Il redde rationem che si prevedeva avesse innescato l’intervento militare russo in Siria e Iraq contro IS si rivela per quello che è il suo reale senso: politico!
L’abbattimento del caccia russo di ieri, per opera dei turchi a causa di un supposto sconfinamento di 17 secondi nello spazio di Erdogan, è il miglior regalo al Califfato che riprende quota per la sassata che rimette in crisi una ipotetica coalizione contro di lui. Si aggiunga poi che chi ha sparato ai piloti lanciati col paracadute (freddandone uno appena arrivato a terra mentre l’altro sembra essere stato salvato dalle forze di Assad) sembrano essere i turchi-siriani, protetti da Erdogan, bombardati da Putin perchè anti Assad e definiti oppositori moderati dagli USA.
D’altra parte, IS che ha avviato un attacco sistemico complesso (nell’ordine: Sharm, Beirut, Parigi, Mali, Sinai, Tunisia) portato avanti dai gruppo locali che sembrano avere raccolto il mandato lanciato poco tempo fa dal Califfo a colpire, colpire e colpire, ancora una volta si dimostra la compagine più moderna e preparata nel contesto della guerra ibrida in corso.
Questo è il paradosso di Daesh, che si richiama al più retrivo dei sistemi di governo ma dimostra una piena padronanza delle dimensioni politiche e culturali dei suoi nemici e della modernità. Così ci ricorda che la pervasività della globalizzazione è un dato di fatto e che la matrice originaria del Califfato è nella cultura che dichiara di combattere. Suona flebile e smorto, riflesso del suo buio invernale, il richiamo del norvegese Segretario Generale Nato che Daesh è il nemico da combattere.
Il sogno di restaurazione imperiale di Erdogan si è manifestato nel caccia nemico (chi sono i suoi amici?) crollato a terra: il cinetismo russo metteva in discussione l’obiettivo turco di controllare definitivamente le aree kurde (chi sono i suoi nemici è invece chiaro!). In questa definitiva resa dei conti IS è infatti il migliore alleato della Turchia, avendo entrambi il massimo interesse a eliminare ogni resistenza kurda. Si tratta di una alleanza ben strutturata anche sul piano economico, avendo Daesh ereditato il circuito iraqeno turco del traffico illegale del greggio.
Nel mondo sistemico, tuttavia, la rete di interdipendenze è assai vasta. Spesso insospettata e, soprattutto, inattesa nei suoi effetti. Come abbiamo spesso ripetuto le enormi quantità di greggio venduto sul mercato illegale non sono possibili senza un accordo con gli attori del mercato “legale”, che reclamano almeno la “tangente”: gli pseudo attacchi americani alle infrastrutture e alle teorie di tank dei trafficanti sono una evidenza degli accordi in essere.
Ovviamente, la battaglia aerea di ieri non può che esitare nella battaglia terrestre nella Nato. Tirata in ballo in questa evenienza, non dalla Francia che, dopo l’attacco di Parigi, ha reclamato il ricorso all’articolo 42.7 del Trattato Europeo (assistenza reciproca in caso di attacco) e non all’articolo 5 della Nato. Dunque ci pensa la Turchia a riequilibrare la questione, mentre Obama e Hollande si incontrano, prima che quest’ultimo vada da Putin. E i Baltici fanno al loro premendo con le loro paure
Il Russo è stato osannato presto da parte di chi richiedeva un po’ più di nerbo contro IS. Una durezza che sarebbe stata utile un anno fa. E che ora pare legata alla necessità della Russia di riproporsi come attore legittimo del contesto globale, spolverando via quel che resta dell’Ucraina (troppo presto diventata una bandiera della democrazia europea), utilizzando i canali iraniani, riammessi dagli accordi sul nucleare.
Gli arabi guardano soddisfatti: la turbolenza delle vittime collaterali (l’”Occidente”) dello scontro di potere in atto nel mondo sunnita non possono che essere fattore di rinforzo per tutti loro.
Insomma, il risultato più scontato è la sopravvivenza di IS, che si consolida grazie a queste politiche.
Ma il risultato, come ho detto spesso inatteso, può andare oltre.
E’ evidente che le strutture sovranazionali sono fallimentari.
UN è da anni un costoso imbelle che non ha più la funzione per il quale è nato (di per sé mai fino in fondo esercitata), ostaggio dei veti nazionali interessati e delle aggregazioni, spesso estemporanee ma efficaci, che sono state etichettate come “terzomondiste”, ma soprattutto direi “affariste”. Ormai una sovrastruttura priva di senso, in questa forma.
Nato, trascinata in conflitti internazionali voluti da altri, è prigioniera di norme, strutture e politiche fuori dal tempo, incapace di affrontare il Nuovo Mondo. Per questa strada è destinata a diventare un pericoloso club tra pochi che vogliono legittimare le loro alleanze pericolose, con tendenza a sostituire i vecchi partner con nuovi più disponibili.
EU traballa, trema, si scompone, si maltratta nel parossismo onanista di un quattordicenne. Ma sta ancora resistendo e può resistere se diventa Europa. Ciò significa cambiare sguardo. Uno sguardo diverso rivolto al suo interno, rispetto alla prassi di allargamento fino a qui perseguita, alla cultura che la unisce, alle concessioni che è disposta a fare pur di continuare la sua crescita quantitativa di soci. Uno sguardo rivolto all’esterno, a confermare che la guerra fredda non può tonare (è passatista!), che non ci sono alleanze che sopravvivono per posizioni di rendita e che tutti i nuovi assetti sono da rinegoziare.
Europa: o si afferma unita o, per certo, divisa muore.
L’Italia, il nostro Paese, in questo bailamme naviga. Nel passato ha saputo farlo peggio: per esempio quando ha “tafazzianamente” condiviso con gli americani i bombardamenti in Libia (che si confrontino con quelli contro IS!) che hanno distrutto i nostri interessi nazionali. Saprà fare meglio nel futuro? Stiamo a vedere ma, soprattutto, per primi tutti si lavori per il nostro Paese.
Se oggi il redde rationem c’è non è militare ma politico. E la posta in gioco sono gli assetti futuri del mondo abitato dai nostri nipoti.
Daesh è un maledetto specchio in cui il resto del mondo si riflette e si riconosce, seppur distorto, in molti aspetti che non può accettare. Ecco perché è così pericoloso e da abbattere. Ma la sua fine non risolve i nostri problemi.