Parigi, Londra, Venezia, Sharm: ormai la minaccia del terrorismo al turismo richiede più attenzione – by Marco Lombardi

 Sono molti mesi che, nelle nostre analisi sulla minaccia portata dal terrorismo al turismo insistiamo, richiedendo più attenzione, soprattutto agli operatori del settore. I risultati non sono tuttavia significativi. Eppure, l’impatto che il business ha dagli attacchi portati dal terrorismo è rilevante: solo settimana scorsa, immediatamente dopo l’attentato a Londra, le scuole francesi si sono premurate di cancellare le prossime visite delle scolaresche nella capitale inglese.

Oggi, 30 marzo, la notizia è dei kosovari arrestati a Venezia: radicali islamisti sulla via della immolazione per Daesh erano monitorati da tempo e le nostre autorità hanno deciso di intervenire quando hanno intercettato frasi come: «Fare un attentato a Venezia significa guadagnarsi subito il paradiso, per quanti miscredenti ci sono qui: bisogna mettere una bomba al Ponte di Rialto», «Sì, buttiamo una bomba e poi: boomm, boomm». Queste frasi, tutte da verificare in termini di reale possibilità operativa, rimbalzano sui media di mezzo mondo: non è difficile aspettarsi un riflesso sulla stagione turistica che, tra poco, vede un suo abituale importante momento nelle vacanze Pasquali.

Il terrorismo si esprime prima attraverso la minaccia, poi nella concretizzazione di quanto minacciato: spesso il risultato lo ottiene solo con la comunicazione di quello che potrebbe fare. Il “forse attentato” sventato al Ponte di Rialto Venezia sarà comunque concerto negli effetti che avrà sul flusso di turisti nella città.

A livello internazionale, il contro terrorismo di Israele ieri aveva messo in allarme i propri cittadini in vacanza a Sharm el Sheikh e nei resort del Mar Rosso, chiedendo loro di lasciare quanto prima l’area in vista di un prossimo attacco di Daesh.

Ma in fin dei conti, qualcuno potrebbe dire che quanto sopra sono dati di cronaca interpretati, insomma opinioni.

Eppure alcuni dati sono emersi in questi anni, tali da giustificare una preoccupazione che possa diventare consapevolezza per garantire sia business sia sicurezza.

Per esempio:

  • A seguito della continuativa attività terroristica la spesa globale relativa al turismo è calata del 14% (fonte UBS aggiornata al giugno 2016)
  • Dal 2015 il settore turistico francese ha perso circa 270 milioni di euro (CNBC-08/2016) e il 20% delle prenotazioni dal settembre al dicembre 2016. Le prenotazioni belga per lo stesso periodo di riferimento sono calate del 23%
  • La Turchia ha sofferto un calo di prenotazioni turistiche del 52% fra il settembre e il dicembre 2016 comparate allo stesso periodo del 2015 (BBC-08/2016).
  • Il numero di turisti asiatici in viaggio verso le capitali europee in alta stagione (giugno, luglio e agosto) è calato del 20-30% nel 2016 (DailyMail 07/2016)
  • Dal 2015 il settore turistico egiziano è calato circa del 70% (marketplace.org-09/2016)
  • Gli shares della Thomas Cook Group PLC sono calati del 52% nel primo semestre del 2016, quelle della TUI del 32%, di Ryanair Holdings PLC del 23% e quelle della British Airways International Consolidated Airlines Group SA del 34%. La tedesca Lufthansa ha previsto una perdita di profitto del 8-9% (nel secondo semestre del 2016) per via dei continui attacchi terroristici in Europa e dell’incertezza economica (MarketWatch 03/2016)

La situazione è preoccupante sul piano economico, eppure chi gestisce il business sembra più volersi affidare agli esorcismi che alle competenze.

Tanto è vero che il silenzio regna.

In Italia non si è quasi per nulla parlato di Jurgen Kantner, il tedesco settantenne decapitato a febbraio 2017 nelle Filippine dal gruppo terrorista Abu Sayyaf. Jurgen era stato rapito con sua moglie, nel novembre 2016, mentre con il loro yacht navigavano dalle parti dell’Isola Laparan: l’irrisolta richiesta di pagamento di un riscatto di 612.000 dollari ha portato a questa fine.

Insomma uno skipper che viaggiava per i bei mari orientali è diventato ostaggio e vittima del terrorismo. Così come ogni viaggiatore oggi può diventarlo, per numerose ragioni, in numerose regioni del mondo.

Dunque? Rinunciare al viaggio e al business. Certamente non può essere questa la risposta.

Ma il problema è che, finora, non si è vista una risposta.

I casi passati evidenziano questa volontà di minimizzare la relazione tra terrorismo e sicurezza.

Quando attaccata è una citta il clamore e lo sdegno, con tutta la forza della partecipazione empatica, travolgono ogni narrativa e, nel caso, la scelta di quella città come destinazione di vacanza è affidata alla esclusiva sensibilità personale.

Quando attaccato è un vettore turistico (per esempio l’aereo russo abbattuto rientrando da Sharm el Sheik il 31 ottobre 2015), e dunque il legame è evidente e necessariamente notiziabile, la risposta è breve, contenuta e preoccupata per l’impatto che ciò può avere sull’economia turistica. Ma non si è mai avuta una risposta volta a securizzare altro che non il vettore, come se resort e comitive non fossero di per sé dei target.

Quando attacco è un singolo individuo, un turista, la risposta è il silenzio (Jurgen Kantner, appunto) o una attribuzione esclusiva di responsabilità individuale.

La sensazione è che meno si parli della relazione tra turismo e terrorismo, meglio sia per non spaventare il turista che garantisce l’economia del comparto: si tratta di un atteggiamento improvvido, che affida alla fortuna collettiva (non colpiranno proprio noi!) e alla memoria di ciascuno (non capita a me!) la decisione di “quanto rischio affrontare”. Si tratta di un atteggiamento superato dalla domanda del turista, che sta diventando più consapevole di chi il viaggio glielo vende. Si tratta di un atteggiamento che genera vulnerabilità complessiva, aumentando di per sé il rischio a cui ciascuno è esposto.

Non farsi quindi trovare impreparati è la carta vincente sia in termini di garanzie di sicurezza e di tutela per il turista sia per contenere il danno che un eventuale attacco potrebbe portare al business aziendale: il terrorismo è una minaccia attuale e rilevante ma la sua forza di offesa sta nella capacità di colpire le vulnerabilità delle vittime, pertanto è possibile difendersi attraverso un percorso di miglioramento che coinvolga le caratteristiche dell’azienda e quelle di risposta alla minaccia terroristica.

Per approfondimenti si veda: Turismo Sicuro