Con diversi gradi di impiego e di penetrazione, la SOCial Media INTelligence (SOCMINT) viene utilizzata dai servizi di intelligence internazionali per raccogliere dati rilevanti al fine di fornire informazioni aggiuntive circa determinate minacce. Nel dibattito internazionale intorno a questo metodo di raccolta e interpretazione di dati provenienti dal web 2.0 sono chiare alcune posizioni fondamentali per riuscire progressivamente ad attestare questa che al momento è quasi unicamente una pratica applicata come una disciplina vera e propria cioè corredata non solo da obiettivi e mezzi ma anche e soprattutto da una riflessione metodologica.
Innanzitutto, è chiaro che la SOCMINT, e di conseguenza coloro che se ne occupano, non hanno alcuna pretesa che questa possa essere la nuova, migliore e sostitutiva modalità di acquisizione dati di tutte le diverse sfaccettature del ciclo di intelligence. Tuttavia, è innegabile che l’evoluzione delle modalità di comunicazione del terrorismo impongono ai servizi di intelligence di dotarsi di strumenti e competenze capaci di confrontarsi con questo fenomeno. Da questo punto di vista, le difficoltà maggiori riscontrare si riassumono in una “resistenza” generalizzata ad integrare questa tecnica alle altre, resistenza che è resa evidente dalla richiesta, da parte dei membri dell’intelligence stessa, di prove circa la sua efficacia. Come tutte le altre tecniche che compongono il ciclo di intelligence la SOCMINT è solo un ulteriore modalità di raccogliere dati che possano produrre informazioni che nello specifico, essendo prevalentemente presenti e diffuse online, sarebbero altrimenti difficilmente raggiungibili.
In secondo luogo, argomento spesso dibattuto sono le modalità con cui essa viene applicata. La SOCMINT, mutuata nell’ambito della sicurezza da quello del business, è da subito stata concepita come uno strumento di monitoraggio. Nata per verificare il posizionamento dei brand commerciali e fornire dati per la sentiment analysis, la SOCMINT si è concentrata sui processi di data mining rivolti a due principali aspetti degli ambienti “social”: i contenuti e le relazioni. I primi hanno dato origine a diversi studi sui cosiddetti motori semantici utili nell’analizzare e filtrare grandi stringhe di dati come sono quelle delle comunicazioni che “scorrono” sui social, i secondi si concentrano maggiormente sulle relazioni virtuali che intercorrono tra i diversi user avvalendosi delle moderne tecniche di visualizzazione dei dati per darne una visione più ampia ed immediata. Evidentemente, tali visualizzazioni non esauriscono la ricchezza di informazioni e significato dei dati che rappresentano e dal punto di vista delle scienze sociali si rendono necessari dei sistemi di verifica di affidabilità ed efficienza di tali strumenti.
Tuttavia, l’ambito di utilizzo della SOCMINT non si limita ad un livello “passivo” di monitoraggio ma viene utilizzata anche in maniera proattiva per interagire con i diversi soggetti della rete. Esperienze internazionali, più o meno efficaci, dall’America all’Europa riferiscono di interventi svolti da personale qualificato nelle reti oggetto di monitoraggio.
È evidente che entrambe le modalità di applicazione della SOCMINT pongono problemi etici che vanno affrontati e ricondotti ad un approccio di gestione bi-direzionale: uno top-down, ossia garantito da norme e leggi, e uno parimenti fondamentale bottom-up che riguarda la formazione del personale addetto a tale ruolo.
Il dibattito è aperto, la pratica lanciata a livello internazionale, ora manca che si conduca la SOCMINT da un piano puramente “empirico”, intendendo con il termine il fatto che la pratica è unicamente dettata dall’uso, ad un piano che maggiormente afferisca ad un disciplina sempre più formalizzata.
Al termine di incontri con accademici del settore e professionisti dei servizi di intelligence sono state proposte le seguenti linee di azione per raggiungere tale obiettivo:
- il reclutamento da parte dei servizi di intelligence di giovani nativi digitali che possano apportare nuove prospettive di interpretazione ed analisi,
- un panorama legislativo preciso in materia, che contribuisca anche a far capire ed accettare all’opinione pubblica le attività che vengono intraprese, definendo ad esempio quali sono i limiti di intervento e la possibilità di utilizzare tecniche di investigazione speciali nei confronti si individui che ancora non sono considerabili sospetti,
- la formazione, che riveste un ruolo fondamentale diretta sia all’interno degli stessi servizi di intelligence per colmare l’eventuale “gap generazionale” nell’approcciare la SOCMINT sia ai governanti e legislatori perché si rendano conto in quale ambiente i servizi di intelligence si trovano ad operare.