Il fenomeno della “Spirale Balcanica” e il caso Ibrahim Delic – by Giovanni Giacalone

Il processo di radicalizzazione che ha caratterizzato la vita di Ibrahim Delic, jihadista bosniaco veterano di due guerre e attualmente sotto processo in Bosnia con l’accusa di terrorismo, rispecchia pienamente le quattro fasi della “Spirale Balcanica” e la potenziale quinta fase.Ibrahim Delic, residente nell’enclave salafita di Gornja Bocinja, è molto noto all’interno della comunità salafita bosniaca, amico di Bilal Bosnic e di altri militanti che trovano origine comune nella Guerra di Bosnia (1992-95).

E’ lui stesso a raccontarlo alla BIRN in un’intervista del 10 maggio, mettendo in evidenza come abbia abbracciato l’estremismo di matrice salafita nel 1992 grazie ai muhajideen arabi giunti in Bosnia per combattere contro i serbi. [1]

Le 4 fasi della “Spirale Balcanica” e il caso Delic

Col termine “Spirale Balcanica” faccio riferimento a un fenomeno ben preciso che trova radici in alcune limitate ma favorevoli condizioni colte dal panislamismo nella Jugoslavia degli anni’70-80 e che ha avuto inizio con la guerra di Bosnia (1992-1995) in concomitanza con l’afflusso di jihadisti stranieri nell’area per combattere a fianco dei musulmani. Dopo gli accordi di Dayton del 1995 molti di questi jihadisti restarono nel paese, sposarono donne del posto e ottennero la cittadinanza bosniaca, creando così delle vere e proprie enclaves salafite, assieme a bosniaci che ne avevano abbracciato l’ideologia.  In seguito il fenomeno, su scala più ridotta, ha coinvolto anche Kosovo e Albania in concomitanza con i relativi conflitti, ma anche Macedonia e Sangiaccato serbo, seppur con altre dinamiche e in contesti differenti da quello bosniaco.

Con lo scoppiare delle “Primavere Arabe” e con la guerra in Siria, molti volontari per il jihad sono partiti dai Balcani per arruolarsi con l’Isis e Jabhat al-Nusra. Alcuni di loro sono poi rientrati in patria, diventando così un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico in Europa.

Fase 1: il battaglione “el-Mudzahid” e l’indottrinamento salafita

La “Spirale Balcanica” si apre con una prima fase dove subentrano mujahideen veterani della guerra d’ Afghanistan: arabi provenienti da nazioni come Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Tunisia e che non potevano certo rientrare nei propri paesi d’origine, dove sarebbero diventati un pericolo per la stabilità dei rispettivi governi.

Lo scenario bosniaco era allettante per dei mujahideen, esaltati dal trionfo contro i sovietici e i Balcani rappresentavano la porta dell’Europa e dunque un’area di estremo interesse per l’infiltrazione del Salafismo.

Come afferma Delic stesso, i mujahideen portarono un nuovo tipo di Islam che era ben diverso da quello che il giovane bosniaco aveva praticano in casa dei propri genitori; quell’Islam tradizionale bosniaco molto più vicino al Sufismo che all’islamismo politico militante e tanto odiato dai salafiti.

Nell’autunno del 1992 Ibrahim Delic si arruolava nel battaglione “El-Mudzahid” dove conosceva anche Bilal Bosnic, col quale stringerà una lunga amicizia.

Già all’epoca, Delic comprese l’importanza della “dawa”, della predicazione dottrinaria, tanto da diventare “comandante morale”del battaglione, ovvero colui che oltre a combattere divulga la morale tra i combattenti.

Dal canto loro, i vertici del battaglione “el-Mudzahid” erano consapevoli dell’importanza che aveva l’indottrinamento dei giovani bosniaci, come emerge anche da alcune intercettazioni durante l’operazione Sfinge del 1995:

Il Battaglione (el-Mudzahid) ha preso l’iniziativa di far tornare la gente alla religione, nonché di insegnare alla gente la religione islamica, di difendere l’onore dei musulmani in Bosnia e di liberare le terre usurpate. Il Battaglione ha aperto una scuola per insegnare la sharia islamica e il Corano”.[2]

Fase 2-3: lo studio nelle madrasse in Medio Oriente e la network in Bosnia

Con gli accordi di Dayton del 1995 la guerra di Bosnia cessò, ma non l’attività dei predicatori salafiti che misero in piedi delle network per l’indottrinamento religioso e la propaganda politica, beneficiando di fondi provenienti da paesi del Golfo.

Network che varcavano i confini bosniaci per raggiungere Vienna (base principale della resistenza bosniaca negli anni ’90 e odierno avamposto mitteleuropeo del radicalismo salafita balcanico) ma anche il Kosovo, la Macedonia e il Sangiaccato.

