Il 14 ottobre scorso una coppia di autobomba ha tragicamente colpito la capitale somala, Mogadiscio. La prima e più devastante esplosione ha devastato il Safari hotel (e l’area circostante), situato nel distretto di Hodon, ed è stata seguita da un assalto armato di alcuni miliziani. Il secondo veicolo esplosivo è invece deflagrato nel distretto cittadino di Madina.L’attentato non è ancora stato rivendicato anche se le autorità locali propendono per la responsabilità dell’insurrezione jihadista somala, leale ad Al Qaeda, Harakat al-Shabaab al-Mujahideen.
Nonostante la particolare distruttività, l’attacco descritto non risulta essere peculiare: infatti, per quanto concerne il modus operandi implementato, al Shabaab dall’inizio del 2017 ha rivendicato circa 36 attacchi con auto-bomba a Mogadiscio, operazioni terroristiche che hanno causato la morte di quasi 800 persone.
Inoltre, anche l’obiettivo dell’attentato non appare rappresentare una novità, l’organizzazione jihadista somala ha spesso focalizzato la propria azione terroristica contro bersagli della sicurezza e dell’amministrazione somala e, in effetti, le forze di sicurezza locali avrebbero dichiarato che il target primario dell’attacco di sabato scorso sarebbe stato il ministero degli esteri, situato nell’area del Safari hotel.
L’elemento più straordinario dell’attentato discusso è rappresentato dall’ingente numero di vittime che ha determinato, circa 300.
È interessante notare come nonostante l’altissimo numero vite spezzate, la comunicazione della drammaticità dell’evento sia apparsa quantomeno controversa.
Da una parte sembra che se ad essere colpita fosse una località esotica ma “occidentalmente” turistica, come Sousse o Sharm el Sheik, l’attenzione mediatica e la conseguente percezione collettiva dell’evento risultano amplificate e più durature nel tempo.
Dall’altra questo recente attentato terroristico pone in evidenza il ruolo strategico, che ancora i media conservano nella capacità di attenuare o amplificare la percezione del rischio stesso, da parte del grande pubblico.
L’interpretazione è particolarmente vera, se si considerano i fattori di rischio proposti da Schmidt (2004)[1] posti lungo un continuum che confronta due polarità: da un lato troviamo i fattori che attenuano la percezione del rischio, dall’altra quelli che la amplificano.
Alcuni di essi sono rilevanti per capire come i media hanno gestito la comunicazione di questo evento, nell’immediato post impatto e nel post emergenza.
In particolare, tre coppie di elementi contenuti nella tabella sotto riportata, devono essere adeguatamente analizzate per meglio comprendere le strategie comunicative sottostanti, che orientano e motivano la poca attenzione dedicata a questo attentato e ad altri occorsi in Africa o Medio Oriente.
Il primo fra tutti riguarda la polarità familiare VS esotico: reazioni e attenzioni differenti dei media internazionali sono sempre state note, qualora per esempio un fatto accada nella Vecchia Europa, in America oppure in Paesi “altri” lontani da noi e dal nostro immaginario collettivo. E’ una caratteristica costante della comunicazione del rischio, che perdura nel tempo e si consolida in pratiche narrative del rischio comunicato.
Il secondo elemento attiene alla distribuzione del rischio che attenua o amplifica la sua percezione a seconda che questo sia presente in modo più o meno equo: un rischio altamente localizzato e “tipico” di una zona territoriale o di un sistema sociale amplifica la percezione del rischio, mentre un rischio “equamente distribuito” la attenua, rendendo anche la stessa accettazione del rischio più ampia.
Un’altra caratteristica è la presenza o meno della notizia nei media è la coppia di fattori, che gioca un ruolo fondamentale per la comprensione delle dinamiche di percezione e valutazione del rischio da parte del grande pubblico. Il caso evidenziato suggerisce che la sottostima della notizia, in termini di diffusività e per la permanenza stessa sui media, sia dovuta ad una commistione dei precedenti elementi evidenziati ovvero la scarsa familiarità del contesto geopolitico e la distribuzione del rischio altamente localizzata.
Quanto occorso pochi giorni fa in Somalia evidenzia la costante necessità di capire in modo più approfondito le dinamiche comunicative del rischio, che permettono di attenuare la sua percezione o la amplificano in caso contrario. L’evento ci riporta altresì ad un nuovo ripensamento circa il bisogno di creare un pubblico più informato e competente nell’analisi delle notizie, promuovendo strategie di comunicazione del rischio che includano una visione resiliente del rischio stesso.
[1] Schmidt M. 2004. Investigating risk perception: a short introduction. Chapter 3 in: Schmidt M. 2004. Loss of agro-biodiversity in Vavilov centers, with a special focus on the risks of genetically modified organisms (GMOs). PhD Thesis, Vienna, Austria