La cronistoria di questi ultimi dieci giorni dell’aprile 2006 è drammatica. Il suo ripercorrerla è, tuttavia, un esercizio di utile analisi per chi studia il fenomeno terrorista.
Ecco dunque i fatti.
22 aprile: primo attentato contro militari italiani a Nassiriya
Un ordigno a basso potenziale e collocato a lato strada esplode contro una pattuglia italiana a Nassiriya. Obiettivo dell’attacco una pattuglia del reggimento carabinieri della Multinational Specialized Unit. L’esplosione ha coinvolto tre veicoli a bordo c’erano tredici militari e un interprete iracheno, tutti illesi. Si tratta di un’azione sostanzialmente dimostrativa.
23 aprile: Osama bin Laden alla radio
La tv satellitare araba Al Jazeera manda in onda un messaggio audio di Osama bin Laden. Nel messaggio Osama bin Laden afferma che il taglio dei fondi al governo palestinese guidato da Hamas deciso dai Paesi occidentali dimostra che l’Occidente è in guerra con l’Islam, è una prova della “crociata” dell’Occidente nei confronti del mondo islamico. Lo sceicco saudita denuncia come anche la crisi in atto nella regione sudanese del Darfur sia la conseguenza della “guerra dei crociati” contro l’Islam. Il leader di al Qaida ha lanciato un appello al boicottaggio dei prodotti americani e di quelli di tutti i Paesi europei e invita i suoi militanti ad andare in Sudan per combattere contro i caschi blu delle Nazioni Unite, definiti “predoni crociati”. Le Nazioni Unite dovrebbero rimpiazzare la missione di pace dell’Unione africana (Ua) in corso nella regione sudanese del Darfur.
24 aprile attentato a Dahab in Sinai
Tre beduini originari del Sinai sono i kamikaze autori dell’attentato a Dahab, sul Mar Rosso. I tre attentati di Dahab hanno causato la morte di 22 persone e il ferimento di altre 87, tra cui 29 stranieri, secondo quanto affermato dal ministro della Sanita’ egiziano.
26 aprile: attentato alla MFO in Sinai
Due attentatori suicidi, uno dei quali in bicicletta, si sono fatti esplodere nel nord del Sinai. Il primo attentato e’ avvenuto vicino all’ aeroporto di El Gorah, base anche del quartier generale della forza di pace multinazionale Mfo, a cinque chilometri dal valico di Rafah, che porta dall’ Egitto alla striscia di Gaza; il secondo contro l’ auto di poliziotti che dovevano indagare sul primo. In nessuno caso ci sono state vittime.
26 aprile: Abu Musab al Zarqawi in video
Abu Musab al Zarqawi appare di nuovo in un video prodotto dal Consiglio dei Mujahidin, la shura dove è confluita “Al Qaeda dei due fiumi” dura 34 minuti. Il titolo del video è “Messaggio al popolo” ed è stato girato il 3 aprile 2006. Tra le varie argomentazioni al Zarqawi sostiene: “le forze crociate sin dall’inizio dell’occupazione dell’Iraq hanno voluto occupare tutta la regione seguendo un piano sionista crociato. Da tre anni abbiamo combattuto per difendere la vostra religione e i vostri luoghi sacri (…) noi facciamo come il Profeta, combattiamo in Iraq ma abbiamo sempre in mente Gerusalemme (…) L’America è a conoscenza oggi che i suoi carri armati e i suoi aerei non possono vincere la battaglia contro i mujahidin. Noi abbiamo bisogno della Sharia e non del sistema parlamentare tiranno, e a coloro che dicono di voler usare il mezzo parlamentare per applicare la Sharia diciamo loro che la storia ha provato che questa tesi è falsa” Infine lancia un appello agli irakeni e alla nazione islamica e minaccia i sunniti coinvolti nel processo politico di pace in Iraq.
