Domenica, 15 febbraio, subito dopo l’attacco a Copenhagen ecco lanciato il video di 5 minuti di IS intitolato “A message signed with blood to the Nation of the Cross”. Sulla riva del mare (“the coast of Wilayat Tarabulus by the Mediterranean sea”), sfilano 21 cristiani copti nella divisa dei prigionieri di Guantanamo, ciascuno accompagnato da un boia in tuta nera. Verranno sgozzati col solito rituale mentre il mare si tinge di rosso.
Il messaggio minaccioso (“Siamo a sud di Roma”) viene affidato al capo manipolo che veste mimetica e passamontagna da deserto come quelli visti nel rituale di Kassig e di Muad al-Kasaesbeh: la regia come sempre accurata anche in questi dettagli che sottolineano il filo rosso, la strategia complessiva che rivela ogni singolo spezzone mediatico come parte di un disegno molto più complesso.
Il senso della comunicazione è molteplice, potrebbe non essere un caso (raramente abbiamo visto affidare al caso anche un singolo bit informativo da IS!) che si espliciti la minaccia alla Nazione della Croce ricordando la bandiera danese in cui la croce campeggia e l’attacco dell’altro giorno a Copenhagen. Ma soprattutto le minacce del video riprendono quanto già esposto nei Black Flags Books di novembre 2014 e gennaio 2015 in cui IS esprime le sue strategie per la conquista di Roma: si evidenzia assai bene come, quello che già due anni fa noi definimmo come the ring of fire (l’anello di fuoco che stava diventando il mediterraneo), stia diventando con la Libia la base logistica e operativa per cominciare in modo più organico un attacco da sud all’Europa.