essere liquidato senza cercare la risposta a tanti interrogativi.
In particolare non può essere ricondotto alla semplicistica reazione agli attentati del terrorismo islamista. Indubbiamente esiste ormai un effetto di “doppia radicalizzazione” (di cui Itstime già scrisse nel 2015) perseguito da Daesh allo scopo di fare propaganda sia per reclutare nei suoi ranghi sia per motivare i nemici, i kuffar, a mantenere caldo il conflitto. Ma l’attacco di Brenton non può essere ricondotto solo a queste cause: i temi della rivendicazione, l’articolazione delle narrative, la struttura del discorso evidenziano l’appartenenza a un milieu culturale diffuso che differisce, per fortuna e generalmente, negli esiti della scelta violenta e terroristica.
L’attacco di Christchurch segna, in maniera inequivocabile, la drammaticità conflittuale del dibattito globale sui temi urgenti che “spaventano” e l’incertezza diffusa che promuovono e certifica il conflitto ibrido che si diffonde in vari strati, dove il terrorismo sta diventando una categoria significativa per i risultati ma troppo generica per comprenderla rispetto alle sue ragioni.
Da qui la necessità di acquisire alcuni principi essenziali per le analisi che seguiranno:
- quanto accaduto è la risposta pervasiva e diffusa ad una serie di molteplici contesti socio- culturali, anche molto diversi fra loro;
- queste nuove forme di estremismo ibrido saranno il futuro di azioni estreme e polarizzate dettate da uno svariato numero di motivazioni e di altrettante innumerevoli sfumature e influenze culturali.
Ecco quindi la necessità di superare il paradigma dottrina – ideologia per abbraccia una visione olistica di un fenomeno estremista complesso e del quale la vera natura risiede non solo nella fluidità delle posizioni estreme[1], ma anche e soprattutto nella loro fragilità in termini di confini reali e virtuali, così come nella ormai accertata mancanza di zone ben delimitate sia sul piano culturale sia su quello delle narrative.
Senza questo necessario cambio di lettura e di interpretazione, si rischia di rimanere legati ad assiomi superati che rendono il terrorismo un mero fenomeno mediatico e che renderanno qualsiasi strumento sia operativo sia di policy inutile.
[1] Gartenstein-Ross, D. and Blackman, M. (2019), Fluidity of the Fringes: Prior ChristchurchExtremist Involvement as a Radicalization Pathway, Studies in Conflict & Terrorism, Taylor and Francis, UK