Gli eventi che squassano queste settimane di agosto trovano ragione logica e conseguente nel processo di rilancio jihadista degli ultimi due anni, con protagonista al Baghdadi e il suo ISI – ISIS/L – IS.
Il fattore determinate degli ultimi mesi del 2013 riguardava le dinamiche che avevano mobilitato flussi significativi di combattenti verso il teatro siriano: si stimavano ormai esser circa 10.000 i combattenti stranieri in Siria soprattutto nelle file di Jabhat Al-Nusra e Islamic State of Iraq and al-Sham (ISIS o ISIL), le due formazioni più vicine ad al Qaeda. Con presenza minore combattenti stranieri erano e sono registrati anche al fianco di Jaysh al-Muhajirin wa-l-Ansar, Harakat Ahrar al-Sham al-Islamiyya, Katibat Suqur al-Izz, Liwa al-Umma, and Harakat Sham al-Islam, di cui circa il 20% di origine occidentale. Il reclutamento dei combattenti è spesso il risultato ultimo di un processo di radicalizzazione, piuttosto che il risultato di un network globale di reclutamento direttamente gestito da AQ, che evidenzia il coinvolgimento di network locali in diversi paesi, i quali provvedono anche al supporto logistico ed economico. In questa molteplicità di percorsi assumono un ruolo importante numerosi clerici (imam), in genere aderenti alla visioni salafita, che incitano a unirsi ai combattenti in Siria per attestare la propria fede, combattere i kuffar e difendere i fratelli dell’Islam. La promozione e formazione avviene soprattutto attraverso internet, in genere con la partecipazione individuale ai forum che hanno il compito di individuare potenziali canditati, effettuare la selezione e poi supportarli logisticamente. Un ruolo di reclutatori lo hanno anche i veterani che rientrano in Europa dalla Siria e si fanno promotori verso altri “fratelli”. O anche i combattenti in Siria che attraverso le loro comunicazioni via internet con gli amici in Europa, li incitano a unirsi a loro.
In un comunicato audio di giugno 2013, Abu Bakr al-Baghdadi, leader di ISIS/ISIL già affermava di volere superare i confini imposti dall’Occidente alla battaglia siriana allargando l’azione dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL). In pratica la questione siriana si è subito confermata come polo di attrazione (ideale e operativo) per l’esercizio del jihad violento anche europeo, diventando uno spin off del processo di radicalizzazione promosso nell’ambito delle reti esistenti europee e configurandosi come minaccia anche sul lungo periodo, in quanto pone il grave problema del riassorbimento dei combattenti di ritorno, presumibilmente più radicalizzati nelle loro posizioni e più esposti alla attrazione di continuare il jihad nei Paesi europei.
Dalla seconda metà del 2014 “l’attrazione fatale” è aumentata.
La Siria è spesso identificata nei blog e nei forum come “la terra di cui il Profeta ha detto che gli angeli la proteggono con le loro ali”, con allusione alle citazioni del profeta Maometto nei confronti del Shām, la Grande Siria, quali “Il Profeta disse “Sia benedetta la (Grande) Syria, perché gli Angeli di Allah il Misericordioso pongono le loro ali su di essa”, citazione che si ritrova in numerose collezioni di hadith (i detti e gli insegnamenti del Profeta) e commentata dai dotti che “allude alla fatto che Allah ha incaricato alcuni Angeli di stare a guardia e a protezione della Siria” (ibn `Abd as-Salam nel Targhib Ahl al-Islam). Infatti la Siria, con lo Yemen, rappresenta per i Musulmani un paese privilegiato nei disegni di Allah e per l’Islam più radicale, in particolare, la Siria è intesa come la Grande Siria (Sham) che si colloca tra la costa est del Mediterraneo e il fiume Eufrate, dal limite del deserto arabo fino ai Toros Dağları, la catena montuosa a sud della Turchia. Più o meno corrisponde agli attuali stati del Libano, Siria, Palestina, Giordania, Israele e Turchia del Sud. Nella tradizione quest’area è chiamata “Sham” (o Shaam) o il “Levante”: due nomi che ritornano spesso sia nella propaganda dei forum sia nei nomi stessi dei gruppi combattenti. In sostanza, per ogni musulmano la Siria è parte di una sorta di “santa geografia” e, per un islamico radicale, diventa il terreno ideale e prezioso in cui esercitare il jihad in modo violento.
