Il califfo nero al-Baghdadi ritorna sul palco mediatico di IS per rinforzarne la propaganda e lo fa con un audio-messaggio, postato via Twitter il 26 Dicembre, trascritto e pubblicato integralmente in inglese, su un sito legato al Califfato, ieri e dal titolo: “So wait, indeed we, along with you, are waiting”.
L’audio-messaggio, che nei giorni scorsi ha goduto di una relativamente alta risonanza mediatica, risulta essere interessante, oltre che per la rilevanza dello speaker (le cui apparizioni sono sempre più rare) anche in termini di analisi della propaganda di Daesh:
Contesto interpretativo: Per essere adeguatamente interpretata, la comunicazione sopra citata non può separarsi dal contesto all’interno del quale nasce e si inserisce.
Nelle ultime settimane gli sforzi relativi alle strategie di contenimento della minaccia rappresentata da IS e, allo stesso tempo, di stabilizzazione della regione medio orientale sono stati intensificati e, anche se ancora molto deve essere fatto, sembrano portare ai primi risultati positivi: l’approvazione della risoluzione UNSC per il processo di pacificazione della Siria e il relativo inizio del progetto diplomatico, pianificato da Staffan de Mistura per la fine di Gennaio a Ginevra, che porterà allo stesso tavolo il governo di Assad, alcuni rappresentanti dell’opposizione al regime e le più importanti potenze medio orientali tra cui Arabia Saudita, Turchia e Iran; le operazioni mirate al depauperamento delle risorse del Califfato hanno ridotto il suo “PIL” ad 1/3 dei 6 miliardi di dollari annui stimati dagli analisti nel 2014; lo stendardo nero si è ritirato da molti dei territori che originariamente controllava in Iraq e Siria, e Sinjar e Ramadi (non ancora completamente liberata) rappresentano solo le più recenti ed importanti perdite; anche i territori occupati da Daesh nel cyberspazio si sono ridotti: basti pensare che dal 2014 the British Counterterrorism Internet Referral Unit in collaborazione con importanti compagnie cyber ha rimosso 46.000 contenuti jihadisti, You Tube ha eliminato 14 milioni di video e Twitter, nell’Aprile del 2015 ha chiuso 10.000 accounts nell’arco di un singolo giorno; sono stati, inoltre, riportati problemi di coesione all’interno delle file dei miliziani neri, dovuti principalmente ad approvvigionamenti, salari, integrazione sociale e alla disillusione relativa ad un califfato che non è invincibile sul campo e ad una prospettiva di vita offerta che non è prospera come raccontavano le brochure.
Il messaggio: esso, come al solito, ricontestualizza strumentalizzandoli alcuni versetti coranici per legittimarne la narrativa proposta e presenta alcuni temi interessanti:
- “we should not let the mobilization of the nations of kufr against us alarm us, frighten us, or break our resolve, for we will be the victors in any case, with Allah‟s power and strength”, la realtà sul campo, come dimostrano queste stesse parole e il contesto sopra descritto, non è favorevole ed infatti l’intercessione diretta del califfo stesso, necessaria, con l’audio-messaggio, ne sottolinea l’estrema urgenza e delicatezza.
- “O Muslims, indeed the battle today is no longer merely a crusader campaign. It is but the war of the nations of disbelief altogether against the Ummah of Islam, and it has not occurred before in the history of our Ummah that the entire world gathered against it in one battle as is occurring today”, questo preludio rilancia il tema eroico, una componente fondamentale dell’attraente propaganda dello stato islamico e lo fa in maniera dirompente: la situazione è particolarmente urgente e quella che inizialmente era una “mera” guerra ai crociati viene trasformata nella battaglia finale, globale e universale, fra l’intero mondo degli infedeli e il popolo dell’Islam, un messaggio efficace, uno scontro epico che mai si è verificato, prima, nella storia. Tutto è pronto per la disperata chiamata alle armi: “Indeed, it is the battle of the disbelievers altogether against the Muslims altogether, and indeed every Muslim is intended by this war”
- “Each one of them pushes the other forward in order to get him entangled. They don’t dare come, because their hearts are filled with fear of the mujāhidīn”, un altro tema ricorrente, lo sfruttamento delle debolezze del nemico che, in questo caso, è descritto come disunito e terrorizzato dalla forza di Daesh, tanto da mandare avanti l’alleato per paura di essere sconfitto. Il gioco sulla frammentazione della coalizione anti IS e sulla strategia di utilizzo di truppe locali (medio orientali) per contrastare il califfato è evidente: “For this reason, they delay their coming as much as they are able to”, una palese strategia di contenimento raccontata come codardia.
- Seguono il discredito verso la coalizione militare islamica recentemente fondata e guidata dall’Arabia Saudita per combattere Daesh: “they recently announced the Salūlī (Saudi) coalition – falsely called Islamic”, un competitor pericoloso in termini di consenso e reclutamento. Poi è il turno di Israele: “No, O Jews! We have not forgotten Palestine for a single moment, and by Allah’s permission, we will not forget it”, un tema sempre efficace se si cerca di attirare consensi e nuove reclute per la causa estremista, l’intifada dei coltelli perdura e viene adeguatamente sfruttata.
- “The test must be severe and the trials must be great, until hypocrisy surfaces and faith takes root, in order for victory to descend”, infine, il tema religioso del sacrificio giustifica perfettamente la durezza del momento in cui si trova il califfato, il paradiso non è gratis e le opzioni fornite dal califfo non lasciano scampo: “So stand firm, O mujāhidīn! There is nothing in your future except one of two good ends; it is either victory or shahādah”, vittoria o martirio, una logica win-win solution, sì, ma per il califfo.