Numerosi predicatori che diventeranno i “padri” dell’estremismo bosniaco, si recheranno nei paesi arabi a studiare teologia in Arabia Saudita, come ad esempio Nusret Imamovic e Muhammad Fadil Porca. [3]

Nel 2005 anche Ibrahim Delic si recherà con la famiglia a studiare teologia a Damasco, ma rientrerà poco dopo per stabilirsi nell’enclave di Gronja Bocinja, vicino Maglaj.

Per sei anni Delic si dividerà tra la pastorizia e la predicazione salafita, fino al 2011, quando lo scoppio della guerra in Siria lo porrà davanti a un serio dilemma: partire per fornire supporto morale ai combattenti? O restare a casa?

Fase 4: la partenza per la Siria

Delic aveva un’invalidità del 90% a causa delle ferite riportate durante la Guerra di Bosnia. Nel luglio 2013 l’ex mujahideen decideva di partire, assieme a due amici, alla volta di Istanbul per poi proseguire verso il confine. [4]

Un mese prima della partenza però, Delic pubblicava alcuni sermoni su YouTube dove invitava i musulmani bosniaci a partire per la Siria:

Il jihad è qui fino al Giorno del Giudizio. Andate gente, perderete il treno, specialmente i fratelli in Bosnia che hanno già perso molti treni”.[5]

Una possibile fase 5: un rischio per la sicurezza?

La permanenza di Delic in Siria durava poco, infatti già nel settembre del 2013 rientrava in Bosnia, deluso dalla disorganizzazione militare, dai dissidi interni e dai continui disaccordi tra i jihadisti:

nessuno ascoltava nessun’altro e ciascuno aveva un’opinione propria”, in riferimento sia al modus operandi che alla dottrina”.

Delic aveva anche tentato, senza successo, di organizzare una katiba composta prettamente da combattenti bosniaci con l’obiettivo di “guardarsi le spalle a vicenda”. Un elemento che fa ulteriormente riflettere sulle problematiche e la sfiducia tra membri dell’Isis di diversa provenienza.

Nel settembre del 2014 Delic veniva arrestato dalla SIPA durante l’operazione “Damasco”. Nella sua abitazione venivano trovati 10 ordigni esplosivi e un fucile da guerra. L’imputato si difendeva affermando che le bombe erano già nella casa quando si era trasferito e il fucile serviva a scacciare i lupi.

Il processo è in corso e si attende un verdetto da parte della magistratura.

Con l’operazione Damasco  si è aperto un nuovo capitolo: l’Europa ha finalmente aperto gli occhi sul pericolo dei predicatori di odio provenienti dai Balcani e liberi di distribuire sermoni nel cuore del Vecchio Continente. Nel contempo in Bosnia, Bilal Bosnic, amico storico di Delic, è stato portato in tribunale dove si è trovato davanti i genitori di diversi ragazzi che lo hanno accusato di aver fatto loro il lavaggio del cervello, convincendoli ad intraprendere azioni violente, come nel caso di Nermin Sabic, ragazzo del 1982, trasferitosi a Buzim da Bosnic con la moglie e i figli nel 2013; poco tempo dopo i Sabic si sono trasferito nello “Stato Islamico”.

Ibrahim Delic è recentemente stato intervistato da una troupe di AnnoUno ailla quale dichiarava che “Bilal Bosnic non ha fatto male a nessuno” e che “Roma verrà presto conquistata, con le preghiere o con le armi, ma preferibilmente con le preghiere”.

I suoi figli piccoli dichiaravo poi ai microfoni di “voler fare i mujahideen da grandi”, mentre Delic si giustificava dicendo che avevano imparato da soli su internet e di essere estraneo a qualsiasi forma di indottrinamento nei loro confronti.

Tutti segnali inquietanti che dicono molto sull’influenza del Salafismo oltre-Adriatico e che vanno valutati con la massima attenzione.

[1] http://www.balkaninsight.com/en/article/bosnia-failing-to-share-terror-threat-intelligence–04-01-2016

[2] Linea 24, ex 16, fax 390, 13-11-1994, h13:34

[3] Il fenomeno dello “studio religioso all’estero” venne contrastato dall’ex regime attraverso la creazione di una Comunità Islamica controllata dallo Stato.

[4] Il picco delle partenze di jihadisti bosniaci per la Siria ha avuto luogo nel 2013 con 114 partenze registrate dalle autorità locali.

[5] https://www.youtube.com/watch?v=hrAPtM5HqoI

https://www.youtube.com/watch?v=__zOMTVjHBA