La notizia di ieri è la rinuncia del tribunale di Trento alla custodia cautelare del Mullah Krekar, che dunque non sarà più estradato in Italia per essere sottoposto a processo, che era già fissato per il 13 marzo 2017 a Bolzano.La questione è interessante.
Krekar era strettamente legato alle indagini del gruppo Rawti Shax: 17 persone arrestate dai ROS, radicalizzate e organizzate dal Mullah, che organizzano l’invio di combattenti per Daesh (novembre 2015).
Il 23 novembre 2016 la Corte norvegese aveva respinto il ricorso di Krekar contro l’estradizione in Italia, quindi il capo di Ansar al Islam era pronto per arrivare in Italia.
Ma due giorni dopo, il 25 novembre 2016, parte una lettera dal Ministero della Giustizia italiana, in cui si spiega che essendo venuto a mancare il requisito della custodia l’estradizione non è più richiesta.
Non si conoscono le ragioni, ma il tutto potrebbe essere legato al fatto che già, immediatamente dopo gli arresti, 7 dei 17 catturati erano stati rimessi in libertà dal giudice per questioni di competenza su chi dovesse giudicare (Roma o Bolzano?). Una nota in tal senso, anche in riferimento all’allungarsi dei tempi decisionali sulla estradizione, era stata inviata a febbraio 2016 da Trento.
Dopo gli ultimi eventi, l’avvocato Brynjar Meling che tutela Krekar dichiara: “E’ una vittoria del diritto, che dimostra come non sia possibile dissimulare un’espulsione dietro una domanda d’estradizione. E’ una sconfitta per quelli che ci hanno provato” .
La situazione è drammaticamente paradossale.
Krekar è in galera norvegese da tempo ed è nelle liste dei terroristi di mezzo mondo.
L’eliminazione della rete di Rawti Shax era stato un grande successo dei ROS dopo anni di indagini internazionali, che mettevano il punto su un consorzio di terroristi selezionato e preparato, con base in Italia. E si era arrivati alla “testa del serpente”.
Ma a quanto pare tutto salta.
E’ una grande sconfitta della lotta la terrorismo che trova vantaggi nelle vulnerabilità del sistema nazionale.
La questione è chiara e le ragioni si ritrovano in:
1 – le leggi non sono ancora adeguate ad affrontare un fenomeno complesso come quello del terrorismo, che oggi pone la sua minaccia – che deve essere contrastata – prima che nella esecuzione degli attacchi sul terreno, nella propaganda e nel reclutamento. Una minaccia serie e concreta;
2 – la magistratura non è adeguata ad affrontare il fenomeno, perché sia imbrigliata da schemi normativi insufficienti e burocrazie incapaci, sia perché non preparata professionalmente a interpretare il nuovo terrorismo;
3 – la “ragione di stato” ha mosso il Ministero – le scuse formali si ritrovano facilmente quando serve – e forse pensando che Krekar fosse meno pericolo libero in Norvegia che in carcere in Italia ha di fatto rinunciato a processarlo. Se così crede di rendere più sicuro il sistema Paese sbaglia.
Il problema del terrorismo “sta nel manico”: nella rinuncia concreta a combatterlo, da parte di chi ha le responsabilità di fronteggiarlo con atti veri di governance, che inficia lo sforzo encomiabile sul campo promosso da Carabinieri, Polizia e agenzie.
Non è un problema solo italiano, ma è un problema europeo consistente che favorisce il rimpallo dei terroristi… tutti li cacciano ma poi nessuno li vuole portare in giudizio.
Come sempre il terrorismo non è in sé forte ma utilizza al meglio le nostre vulnerabilità.
E gli stiamo dando una mano.