Se questo è il background ideologico, culturale e religioso che rende questa area particolarmente interessante nei percorsi di radicalizzazione problematici e, per un certo tempo, “frenanti” sono apparsi essere i complessi rapporti tra Al-Nusra e ISIS .
Infatti, il mutamento più significativo nel corso degli ultimi 12 mesi è stato il progressivo deterioramento dei rapporti tra i due maggiori eserciti qaedisti schierati: Al-Nusra e ISIS che ormai si confrontano sul campo siriano, spartendosi con altre fazioni minori il controllo del territorio.
L’ISIS Islamic State of Iraq and Syria (Sham) (anche ISIL Islamic State of Iraq and Levant ad Dawlat, cioè semplicemente lo Stato) ormai solo IS (Islamic State), nasce dalla costola dell’Islamic State of Iraq (ISI), che fu costituito nell’ottobre 2006 per riunire più gruppi combattenti: AQI, Mujahedeen Shura Council in Iraq, Jund al-Sahhaba e al-Qaeda in Mesopotamia, diretta da Abu Musab al-Zarqawi. Dunque è l’aprile del 2013 in cui ISIS prende vita al comando di Abu Omar al-Baghdadi (Hamed Dawood Mohammed Khalil al-Zawi). Baghdadi si aspetta che la sua posizione sia di comando anche nei confronti di Jabhat al Nusra. Ma Abu Mohammed al-Golani, leader di al-Nusra è di parere contrario, e si stima che circa il 65% di combattenti di al-Nusra abbiano accettato l’alleanza tra i due fronti portando in dote una serie di territori siriani a ISIS.
In particolare l’affiliazione al brand di Al qaeda è subito problematica.
Il 3 febbraio 2014 il comando centrale di al-Qaeda dichiarò che ISIS “non è una branca del gruppo di al-Qaeda”, ma già nel 2013, un nasheed di ISIS, i canti ispirati e orientanti il precetto islamico, cantava i combattenti di ISIS “sono legati e sono fedeli a Baghdadi che è il nostro emiro, in Iraq e nel Sham”, non riconoscendo pertanto come capo supremo al-Zawahiri. Lo stesso al-Zawhiri aveva anticipato il progetto di dissoluzione di ISIS nell’ambito di AQ, per poi essere smentito dai fatti e dallo stesso Abu Bakr al-Baghdadi. Il tentativo di risoluzione del conflitto, affidato a Sheikh Abu Khalid al-Suri, membro di AQ centrale, si risolve in un nulla di fatto quando egli stesso dichiara che ISIS “commette crimini nel nome del jihad e nel nome dell’istituzione di uno stato Islamico”.
ISIS pertanto opera in modo indipendente e in opposizione agli altri gruppi del teatro siriano, quali Jabhat al-Nusra, il Fronte Islamico e l’Esercito Libero Siriano con i quali ha avuto frequenti scontri a fuoco con perdite. Inoltre, ISIS è accredito di significative risorse finanziarie derivanti da attività connesse al crimine organizzato nelle aree che controlla, da sovvenzioni della diaspora islamica nel mondo e dalle sponsorizzazioni di alcuni Stati del Golfo. Fino a ottobre 2013, queste risorse finanziarie erano utilizzate da ISIS anche per provvedere a buona parte delle necessità di al-Nusra ma con l’irrigidirsi del conflitto tra le due fazioni, ISIS ha di fatto “tagliato i fondi”, creando serie difficoltà di mantenimento ai combattenti di al-Nusra. Con tali risorse a disposizione il progetto di ISIS, in continuità con ISI, ha da subito mirato alla realizzazione di un Califfato su scala globale: immagine che spesso si ritrova nelle sue comunicazioni sintetizzata in un mondo sotto la bandiera nera.
E’ nell’aprile del 2013 che ISIS cerca di cambiare “pelle” diventando appunto Islamic State of Iraq and the Levant (ISIS/ISIL): ciò venne rifiutato decisamente da al-Nusra per ottenere da Abu Bakr al-Baghdadi (Abu Dua) una ancora più dura risposta espansiva delle attività in Siria. Nell’agosto del 2013, l’intelligence americana valuta ISIS/ISIL ben radicato in Siria, con circa 5.000 combattenti a disposizione molti dei quali stranieri, con controllo diretto delle province di Aleppo, Idlib e Raqqa. Proprio al-Zawhiri, in un messaggio trasmesso da Al-Jazeera nel novembre del 2013 tornava a ordinare lo scioglimento di ISIS riconoscendo Al-Nusra come la fazione del jihad globale legittimata in Siria.
