Fine 2015, Inizio 2016: Daesh tace e ci pensano i suo nemici a promuoverlo – by Marco Lombardi e Alessandro Burato

La fine dell’anno 2015 e l’avvio del nuovo 2016 sono stati caratterizzati da un’attenzione costante di media, agenzie di intelligence, aspiranti strateghi e politici alle possibili minacce di Daesh, sempre presente nel rumore mediatico di fondo di queste feste.

In effetti se letti in termini di continuità i mesi precedenti potevano lasciare intendere un particolare interesse del Califfato a cogliere l’occasione delle feste per un attacco ai suoi nemici. Ma appunto “se letti in termini di continuità” e la continuità è solo il traballante ancoraggio culturale che illude chi combatte Daesh. Invece, Daesh è la sorpresa e pertanto se il rumore c’è stato non è stato per “colpa” di Daesh ma per le attività di chi lo combatte: quasi una instancabile, a tratti logorante, fibrillazione delle intelligence europee (ma non solo) colte da un’incessante ansia da attacco imminente.

La cronistoria di questi giorni.

Il 26 dicembre lancia il suo allarme l’agenzia di Intelligence austriaca sulla possibilità di attacchi nelle capitali europee nel periodo tra la ricorrenza di Natale e i festeggiamenti di capodanno: ansia, clamore mediatico senza, come riferito dalle stesse agenzie, nessuna concreta minaccia a luoghi specifici.

Il 28 dicembre Anonymous sfrutta questo momento comunicativo sul tema degli attacchi durante le feste e pubblica un video nel quale, facendo riferimento all’intercettazione di comunicazioni tra terroristi, rivela di aver sventato un attacco previsto e pianificato nella città di Firenze. Ancora una volta nessuna prova ma massima risonanza mediatica. Solo il 2 gennaio 2016, a minaccia fuori tempo massimo, compare sul profilo FB di Anonymous Italia la condanna e la dissociazione da quella dichiarazione perché non verificata dall’intero gruppo e resa da un membro tacciato di essere un attention seeker. Una dissociazione che ormai a tempo scaduto suona solo come scusa opportunista.

Anonymous

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La tensione sale ulteriormente il 30 dicembre, quando il sindaco di Bruxelles cancella feste e iniziative per capodanno sulla base di un concreto rischio di attentati: nei giorni precedenti si era giunti all’arresto di Said Souati, 30 anni, e Mohammed Karay, 27 anni, accusati di pianificare attentati nella città e trovati in possesso di uniformi e materiale propagandistico.

L’ultimo dell’anno, il 31 dicembre, due stazioni ferroviarie di Monaco di Baviera vengono chiuse tra le 23 e le 3 del primo gennaio, sulla base di informazioni dell’intelligence che davano come concreta la minaccia di attentati da parte di un commando di sette tra iracheni e siriani. L’allarme si dissolve rapidamente al suono dei “botti” di capodanno.

Monaco

Il 2 gennaio 2016 ci pensano i sauditi a rilanciare lo spazio mediatico della lotta al terrorismo con l’uccisione del leader sciita Nimr Al-Nimr, il cui corpo è pubblicamente esposto a Riad a seguito della esecuzione di 47 condanne a morte per terrorismo: il conflitto tra sunniti e sciiti riesplode come la “madre” di tutte le guerre dell’Islam. Mentre l’Arabia preme sull’America troppo aperturista con l’Iran, quest’ultimo minaccia le più sante vendette e tutte le coalizioni anti IS traballano, Daesh si ritrova confermato nella sua posizione di vantaggio che lo stabilizza malgrado i suoi silenzi.

Finalmente il 3 gennaio i media hanno un prodotto di IS da raccontare: si tratta di un video nuovo, ma solo perché è l’ultimo a essere stato diffuso. L’unica novità è il rimpiazzo del boia Jihadi John. Deash non ha nuovi attacchi da rivendicare e nuovi pretesti che possano “scavallare” l’agenda setting dei media e allora torna a proporre il format delle uccisioni di massa, interloquisce col primo ministro inglese Cameron (dopo Putin, Merkel e compagni), ripropone un bambino assassino, come già un anno prima nel video titolato “Uncovering an Enemy within” in cui un decenne uccide a sangue freddo due “spie russe”; o in quello del 4 luglio, dove 25 soldati, presumibilmente siriani, vengono freddati da altrettanti ragazzini nello scenario di Palmira.20150301video

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La conclusione di questa settimana a scavalco tra il 2015 e il 2016 è paradossale: nulla di fatto da parte di Daesh (se non il lancio di un video che è solo un remake) pur tuttavia una presenza stabile di Daesh nel dibattito pubblico per il costante parlarne, senza dati né informazioni, da parte di chi lo dovrebbe combattere.

Insomma: agenzie di intelligence che diffondono allarmi perché parlano troppo coi media; haker incompetenti che si fanno pubblicità giocando all’anti-terrorismo; una comunicazione pubblica che ha bisogno di Daesh per raccontare qualcosa; politici che sfruttano il perverso corto circuito che è la risultante di tutto ciò. Questa è la fine del 2015 e l’inizio del 2016: IS, il Califfato, Daesh ringrazia del “molto rumore per nulla”. Se questo fosse il risultato atteso anche per i mesi futuri (chiacchiere senza fatti) potremmo sorvolare, il dubbio è che questo risultato si spieghi meglio, ancora una volta, con la difficoltà di chi combatte Daesh a comprendere la novità che il suo nemico rappresenta.