I media di oggi (15 gennaio), a partire dalla rivendicazione di ieri di AQAP che attribuisce l’attacco a Charlie Hebdo ad AQ, insistono su sule conflitto in essere tra IS e AQ. Indubbiamente il conflitto esiste già dalle origini (frizioni tra Zawahiri e Zarkawi), poi esplode tra ISIS e al-Nusra, vede alla dichiarazione del Califfato uno stand by denso di nubi con la risposta di AQ di puntare sul Bangladesh.
Il conflitto tra le due organizzazioni è un dato ma non deve distrarre rispetto alle problematiche che riguardano le attività di counter-terrorism, investigazione e previsione degli attacchi.
Siamo su due piani diversi da considerare in contesti diversi.
Le stesse rivendicazioni dell’attentato lo testimoniano. Sono infatti dichiarazioni contrastanti fin dall’inizio, con appartenenze dissonanti dichiarate dai terroristi e successive attribuzioni divergenti di paternità più o meno formali, da Mosul (IS) allo Yemen (AQ).
Ricordiamo che il Califfo ha cercato da subito di porsi come il leader riconosciuto: già dal primo numero di Dabiq, a luglio del 2014, “vantava” – alla ricerca di nuovi supporti – la fiducia a lui concessa da vari brand di AQ. Queste richieste si sono susseguite, fino al 16 novembre dove richiedeva nuove adesioni formali e vantava “agganci” anche in Yemen e Arabia Saudita. Una richiesta che ebbe risposta negativa il 23 novembre dai vertici di AQAP (da sempre più formalmente legata a Zawahiri, che indicava la illegittimità dell’autoproclamazione del Califfato, schierandosi contro). Indubbiamente la relazione è complicata, in particolare nello Yemen dove la componente jihadista è meno coesa intorno al gruppo di AQAP di quanto possa apparire, pertanto è possibile trovare forme di (non)adesione diverse al Califfato.
Questa è indubbiamente la situazione che è molto interessante sul piano delle analisi.
Detto questo, tuttavia, sul piano operativo che vuole contrastare, prevedendo e intercettando, nuovi attentati non si deve cadere nell’errore di ridurre il tutto a un conflitto interno tra organizzazioni jihadiste.
Charlie Hebdo ha dimostrato che siamo di fronte alla nuova forma degli zombie.
Sul piano teorico la teoria delle reti ci ha fornito già strumenti interpretativi che rimandano all’idea di loose network, reti di reti, in cui la struttura di comando e controllo non è più lineare ma passa attraverso percorsi molto più ricchi di autonomia che nel passato, distinguendo tra reti centrali e reti periferiche. Ricordiamo anche che nel 2006 Zawahiri aveva legittimato con alcune lettere la brandizzazione e il franchising di AQ nelle sue branch regionali più autonome, avviando percorsi molto più indipendenti.
E’ certo che Zawahiri abbia dato indicazioni per colpire Charlie: per esempio sul numero di 10, marzo 2014, di Inspire, il magazine di AQ, il direttore di Charlie era indicato tra i most wanted. Ma questo non significa che l’operazione si sia strutturata secondo l’organizzazione cellulare tradizionale. Qualche soldo sarà stato dato per l’acquisto delle armi, ma sembra anche che si sia ricorso a un piccolo prestito bancario per trovare sul mercato malavitoso belga quanto necessario. Il medesimo ritardo, e la dissonanza, delle dichiarazioni, la mancanza di una “unità media” durante l’attacco, la mancanza di marchi sui selfie dei terroristi, etc. sono tutte indicazioni che indirizzano verso un target promosso ma non centralmente pianificato.
In conclusione, l’attentato – e i futuri – sempre fa riferimento a una casa madre sponsor, avviando un gioco di attribuzione delle responsabilità nella misura in cui il confitto IS – AQ non è risolto. Ma sul piano operativo, le modalità saranno quelle degli zombie, che acquisito l’indirizzo del target, recuperato il poco denaro che serve a realizzare l’operazione, si organizzano in maniera indipendente dalle sigle e più sulla base di legami personali (prossimità, esperienza, ecc.) difficilissimi da tracciare e da prevedere.
Per queste ragioni credo sia opportuno considerare le due problematiche (il conflitto interno al jihad combattente e le modalità organizzative degli zombie) su piani differenti, con finalità differenti per comprendere le dinamiche delle organizzazioni ma anche per avviare pratiche investigative adeguate alle nuove minacce. Senza distrazioni.