La fine di Muad al-Kasaesbeh, il pilota giordano catturato il 24 dicembre 2014, e la sua pubblicità farà discutere.Ovviamente tralascio la risposta reattiva all’evento – non perché di per sé inutile ma perché per sua natura affrettata e dunque potenzialmente poco efficace contro chi si combatte – per cercare di capire o, almeno, di mettere in fila alcuni punti:
- il pilota è stato ucciso il 3 di gennaio;
- di questo si può pensare che i giordani avessero informazione considerata la loro gestione della richiesta di riscatto avanzata da IS, contestualmente a quella di Kenji Goto;
- la terrorista Sajida al Rishawi, di cui IS chiedeva la liberazione, verrà rapidamente giustiziata;
- ma probabilmente IS non credeva in una soluzione differente fin dall’inizio: la finzione non poteva reggere;
- frammenti dell’intero video (22 minuti) del massacro del pilota girano via twitter dal 3 febbraio insieme a still image;
- di per sé alcuni di questi frammenti hanno la loro consistenza e autonomia, per esempio
- la parte (il video) in cui si mostra la fine del pilota, realizzata con un “crescendo di drammaticità”, utilizzando immagini che alternano effetti dei bombardamenti aerei e piloti in volo mentre al-Kasaesbeh si avvicina alla gabbia collocata in un’area di macerie. Assistono un manipolo di uomini di IS, in evidente posa per come sono ben disposti tra le rovine, abbigliati in modo assai diverso dai carnefici delle decapitazioni: mimetica e passamontagna da deserto. La conclusione è il pilota arso nella gabbia in cui è prigioniero;
- la parte (il video) intitolata “security database” che è lanciata su twitter alle ore 20:00 circa italiane come video autonomo, in cui si elencano e si mostrano le identità di 60 piloti che IS vuole morti proclamando: ”In questa occasione lo Stato Islamico annuncia una ricompensa di 100 dinari d’oro a chiunque uccida un pilota crociato. Il comando della sicurezza dello stato ha rilasciato una lista con i nomi dei piloti giordani che partecipano alla campagna. Questa è la buona novella per chiunque sostenga la sua religione e commetta un’uccisione che lo scampi dalle fiamme dell’inferno”;
- il video intero di 22 minuti è piuttosto complesso, i due parziali di cui sopra sono frammenti sparsi nell’arco dei 22 min. e ri-assemblati per dare autonomia narrativa a quei due spezzoni. Il video è ben fatto, girato e montato con cura, alternando la vicenda del pilota (la cattura, la prigionia, le dichiarazioni, la sua morte) con le immagini delle incursioni aeree, i danni prodotti per finire con indicazioni dei piloti da cacciare. Direi che è significativo e minaccioso che le ultime immagini non siano quelle di Muad al-Kasaesbeh carbonizzato, ma proprio quelle dei piloti sui quali IS ha messo la taglia.
Per ora sono questi gli elementi su cui riflettere, in cui ancora una volta la strategia comunicativa di IS sembra prevalere rispetto a ogni altra: appare evidente che ogni ipotesi di scambio di prigionieri fosse irrealizzabile fin dall’inizio ma questa gestione ha permesso di modificare il format delle usuali decapitazioni (i filmati di Kenji Goto con le foto dell’amico e, poi del giordano) e di chiudere con un video dirompente, bruciante ma conservato per un mese prima di essere divulgato. Dunque tutto pianificato fin dall’inizio.
Il regista sembra essere il gatto che gioca col topo, gli fa prendere fiato per tiragli la zampata più pesante.
Se così stanno le cose, un tale crescendo non può che portare ulteriore radicalizzazione sia tra i miliziani di IS sia tra chi gli si oppone: domani una qualche moschea bruciata, o peggio, potrebbe essere una realtà.
E in ogni caso ogni forma di radicalizzazione, nella misura in cui fa perdere di lucidità, incrementa solo la vulnerabilità: IS deve essere abbattuto – senza se, senza ma, estirpato – ma senza cadere nella trappola tesa delle provocazioni.