27 aprile: arrestato il capo della redazione del Cairo di al Jazira
Il capo della redazione del Cairo della televisione al Jazira e’ stato arrestato per avere fornito false informazioni nei suoi servizi sul triplice attentato del 24 aprile a Dahab. Ne ha dato notizia la stessa emittente satellitare del Qatar. Hussein Abdel Ghani e’ accusato di avere danneggiato la reputazione dell’Egitto e diffuso notizie ad arte per provocare instabilità nel paese.
27 aprile: secondo attentato contro militari italiani a Nassiriya
Un ordigno posto al centro della strada è esploso al passaggio di un convoglio italiano formato da 4 mezzi, colpito mentre era in trasferimento per rilevare il personale in servizio presso un comando locale della polizia irachena. Sono morti tre militari italiani.
27 aprile: uccisa la sorella del nuovo vicepresidente iracheno
La sorella del nuovo vicepresidente iracheno il sunnita Tarek al-Hachémi, è stata uccisa in mattinata a Baghadad Si trovava nella sua macchina con l’autista quando degli uomini hanno aperto il fuoco, uccidendo entrambi, nel quartiere al-Ilam, nella zona sud-est di Baghdad. Tarek al-Hachémi, che dirige il partito islamico, il principale partito sunnita, è stato eletto sabato vicepresidente dal parlamento iracheno. Suo fratello era stato ucciso il 13 aprile da uomini armati nel quartiere Sanak al centro di Baghdad.
28 aprile: Ayman al Zawahiri in video (nota aggiunta il 29 aprile)
Buon terzo arriva il messaggio di Zawahiri che, parlando in arabo ma con sottotitoli in inglese, appoggia il terrorismo in Iraq e si rivolge ai pakistani perché eliminino il presidente Pervez Musharraf grande nemico dell’Islam e alleato dei crosicati sionisti.
Come si è anticipato, la cronistoria di questi ultimi giorni pone molte domande: perché l’Egitto? Perché i Caschi Blu? Perché l’Italia? A ciascuna di queste si può cercare di rispondere singolarmente e approfonditamente.
Perché l’Egitto?
Colpendo questo Paese, e in particolare per la terza volta le coste del Mar Rosso, viene sottolineato, si colpisce l’economia della nazione araba ritenuta più fedele alla politica degli Stati Uniti. Si colpisce, cioè, sia il nemico lontano, gli Usa, sia il nemico vicino, il governo egiziano.
Perché i Caschi Blu? Si colpiscono i crociati concretizzando, almeno in forma di prima minaccia, l’invito di Osama a intervenire nel prossimo futuro in Sudan, quando queste truppe sostituiranno quelle africane nella regione.
Perché l’Italia? Per forzare il nuovo governo a uscire dall’Iraq e interferire con le scelte sofferte della politica nazionale (cfr. Madrid, marzo 2005). A conferma, in questo stesso periodo sono significativamente aumentati nei siti web islamici gli inviti rivolti al nuovo governo italiano a “mantenere le promesse di andarsene subito dall’Iraq”.
Ma al di là delle importanti singole argomentazioni è interessante cercare le relazioni tra questi eventi: tra i comunicati e i fatti degli attentati.
Di sicuro si può sostenere il senso forte che la comunicazione, via radio, tv e internet, ha assunto nell’indirizzare l’azione, anche con l’obiettivo di ricostruire un tessuto connettivo tra i jiadisti in franchising. In sostanza, trova sempre più senso una analisi dei processi comunicativi come strutturanti una organizzazione che si ritrova nella flessibilità di obiettivi predeterminati e condivisi, nei confronti dei quali non è più necessario “un aggiornamento”, e che ritrova nel messaggio “l’innesco della miccia”. Eppure si manifesta anche una forma di comunicazione che non solo prescrive ai propri adepti, ma anche anticipa la minaccia in attesa di una risposta dal “nemico”: i messaggi di questi giorni, cioè, evidenziano una escalation della attività terroristica jihadista che è in corso, ma che ha bisogno della comunicazione per continuare. Ecco perché è centrale – e questo sta cercando di fare il gruppo di lavoro di ITSTIME presso il dipartimento di Sociologia della Cattolica – monitorare, leggere e interpretare la grande quantità di informazioni che sta circolando nella rete.
