La recente cattura di Saddam Hussein – le condizioni in cui è stato ritrovato – conferma quanto abbiamo sostenuto negli interventi precedenti: non c’è guerriglia pro-Saddam né tantomeno coordinata dal Rais. Saddam è stato ritrovato in una sorta di bunker miserabile a Tikrit, per una soffiata di familiari, molto probabilmente con il supporto determinante dei pshmerga kurdi, che così sommano nuovi crediti da spendere nel futuro assetto dell’Irak.
In sintesi, quest’ultimo può dunque essere l’aspetto più interessante dell’intera faccenda. Proprio per le caratteristiche del luogo in cui è stato ritrovato il Rais, di difficile accesso e di ancora più difficile comunicazione con l’esterno di cui era strutturalmente provvisto. Proprio per le caratteristiche dello stesso dittatore irakeno, dalla barba lunga e incolta molto più simile all’immagine di un prigioniero delle sue carceri. Proprio per queste ragioni non si ritrova la mano di Saddam nella cosiddetta guerriglia che devasta il Paese. Le conseguenze della cattura, dunque, pur avendo un effetto simbolico rilevante rispetto alla fine di un’epoca e di un conflitto formale, avranno poco effetto sulla sicurezza dell’Iraq e…. la nostra. Anche per le probabili reazioni che un “presidente arabo” agli arresti può generare nel mondo arabo, connivente o meno, confinante. Torno a ribadire il fatto che in Irak si sta combattendo la battaglia decisiva del terrorismo internazionale, il cui regista non è mai stato a Baghdad e che ormai conta poco in una processo di Jiahad innescato: gli obbiettivi sono stati dati ai terroristi sul campo, la guida è virtuale e, per questo, ancora più pericolosa. Nel prossimo futuro aspettiamoci quanto ho già avuto occasione di scrivere: atti di terrorismo frequenti e determinati in Irak, e non solo. Ai quali si deve rispondere con fermezza e soprattutto coesione da parte degli alleati e dei non alleati. Senza indulgere, infine, in un processo di democratizzazione troppo rapido dell’Irak, cioè misurato sui tempi desiderati dell’Occidente piuttosto che sui tempi necessari del Paese. Questa fretta sarebbe l’errore imperdonabile dell’intera guerra.
Marco Lombardi