Ormai siamo al Quarto numero di Knights Of Lone Jihad: la pubblicazione è stata diffusa ieri notte.Il numero 4 suggerisce attacchi notturni secondo cinque modalità, rispetto agli infiammabili da utilizzare e la scelta degli obiettivi da incendiare piuttosto l’impiego di acidi e il posizionamento di trappole sulle strade.
E’ interessante come si sottolinei la garanzia dell’anonimato intrinseca in questi metodi, raccomandazione rafforzata dall’invito a usare guanti.
Questo numero segue il terzo, in cui si raccomandava l’uso del cianuro per avvelenare il cibo nei supermercati, dopo una premessa – contenuta nel numero due – che giustificava gli attacchi ricordando Barcellona e annunciava i numeri successivi in cui sarebbero state illustrate le modalità operative.
Si tratta di pubblicazioni agili e brevi (tra le 5 e le 3 pagine ciascuna), in cui si è ben lontani sia dalle dettagliate spiegazioni operative comparse in manuali precedenti, che anche nella grafica privilegiano la rapidità di redazione, lettura e semplicità di esecuzione: lanciano idee, lasciando intravedere piani di azione che si appoggiano più su una schiera incompetente ma diffusa, piuttosto che preparata e formata.
Si tratta di una sorta di “serie popolare” a puntate, che diventa un repertorio delle possibili azioni di attacco auspicate contro gli infedeli.
Siamo ben lontani dalla richiesta di immolarsi per la causa: il ritornello è quello di agire, e agire ancora, e ancora con modi diversi, senza farsi scoprire.
Indubbiamente, il primo risultato di queste “dispense” è di mantenere in allarme i nemici di Daesh, reiterando la minaccia dell’attentato sempre possibile, piuttosto che di fornire nuovi indirizzi operativi. Anzi, gli indirizzi forniti sono, sul piano operativo, deboli in termini di garanzia di successo e scarsi rispetto ai danni che potrebbero generare, e ricordano un repertorio da film “noir” o “horror” di serie B.
Ma forse è proprio solo questo il primo obiettivo di Daesh: confermare la pressione della minaccia attraverso una comunicazione pubblica che riverbera lo spavento attraverso i nostri media, ben oltre le reali possibilità del terrorismo.
D’altra parte il terrorismo deve fare terrore, i morti sono gli strumenti non il fine.