E’ di ieri la notizia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo Stato della Nigeria libero dal virus Ebola, dopo un periodo di 42 giorni durante i quali non è stato rilevato alcun nuovo caso di contagio. Il primo caso si era presentato il 20 Luglio scorso quando un diplomatico liberiano-americano si era sentito male nell’aeroporto di Lagos. Date le deboli o inesistenti procedure di emergenza il paziente “zero” (per la Nigeria) è stato in grado di infettare diverse persone, specie tra il personale medico che lo ha assistito al nosocomio presso il quale era stato trasportato. Totale: 20 casi, 8 decessi, 898 contatti tracciati (351 di primo o di secondo grado e 547 di terzo grado) [1] per accertamenti e procedure di controllo e di contenimento dell’epidemia. Continue reading
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CALL FOR EXTENDED ABSTRACTS:
“BIG DATA, SURVEILLANCE AND CRISIS MANAGEMENT: the dark side of big data”
Notes on social media, big data and pandemics – by Chiara Fonio & Alessandro Burato
While diseases have historically received a significant amount of attention from the global public health community through the development of impressive surveillance systems, it seems challenging to assess whether big data really make a difference in real-time responses to pandemics. Continue reading
Can the bird catch the worm? – by Alessandro Burato
Ebola is still spreading although it is no more interesting for media as few weeks ago. The last released WHO report counts for 3,341 confirmed cases among Guinea, Liberia, Sierra Leone and Senegal and a total of 1,687 deaths [1]. The web is getting overcrowded with different projections of the virus diffusion based on now proved models that however are drawing not always a coherent picture: several variables, such as time, confirmed, probable or suspected cases, official or un-official data are responsible for a variety of estimations and worst-case scenarios. Continue reading
Social liberi. Quale spazio al terrore? – by Alessandro Burato
Dopo la brutale esecuzione del britannico Haines si riaprirà la discussione, accesasi alcune settimane fa e che continua tutt’ora, circa la legittimità e l’efficacia della decisione di Twitter, e successivamente di Facebook, di non permettere la pubblicazione dei video delle decapitazioni dei giornalisti americani ad opera di IS. Decisione che è rimbalzata su tutti i siti d’informazione e testate giornalistiche è stata amplificata dai Social Network come l’annosa questione della libertà di espressione attraverso questi ultimi.