Come si può notare la realtà del jihad combattente, e di conseguenza politico, in Siria è complessa e conflittuale. Ed è conseguenza della profonda ristrutturazione di AQ (al-Qaeda) nel suo complesso.
E’ nota la caratteristica del branding AQ e della sua organizzazione in movimento flessibile, opportunista, in franchising avviata nel 2006 ma arrivata nelle forme ultime dopo la morte di Osama Bin Laden, con la leadership di Al Zawhairi. Sotto il comando di Osama, AQ nei primi anni del duemila aveva due comandanti che rispondevano bene alle figure del leader ideologico (Zawhairi) e del comandante operativo di AQ in Iraq (Zarqawi), sintetizzate nella figura dominante di Osama. Ma tra Zawhairi e Zarqawi la relazione non era sempre lineare, ma spesso conflittuale. In una nota lettera del 2005, Zawahiri critica Zarqawi e gli espone le sue strategie per vincere in Iraq, sottolineando la necessità di unità di AQ per attrarre nuovi seguaci: “Ho sempre creduto che la vittoria dell’Islam avverrà solo quando sarà istituito, secondo le regole indicate dal Profeta, uno Stato Islamico nel cuore del mondo islamico, specificatamente nel Levante, in Egitto, e negli stati vicini della Penisola e in Iraq. Ma in ogni caso il centro di esso sarà il Levante e l’Egitto”.
Come si nota la centralità della Siria (il Levante) nello sguardo del califfato islamico di AQ è già evidente prima della guerra siriana e sottolinea l’attualità e criticità dello scontro interno in corso. Ma la differenza di visione dei due, Zarqawi morto nel 2006 e Zawhairi al comando solo dopo la morte di Osama, si ritrova prima in ISI e poi in ISIS/L infine in IS stante il fatto che la componente militare proprio di ISI si sentiva più vicina alla visione del comandante militare Zarqawi. In qualche modo, le pressioni attuali di Zawahiri contro ISIS oggi fanno riemergere questioni ancora sensibili del passato recente.
Se questa può essere una ragione storica del conflitto la riorganizzazione di AQ nella forma flessibile del franchising è ancora più significativa. Tale riorganizzazione è proprio avviata da Zawahiri nel 2006, con l’idea di rendere operativamente più autonome le componenti regionali di AQ e diminuire la pressione economica su AQ Centrale da parte di queste: in quel tempo i denari cominciavano a scarseggiare. Oggi, come si vede, AQ è frammentata in componenti indipendenti in Medio Oriente, Nord Africa, Penisola Arabica orientate e ispirate dal comando centrale. La conseguenza della autonomia si è concretizzata sia sul piano operativo sia sul piano economico, lasciando maggiore indipendenza a ciascun comandante di definire piani e meccanismi di attrazione delle risorse e del personale combattente.
In questo contesto ISIS ha conseguito una serie di vantaggi, che si ricordano: capacità di attrazione di denari, anche con traffici più vicini alla criminalità, con la possibilità di spenderli anche per finanziare i viaggi e la formazione dei combattenti e forza ideale per attrarre seguaci, disponendo dell’unico teatro del jihad direttamente connesso al sogno del Califfato: il Levante (in Sham), dunque in una sorta di terra “mitica”.
Gli ultimi mesi del 2013 e i primi mesi del 2014 sono caratterizzati proprio da questo confronto tra i due gruppi che trova eco sui forum islamici in cui si promuove il jihad in Siria. Un tema emergente di dibattito, tra aspiranti combattenti soprattutto europei, è l’incomprensione della lotta tra jihadisti in Siria, che lascia morti e perdite sul campo. Tale incomprensione comincia a generare perplessità tra potenziali combattenti che decidono di non partire per non combattere contro i fratelli: per il reclutamento e la diffusione del jihad è necessario avere un chiarimento, per non perdere la grande occasione siriana.
Sono proprio i primi mesi del 2014 che evidenziano alcuni eventi significativi.
In febbraio, su un forum vicino ad AQ (Shumuck al-Islam) si avvia una collaborazione on line per mettere a punto una strategia generale per il jihad siriano. Tale Handasat al-Qaeda comincia una discussione a cui partecipano diverse diecine di combattenti che hanno accesso all’area riservata del foro: ne escono una quantità di consigli e di indirizzi. Il 9 di febbraio 2014 il medesimo Handasat al-Qaeda pubblica un documento che vuole rappresentare il pensiero unitario dei partecipanti al forum, il documento è classificato come riservato da farsi circolare solo attraverso contatti conosciuti.
