Gli eventi che hanno avuto luogo a Roma tra il 18 e il 19 febbraio, che hanno visto come protagonisti le bestie olandesi tifosi del Feyenoord meritano una riflessione.
Contribuisco con alcuni spunti.
- La violenza che coinvolge sempre più le tifoserie del calcio si diffonde in tutta Europa. Nessuno è immune. Da questo punto di partenza una prima riflessione sociologica evidenzia come, sempre più, un evento sportivo diventa luogo della libertà di saccheggio e violenza: si aprono le gabbie in cui sono rinchiusi gli animali, tenuti ben sotto controllo nei paesi di origine, che vengono a scatenare i loro istinti repressi altrove. Questo oggi deve fare riflettere il Paese dei Tulipani che sconta, come tanti Paesi, una gioventù inquieta i cui problemi non sono affatto risolti a casa, solo contenuti. In prospettiva, inoltre, queste problematiche noi le affrontiamo proprio negli studi sulla radicalizzazione, che sviluppano anche programmi di de- e contro- radicalizzazione (non confinati solo al terrorismo come molti pensano) per depotenziare ogni forma di violenza. Questi programmi sono di molto in ritardo in Italia e varrebbe la pena di attivarsi in tal senso.
- I social network, Twitter nello specifico, sono ormai forme di auto-organizzazione. Ce ne accorgemmo già nei gravi tumulti britannici di qualche anno fa. Il BKA tedesco monitora proprio i social per prevedere manifestazioni violente, per le quali si è notata una corrispondenza diretta tra attivismo in rete e conseguente attivismo sul campo. E’ necessario, dunque, avviare programmi di monitoraggio dei social media per permetterci di prevedere, sul piano quantitativo e qualitativo, episodi come quelli di Roma. Infatti, sarebbe già stato possibile farlo prestando attenzione a quanto circolava proprio su Twitter.
- Si è sostenuto più volte e in più ambiti che il turismo è un asset strategico del nostro Paese. Ciò significa che i beni e manufatti artistici sono un bene da considerare come infrastruttura critica, pertanto sono da proteggere con regole adeguate e il loro danneggiamento deve essere una aggravante immediatamente perseguibile. A seguito di questa considerazione, anche le regole di ingaggio delle agenzie di sicurezza devono essere riviste. Quanto accaduto a Roma evidenzia delle regole che non tutelano questi beni strategici, che vengono abbandonati a loro stessi per proteggere beni commerciali e attività correnti. Credo che queste procedure debbano essere riviste o contenendo altrove i violenti o intervenendo in maniera decisa quando questi manifestano la violenza. Ciò comporta, per esempio, che in una situazione come quella di ieri, i “bestia tifosi” non vengano portati alla partita ma securizzati in ambiti specifici (una vecchia caserma?) e poi rimpatriati: tanto i bus sono stati comunque danneggiati e di vecchi caserme danneggiabili ne abbiamo tante. E’ una questione che si può risolvere sul piano organizzativo.
- Quanto detto evidenzia bene che la rete degli attori coinvolti deve essere ampia: se è solo della polizia la competenza sull’ordine pubblico, non è della sola polizia l’attività di prevenzione e non è proprio della polizia la responsabilità sui danni. Entrano in gioco le squadre di calcio coinvolte dai tifosi, le varie leghe calcio e i paesi di provenienza dei tifosi. Innanzitutto questi attori devono essere chiamati in solido a pagare i danni e, soprattutto, ad agire preventivamente bloccando in modo serio questo tipo di tifo. Certo il DASPO è già di difficile applicazione in Italia ma deve essere una pratica sempre più perseguita. E soprattutto le squadre paghino per quanto i “tifosi” fanno fino ad arrivare a “chiudere” future partite con maggior frequenza che in passato.
La questione tifosi violenti è grave e non deve essere sottostimata, non solo per danni economici e di immagine che genera, ma perché si colloca in quella “filiera della violenza” che alimenta gruppi anche molto diversi tra di loro, per ispirazione ideologica, ma potenzialmente convergenti sul campo.