I Tuareg non sono jihadisti – by Marco Lombardi

In questi giorni si parla molto del sostegno dell’Ucraina e della Francia ai gruppi jihadisti in Mali e dintorni. Diversi quotidiani italiani hanno rilanciato queste narrative.

Nella stragrande maggioranza dei casi il titolo richiama la connessione tra questi Paesi e le organizzazioni terroriste del jihad e, specificatamente, di Al Qaeda.

Approfondendo, ci si rende conto che si fa riferimento ai Tureg, lasciando intendere che fanno parte dell’alleanza jihadista.

Si tratta di una prospettiva profondamente sbagliata, nella misura in cui induce a pensare che i Tuareg possano aderire all’ideologia e alla cultura jihadista.

La questione è infatti più complicata e il semplificarla non può che portare danni.

Era il 2012, quando si parlava dei Tuareg a Timbuctu, alleati di Al Qaida. Allora Timbuctu, e quelle aree del Mali erano nelle mani di Ansar Dine e di Al Qaeda: Mokhtar Belmoktar cercava di mantenere il successo trasformando il suo branco di predatori nel nucleo di Al Qaeda nel Magreb (AQIM). E i Tuareg del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad, regione sahariana del Mali, si associavano (e si associano) a chiunque possa sostenere la loro causa, indipendentista non jihadista.

Anzi, i documenti del comando di Al Qaeda ritrovati dopo la loro cacciata da Timbuctu, disegnano il rammarico di un comando che si rende conto di essersi alienato la partecipazione dei Tuareg avendo spinto troppo sulla leva ideologica del jihad.

I Tuareg, predoni e guerrieri per cultura e regole di vita, sono stati per anni il nerbo della forza di Gheddafi e non hanno nessuna contiguità ideologica con l’estremismo religioso jihadista.

Questo significa che i Tuareg sono politicamente un problema, perché sono una nazione nomade e quindi al difuori degli statuti statuali riconoscibili e conflittuale con i confini degli stati sahariani; ma anche una opportunità, perché possono essere l’unica polizia transnazionale del Grande Deserto e perché sono sempre “negoziabili”, non perché sono “in vendita” ma perché l’obiettivo del riconoscimento dell’autonomia è, per loro, sopra tutto.

Ma non sono terroristi jihadisti.

Che Francia e Ucraina cerchino di garantirsi il loro servizi è ovvio.

Nella guerra ibrida che moltiplica gli attori, questo è parte della strategia.

Però dobbiamo fare attenzione a non volere inscatolare gli attori nelle categorie che conosciamo, senza porci il problema di come gli scenari cambiano e cambiano anche i caratteri dei giocatori, e i loro ruoli.

Certamente nell’rea sub sahariana (ma intesa in senso “allargato”) è in gioco una partita importante da anni, anche limitandoci a considerare Wagner e Africa Corps, e che dunque si cerchi di mobilitare altre forze a contrasto, attraverso un’azione politica e di intelligence, è scontato.

Però ritengo sia opportuno avere un quadro equilibrato, se non oggettivo (troppo difficile). Soprattutto perché gli scenari orientano sia l’opinione pubblica sia le scelte di governo (troppo spesso conseguenti la prima).

Per queste ragioni, per i nostri interessi nazionali, non reputo opportuno semplicisticamente inserire i Tuareg nella compagine del terrorismo qaedista, tantomeno accusare Francia e Ucraina di stringere alleanze col terrorismo, se si intendono per questo i Tuareg. Ma semmai collaborare per trovare nuovi assetti che permettano un adeguato riposizionamento nell’Africa a noi più prossima.