Al di là del tono generale, che richiama alla unità del combattimento, alcuni punti interessano questo approfondimento. Per esempio si raccomanda:
- di fare incetta di armi pesanti e anticonvenzionali e di custodirle con la massima attenzione (punto 4);
- di promuovere il reclutamento dei combattenti in modo intensivo e sicuro, cioè avendo sicurezza della loro formazione all’Islam, per servire con al-Nusra (punto 5);
- soprattutto di indirizzare questo flusso verso la Siria perché qui si combatte e perché i confini finora aperti non lo resteranno ancora per molto (punto 6);
- che tutte le forze della Ansar al-Shari‘ah nel mondo (citando i paesi del Medio Oriente e l’Europa) devono agire per: a) incrementare la diffusione delle lezioni e delle attività didattiche e di presa di coscienza dell’Islam verso le comunità islamiche per combattere il lavaggio del cervello mediatico in atto; b) ottenere supporto per i fratelli in Siria e fare in modo che questi supporti arrivino a destinazione, perché siamo una comunità unita (punto 7).
Nel documento si cita ISI (Islamic State of Iraq) non ISIS (Islamic State of Iraq and Sham) il cui compito è indicato nel presidiare i confini orientali della Siria per impedire penetrazioni degli sciti. Al contrario, nel medesimo documento, si cita più volte al-Nusra a cui si attribuiscono i compiti di combattere duramente il regime siriano; stabilire una consiglio islamico unificato per il governo in sostituzione dei poteri attuali abbattuti; stabilire un centro mediatico unificato che fornisca informazioni vere al mondo; fare pressioni su tutti i religiosi perché guidino e illuminino la comunità islamica su quanto accade; costituire un apparato di intelligence per operazioni speciali. Il documento è pertanto una chiara indicazione politica strategica che pone al centro della lotta siriana al-Nusra
La conseguente risposta di ISIS si fa attendere solo due mesi e risale al 9 aprile 2014.
Compare anch’essa su sito Shumuck al-Islam, come la precedente del 9 febbraio, ma i toni sono completamente opposti rispetto ad AQ. Si tratta di un patto conosciuto come “patto del Khorasan”, siglato da 9 comandanti di AQ tra Afghanistan, Turkmenistan e Iran: Sheikh Abu Ubaidah al-Lubnani, Abu al-Muhannad al-Urduni, Abu Jurair al-Shamali, Abu al-Huda al-Soudani, Abdulaziz al-Maqdisi (fratello di Sheikh Abu Mohammed al-Maqdisi), Abdullah al-Punjabi, Abu Yunus al-Kurdi, Abu Aisha al-Qurtubi, e Abu Musab al-Tadamuni. Il documento accusa apertamente Zawahiri di lassismo e recupera la vecchia posizione antagonista con Zarqawi, già accennata, per dichiarare fiducia ad Abu Bakr al-Baghdadi, capo dello Stato Islamico d’Iraq e Siria (ISIS). I nove accusano al-Nusra e Zawahiri dicendo che “non hanno avuto alcun coraggio nel dare esecuzione alle sentenze su coloro che disobbediscono sharia, con il pretesto di evitare uno scontro con le persone ciò a causa della loro incapacità.” Nel documento si attacca l’Egitto nel suo presidente Morsi “che è un apostata … e che ha legittimato la cosiddetta primavera araba” per concludere:
“Noi scriviamo una tale messaggio a tutta la nazione musulmana e per chiedere perdono a Dio. Noi abbiamo così mostrato che ISIS è dalla parte del giusto. Che esso ha alzato la bandiera senza esitazione, né debolezza, senza rendere conto ad alcuno se non a Dio. Noi siamo con loro, finché perseverano, noi diamo il supporto e l’alleanza all’emiro Abu Bakr al-Baghdadi al-Qurashi, e la nostra obbedienza nella fortuna e nelle avversità, nei momenti difficili e in quelli favorevoli, senza discutere il suo comando. Ma se qualcosa cambia o devia (in ISIS) allora essi avranno da noi quanto altri già prima hanno avuto.”