Seconda parte: maggio.
4 maggio: Gulbuddin Hekmatyar in video
L’ex primo ministro afghano ha dichiarato, nel video trasmesso da AL-Jazeera, di porsi sotto la guida dei leader di al Qaida, Osama bin Laden e Ayman al Zawahiri. Hekmatyar, leader del gruppo Hezb-e-Islami, ha chiaramente annunciato di abbandonare ogni forma di dialogo con le autorità di Kabul per formare una alleanza con al Qaeda con l’obiettivo di attaccare e truppe Americane ed Europee colpevoli, tra l’altro, di non avere accettato la tregua proposta da Osama.
5 maggio: uccisi da una bomba due alpini a Kabul
A Kabul restano uccisi da una bomba due alpini della missione di pace. Abdul Raouf, portavoce dei Talebani – che negli ultimi mesi hanno intensificato le azioni contro le truppe straniere e il governo – ha rivendicato l’attentato. Ha spiegato al telefono che i veicoli italiani sono stati colpiti da un ordigno controllato a distanza.
La comunicazione attraverso il circuito mediatico è molto intensa e coinvolge anche nuovi personaggi del palcoscenico jiahdista. Più restii a calpestare il palcoscenico delle televisioni.
E’ sicuramente difficile affermare correlazioni e, soprattutto, nessi causa-effetto tra i messaggi e gli attacchi che ormai, con drammatica puntualità, seguono la comunicazione. Anche se questo è il lavoro più delicato che il progetto ITSTIME persegue.
Due riflessioni.
La prima riguarda l’elevato regime comunicativo di queste settimane: nella dimensione virtuale della rete e della televisione si stanno ricucendo i fili delle alleanze, ridistribuendo i poteri e rilanciando gli indirizzi dei prossimi target delle azioni. Azioni che, infatti, non tardano a seguire la comunicazione coinvolgendo una pluralità di cellule della ormai stabilizzata “struttura virtuale in franchising” di Al Qaeda. L’umma virtuale si sta ricomponendo via rete e l’iniziativa comunicativa persegue questi obiettivi anche affinando gli strumenti di post-produzione dei video, come per esempio dimostrano alcune parti del video di Zarkawi ritrovate in questi giorni. Escluse per questioni di “immagine” dalla produzione trasmessa.
La seconda riflessione riguarda gli italiani, target inusuale del terrorismo in Iraq e Afghanistan, secondo una strategia di pressione nei confronti del nuovo governo italiano affinché richiami le truppe italiane quanto prima dalla scena centro asiatica. Già l’ “11 marzo di Madrid” aveva dimostrato la competenza del terrorismo a intervenire nei fatti della politica interna di un paese. Molto probabilmente, il testa a testa elettorale italiano – e la conseguente incerta situazione di governo – ha sorpreso anche la strategia del terrore che ora vuole “concludere rapidamente”, cercando di fare pressing e reclamare quanto prima il disimpegno italiano. In quest’otticasi può spiegare l’accanimento con le truppe del nostro paese e la campagna mediatica in corso anche attraverso siti web in italiano. Di cui una parte legati al mondo classico dell’insurrezionalismo (per esempio: http://www.informationguerrilla.org o http://italy.indymedia.org/), i quali perseguono una linea stabile nel tempo ma che dimostra una progressiva contiguità con la comunicazione jiadhista sui temi dell’Asia centrale e che lega – nei suoi commenti – i fatti di Kabul e Nassirya al medesimo disegno di pressione per l’uscita italiana. E un’altra di siti più vicini alla jihad mediatica (per esempio: http://www.uruknet.info/?p=-6&l=i) che esplicitamente rivendicano il mantenimento delle promesse elettorali dell’attuale governo.
Marco Lombardi