Fino ad ora l’attenzione verso lo studio e l’analisi delle dinamiche comunicative nel contesto di azioni terroristiche considerava la comunicazione, come strumento tipico del terrorismo e del terrorista, utile per essere consapevoli delle strategie utilizzate, comprendere e rintracciare segnali predittivi di fenomeni estremisti ed eversivi.
Negli ultimi due anni però la situazione sta cambiando, andando a confermare una tendenza sempre più chiara nei mezzi di comunicazione: a fenomeni simili corrispondono identificazioni, interpretazione e rappresentazioni anche molto diverse fra loro.
L’orientamento quindi interessante e necessario, che qui si vuole proporre come linea di analisi per il futuro immediato, riguarda la prospettiva comunicativa, di chi il terrorismo lo narra e lo interpreta.
A questo proposito si prendano ad esempio i seguenti fenomeni verificatesi fra la fine di Luglio e gli inizi di Settembre 2019:
- 29 Luglio: al Garlic Festival di Gilroy, a sud di San Francisco,un 19enne di origine italiane e iraniane ha sparato sulla folla uccidendo 3 persone e lui stesso è stato successivamente ucciso. E’stato descritto come un atto suprematista. Secondo fonti non ufficiali sul suo account Twitter, si trovava un post che riguardava l’opera “Might Is Right” di Ragnar Redbeard, generalmente considerata di ispirazione suprematista
- 30 Luglio: nel quartiere dello Sperone a Palermo, un mezzo dei Vigili del Fuoco è stato oggetto di una sassaiola insieme alla squadra presente sul luogo e intenta a spegnere un incendio
- 04 Agosto: all’interno di un centro Walmart a El Paso, Texas, 22 persone sono state uccise da Patrick Crusius. Il fatto è stato definitio come riconducibile ad una matrice suprematista e l’FBI indaga per terrorismo interno e crimine d’odio
- 04 Agosto: sparatoria a Dayton, Ohio, i morti sono 9, il killer è un 24enne. Nessuna motivazione viene precisata
- 10 Agosto: una sparatoria presso il al-Noor Islamic Centre a Baerum vicino a Oslo ha provocato un ferito. L’attentatore è un ventenne e il fatto è stato definito terrorismo dalla polizia norvegese, portando all’innalzamento delle misure di sicurezza fuori dalle moschee
- 12 Agosto: a Milano una donna è stata aggredita e ferita gravemente con un oggetto tagliente da un 31enne originario del Bangladesh. Le motivazioni non sono note o ipotizzate
- 13 Agosto: un attacco con coltello a Sidney provoca un morto e due persone ferite. Il responsabile è un 21enne. La motivazione non è nota
- 01 Settembre: a Villeurbanne, Lione un rifugiato afgano ha attaccato con un coltello alcuni passanti, provocando un morto e nove feriti
L’elenco di questi drammatici eventi porta con sé alcune considerazioni essenziali, se si vogliono comprendere i cambiamenti in atto nella comunicazione di fenomeni estremisti e violenti, da parte delle agenzie di stampa e mass media in generale.
Analizzando la stampa locale e internazionale e il modo di riportare la notizia, alcuni aspetti sono in particolare degni di nota:
- le motivazioni di tali atti non sempre vengono comunicate: più spesso infatti negli ultimi mesi si assiste alla difficoltà di definire all’interno di un quadro interpretativo fornito dalle varie agenzie comunicative e dai mass media, l’evento occorso. Tale cornice di riferimento è lasciata aperta, promuovendo la possibilità di una interpretazione singola delle motivazioni all’origine di tali gesti. E’ un elemento di vulnerabilità importante, che rimanda quindi la comprensione dell’evento e la sua definizione al pubblico.
- l’attenzione dei mass media si concentra nell’immediato post – evento: gli effetti che queste aggressioni e attacchi producono non vengono considerati in termini di ordine pubblico o di gestione del post – emergenza. Emerge quindi che la linea editoriale prescelta è quella di una massima focalizzazione sull’evento nell’immediato, ma nessuna copertura degli effetti a medio termine
- esiste una certa tendenza all’aumento di tali fenomeni con effetti di duplicazione, non solo emulazione e soprattutto con importanti e non celate connessioni trans- culturali e globali. A questo proposito si veda la catena dell’estremismo o quella che enfatizzando potrebbe apparire come una forma di extremism without borders, che porta da Tarrant l’attentatore degli attacchi a Christchurch ispiratosi all’attacco compiuto da Traini nel Febbraio 2018 a Macerata, fino alla sparatoria a El Paso, per la quali il killer si è detto ispirato da Tarrant
- l’agenda dei media in particolare di quelli nazionali mostra dinamiche di framing e priming peculiari. Le prime sono finalizzate alla dispersione del contesto e della matrice di origine del gesto; le seconde invece promuovono una copertura mediatica enfatizzata al momento della crisi, ma anch’essa dispersa nell’immediato post – evento. Torna qui in questo modo, la necessità di una chiarezza cognitiva per il pubblico che deve colmare vuoti interpretativi, che potrebbero essere riempiti con altre informazioni non corrette o non verificate, generando un quadro complesso nei suoi potenziali effetti. Il bisogno diventa quindi quello, allargando i destinatari di tali azioni e includendo anche le agenzie di sicurezza, di promuovere una lettura degli eventi più trasparente.
- L’importanza della definizione e dell’inquadramento di un atto come terrorismo, estremismo o strage è stata già da noi sottolineata[1] riferendosi alle teorie del naming e a quelle del labelling. Si veda a titolo di esempio, l’attacco a Lione sopra citato e la mancata definizione da parte dei media sia francesi sia internazionali di tale atto, come attentato terroristico: confrontando gli avvenimenti di due anni fa uguali nei loro modus operandi, le dinamiche comunicative e mediatiche divergono profondamente, producendo effetti interpretativi e di comprensione del fenomeno che avranno importanti ricadute sull’ordine pubblico e sulla gestione di persone in luoghi pubblici
In conclusione, alla luce dei cambiamenti che si stanno profilando nella copertura mediatica della tipologia di eventi sopra citati, si ritiene indispensabile promuovere delle linee guida comunicative, che prevedano il coinvolgimento e la considerazione del pubblico come soggetto agente e non passivo.
Le difficoltà di prevenzione e il basso livello di predittività rendono le azioni di contro – risposta complesse, ma esse potrebbero ugualmente produrre efficaci risposte anche in termini di prevenzione, qualora il focus degli interventi prevedesse il supporto attivo di diversi attori sociali, come promosso dall’approccio multidimensionale del contrasto all’estremismo violento[2].
[1] https://www.itstime.it/w/terrorismo-crimini-dodio-estremismo-o-by-barbara-lucini/
[2] https://www.theguardian.com/uk-news/2019/aug/06/counter-terrorism-chief-calls-for-greater-social-inclusion