Allo scontato ribattere di AQ della inconsistenza politica del documento, pochi giorni dopo Mohammed al-Adnani, a nome di ISIS, dichiara che “al-Qaeda ha deviato dalla via giusta. La questione non è su chi uccidere o con chi allearci. La questione riguarda la pratica religiosa che è stata distorta e un approccio che si sta allontanando dalla via giusta”. Il confronto è ormai ideologico e ISIS si pone dalla parte dell’Islam radicale osservante, alla guida dell’islamismo globale e polo di attrazione dei processi di radicalizzazione ai quali fornisce l’esito estremo.
Nasce il Califfato, dopo secoli, quale area territoriale islamica che attrae combattenti e radicali a capo del quale si pone Abu Bakr al-Baghdadi. Lo stesso al-Baghdadi aveva cominciato a novembre una propria via di proselitismo inviando messaggi alla leadership di al-Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM), al-Qaeda in the Arabian Peninsula (AQAP), al-Shabab e Ansar Bait al-Maqdis (ABM) in the Sinai, reclamando che Ayman al-Zawahiri non fosse un comandante adeguato e chiedendo una alleanza stretta con lui.
Fonti arabe ci dicono che AQIM e AQAP risposero con un diniego, invece ABM e al-Shabab si dimostrarono aperti. Ma questo era novembre 2013.
Le vittorie in Siria e la penetrazione di ISIL in Iraq, la proclamazione del Califfato e del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi, il controllo delle frontiere e di una parte di territorio irakeno, la dichiarazione del cambio di nome semplicemente in Islamic State (IS) senza declinazioni regionali e l’apparire pubblico di Abu Bakr al-Baghdadi hanno consolidato la visione globale di ISIL e del suo capo, contornato da combattenti giovani, radicalizzati via rete da frequentatori di Facebook, Twitter e Instagram.
Così è che, Abu Sayyaf ha emanate una Comunicazione chiamando “all Muslims and mujahideen in the Philippines” a supportare ISIL “with their money and their souls.”- Santoso (alias Abu Musab al-Zarqawi al-Indonesi), leader dei Mujahidin of Eastern Indonesia, ha dichiarato in un video la sua lealtà al-Baghdadi respingendo il richiamo alla leatà verso al Zawahiri come richiesto dai jihadisti più tradizionali del sud est asiatico. AQIM ci ha ripensato e ufficialmente ha annunciato “congratulate the heroes in the Isis and congratulate al-Baghdadi for his conquest of Mosul.” Con il risultato che l’Al-Huda Battalion ha garantito “men of the soil of Algeria” in supporto di al-Baghdadi “from Syria to Andalusia”. Abu Bakr Shekau , leader dei Boko Haram’s, ha promesso pure obbedienza e in recenti massacri in Cameroon i Boko Haram hanno cominciato a utilizzare la medesima bandiera di ISIS. Ifine, qualche eminente clerico di AQAP si è infine congratulato per i successi di ISIS, per avere realizzato il Califfato.
Ma la contesa continua.
La risposta di al-Nusra è del 12 luglio 2014. Il canale mediatico del movimento, Manara al Bayda, diffonde un comunicato del leader (al-Golani) in cui si annuncia la realizzazione dell’Emirato Islamico. Quindi di una realtà geograficamente conclusa e definita nell’ambito del territorio controllato da al Nusra, rispetto a una entità “globale”, geograficamente meno definibile ma, per questo, simbolicamente più evocativa e pregnante, quale è quella del Califfato dichiarato da IS. L’Emirato si colloca nella provincia di Aleppo, area di penetrazione di al Nusra, e nella quale il movimento gode di fiducia tra la popolazione, aspramente contesa da IS.
Tanto è vero che sul piano mediatico, IS comincia una campagna di “promozione turistica”, rappresentando con apposite brochure quella che sarebbe la vita nella Stato di Aleppo, sotto controllo IS: immagini di prati coltivati e verdi, edifici istituzionali e scuole, corredate dalla mappa di uno stato abitato da oltre un milione di persone, in 450 villaggi su 10.000 chilometri quadrati. Senza alcun riferimento alla normale propaganda combattente e militante che rappresenta le crocifissioni dei nemici… in quelle medesime aree.
