Gli scenari libici, anche alla luce di quanto accaduto recentemente ad i nostri ostaggi italiani, appaiono sempre più complessi e instabili. La creazione di un Governo di unità nazionale rimane una priorità assoluta ma al momento, un risultato concreto, tarda ad arrivare. Le ragioni sostanziali che “allungano” questa attesa sono da ricondurre alla diffusa incertezza tra i vari esponenti delle tribù locali, che stentano a deporre le armi perché convinti che senza una lotta armata, non esiste potere. Su queste premesse si basa certamente lo scontro sulla scelta del Capo delle forze armate libiche che ha fatto saltare la prima proposta di Governo.
A questa situazione si aggiungono anche le ingerenze dei Paesi esteri come Egitto, Qatar, Emirati Arabi e Turchia, che hanno sostenuto le diverse fazioni in funzione delle loro esigenze; ad oggi, un accordo tra il Governo riconosciuto a livello internazionale di Tobruk e quello di Alba libica (legata a fratelli musulmani) di Tripoli pare ancora difficile.
Altro problema da non sottovalutare è l’insediamento strictu sensu del futuro Governo, che dovrebbe avvenire nella città di Tripoli, attualmente controllata dalle milizie islamiche.
Negli ultimi giorni poi sono sempre più frequenti le voci di un intervento militare internazionale sul territorio libico per bloccare l’avanzata di IS sul territorio; secondo varie fonti, anche ufficiali, sono presenti sul territorio di confine libico-tunisino, operatori di forze speciali di vari Paesi NATO, pronti ad eseguire operazioni cinetiche e a supporto degli operatori di intelligence presenti sul territorio.
Tale scenario però, rievoca brutti fantasmi del passato: la Somalia.
Non si può assolutamente dimenticare il grande errore commesso dalle forze multinazionali, che deciso un intervento armato su un Paese totalmente fuori controllo, senza Governo ufficiale e caratterizzato dalla presenza di numero tribù locali disposte a farsi la guerra per ottenere il controllo del territorio e, di conseguenza, delle attività illegali. Le similitudini tra i due Paesi quindi non mancano di certo..In aggiunta al già precario scenario ed equilibrio dell’area, si aggiunge un totale disinteresse dell’AU (African Union) sulle sorti della Libia, che rappresenta un’importante sfida per il Sahel. Un progressivo declino libico avrebbe conseguenze anche su Paesi vicini come l’Algeria, come accadde già in passato durante il regime di Gaddafi a danno di Chad e Sudan.
Da quanto descritto, emerge chiaramente la necessità primaria di creare uno un Governo di unità nazionale libico, riconosciuto, voluto e legittimato dalla popolazione, che sia in grado di controllare la Capitale e, via via, tutto il territorio, riuscendo a formare un unico esercito nazionale (con il supporto internazionale) in grado di ristabilire la sicurezza locale e di appoggiare operazioni contro le milizie legate ad IS presenti nel territorio, che sempre più spesso reclamano “aiuto” dai loro fratelli Boko Haram in Nigeria.
Concludendo, è importante ribadire la necessità di creare un Governo riconosciuto che rappresenti il pilastro fondamentale per successivi interventi militari sul campo come bombardamenti mirati e operazioni cinetiche “search and destroy”, accompagnate dalla presenza numericamente importante di un contingente internazionale e multiforze, in grado di stabilizzare il Paese nel corso del tempo, come già accaduto positivamente in missioni passate come Kosovo e Bosnia, dove si contavano circa 50.000 uomini sul campo, stando alle cifre “ufficiali”..