La campagna comunicativa di IS continua cercando di giustificare la propria presenza anche sul piano storico. Lo stesso “patto del Khorasan” evidenziava la tendenza al richiamo delle radici, infatti il Khorasan è l’antica regione che comprende parte di Iran, Afghanistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan area in cui i firmatari del patto medesimo hanno influenza. Egualmente il Califfato si richiama al precedente storico ottomano: da questo punto di vista le argomentazioni che cercano di confutare il legame coi precedenti storici sul piano scientifico non sono che “contro-narrative” che non possono avere successo nel contesto idealizzato in cui la propaganda si colloca e rispetto al target di riferimento. Inoltre, la mappa della pianificazione della espansione di IS, recentemente diffusa soprattutto attraverso diversi profili twitter legati a IS, insieme alla penetrazione di fine luglio verso il nord Iraq ha il sicuro risultato di rinforzare IS come entità di riferimento:
- sul piano pratico si consolidano le risorse economiche che provengono dai pozzi petroliferi controllati direttamente;
- essa incorpora aree in cui le diverse organizzazioni qaediste sono presenti, in particolare quelle che ultimamente si sono dichiarate – seppure con diversi gradi di adesione – in favore di al Baghdadi;
- la stessa organizzazione originaria di ISIS/L in province, potrebbe lasciare supporre una autonomia locale nella versione degli emirati che soddisfarebbe queste stesse organizzazioni;
- la sola rappresentazione mappata sulla carte esercita, nei proclami di reclutamento, l’attrazione di un “luogo fisico” in cui il jihadista può, per la prima volta, andare.
In pratica, ad agosto 2014, i programmi di IS si consolidano e per la prima volta sembrano assumerer un profilo di “istituzionalizzazione del jihad” , avviando anche un percorso di chiarimento con al-Nusra e di riposizionamento dell’intero movimento jihadista combattente rispetto alle tradizionali linee di al Zawahiri. Una importante ragione del contendere è proprio la capacità di attrarre jihadisti internazionali, combattenti stranieri che vadano a rinforzare gli schieramenti, e le loro famiglie. E indubbiamente il risultato ottenuto finora è di enorme richiamo per il jihad globale: mai prima realizzato, il mito del califfato si propone come un magnete di grandissima attrazione e promozione dei processi di radicalizzazione. Processi che, comunque, erano già stati esplicitamente messi a tema nei documenti dei contendenti (al Nusra e ISIS) che avevano indicato la necessità di insistere sulla promozione del reclutamento accelerando il processo di radicalizzazione che deve essere garantito in termini di ortodossia religiosa e mettendo al centro della promozione le figure religiose che devono essere garanti di questa formazione ideologica.
Già a luglio 2014 sembrava che la questione tra al-Nusra e ISIS fosse risolta a favore di quest’ultimo, ma allo stato attuale IS con il suo insediamento in Iraq sembra proporsi come un magnete stabile di attrazione del jihad globale: da questo punto di vista appare poco importante la certificazione ufficiale di appartenenza di IS ad AQ (in fase di ulteriore mutazione).
Questi ultimi giorni di agosto sono l’efficace conclusione di un lungo processo e progetto jihadista che vede in al Baghdadi il protagonista, per mezzo di IS: si tratta di un progetto i cui risultati possono avere ricadute politicamente più significative del Nine Eleven! Per esempio, non ho qui trattato la questione kurda, che è parte centrale della questione politica. Per gli stessi kurdi IS può essere un volano positivo di riconoscimento delle proprie istanze autonomiste sempre negate dallo stato fallimentare irakeno, con il risultato di aumentare il controllo sui pozzi di Erbil e dintorni, ma anche di riaprire la discussione sul ruolo del PKK (si vedano in proposito alcune interviste in Itstime) che combatte contro in terroristi e con i paesi confinanti, Iran e Turchia. Il primo che non può dimenticare le guerre fratricide islamiche e la seconda che è pronta a rinegoziare il proprio sistema di priorità mentre insegue un nuovo sogno espansionistico che la rende protagonista in tutti i focolai di conflitto dal Nord Africa al Medio Oriente. In tale contesto di enorme cambiamento nell’area del MO Allargato, gli Occidentali (intesi come EU, US e amici) non potevano che attaccare IS quanto prima (indicavo questa strada come l’unica percorribile già alla dichiarazione del Califfato), via aria direttamente e via terra per interposta persona. Ma senza certezza alcuna del risultato, anzi, sapendo che in ogni caso la situazione poi sarà sicuramente peggiore di prima per i “premi da pagare”, che saranno costosi ma meno costosi della sopravvivenza stabile di IS. Nel frattempo cadranno delle teste, sia in forma figurata sia reale.