Nei giorni 10 e 11 novembre diverse agenzie, organi di stampa nazionali e locali hanno rilanciato la notizia di lettere minatorie a firma di sedicenti appartenenti alle Brigate rosse.
Le missive – secondo quanto si legge – sarebbero state recapitate ai sindaci di Bologna, Modena, Forlì, Reggio Emilia, Ferrara, Piacenza, Ravenna e Rimini al presidente Emilia Romagna e del Veneto ed anche alla sede nazionale del Partito Democratico (PD) a Roma.
Dinnanzi a queste notizie di cronaca, sorge spontanea la domanda: il fenomeno BR non è più solo un passato stragista che riemerge accidentalmente dai boschi, come accaduto lo scorso settembre in provincia di Rieti, o che viene ciclicamente ripercorso in senso storico da centri studi universitari? Oppure, quanto accaduto, si tratta di una mera strumentalizzazione contingente di categorie e sigle ormai defunte? In un clima socio-economico difficile per il Paese e di “autunno caldo” già ipotizzato questa estate da esponenti politici e più di recente analizzato da Itstime, occorre anzitutto considerare la credibilità della minaccia specifica, laddove la tecnica di annunci minatori era parte dell’apparato retorico delle BR c.d. “storiche” della prima ondata (1970-1974).
Per una analisi storica associata alla minaccia dichiarata
Al di là dell’aspetto declaratorio di (vera o presunta) volontà, infatti, conta – sul piano sostanziale ed effettuale – una capacità operativa per porre in essere atti dichiarati. A tale scopo, molteplici sono i fattori/indicatori da prendere in considerazione: l’esistenza di soggetti dediti ed addestrati allo scopo, capacità di reperire e impiegare armamento idoneo, finestre di opportunità utilizzabili. Una ulteriore domanda è però immediatamente e squisitamente geografica: perché l’Emilia Romagna? In senso “storico”, la regione appare di interesse specifico in quanto proprio in questa area si sarebbe concretizzata la decisione fondativa di intraprendere la lotta armata BR originaria, al tempo di un convegno tenuto 50 anni fa – nell’agosto del 1970 – in località Pecorile, collina in provincia di Reggio Emilia. Così come è nota l’esistenza di un gruppo storico “reggiano” all’interno delle BR, cui si riconducevano figure come quella di Alberto Franceschini, nato a Reggio nell’Emilia nel 1947. Per non dimenticare che è a Forlì, nel 1988, che si consuma l’ultima azione delle BR originarie contro il professore e senatore democristiano Roberto Ruffilli.
Le inedite rivendicazioni espresse al tempo dell’emergenza Covid-19
Venendo ai contenuti, e all’impianto “accusatorio” presente nelle lettere per come riferito dai media, i temi appaiono certamente inediti rispetto al brigatismo storico. Non si parla più di concetti come SIM (Stato Imperialista delle Multinazionali) o Stato imperialista, ma di Stato correlato al tema del Covid-19, in condizioni di generale criticità economico-finanziaria e sanitaria. Una chiave di lettura che appare per certi versi anche “negazionista”, laddove nella lettera di rivendicazione si chiede alla politica di invertire le misure poste in essere per la lotta alla pandemia, accusando di “terrorismo mediatico” i media e chiedendo altresì – in modo certamente irrituale rispetto ai canoni del brigatismo classico che annovera tra le sue vittime decine di poliziotti e carabinieri – di “liberare le forze dell’ordine” dal compito di controllare i cittadini che violano normative sanitarie.
Nella lettera, sempre per quanto emerso dagli organi di stampa, si citerebbe anche la volontà di posizionare ordigni esplosivi contro una pluralità di obiettivi: sedi giornalistiche, sedi politiche, stazioni ferroviarie, banche, uffici pubblici. Di primo impatto, l’eterogenea e diversificata categoria di target citati appare forse troppo vasta per poter avere una concretezza immediata. Un conto è distruggere vetrine di negozi o incendiari automobili durante una manifestazione violenta ed antagonista, un altro (vedasi i tristi e noti eventi di Parigi nel 2015) è portare a segno attacchi multipli/simultanei e significativi a strutture fisiche, alcune delle quali anche ben presidiate (c.d. hard target). Anche la stessa FAI – federazione anarchica informale – molto attiva su territorio nazionale negli anni 2003-2013 non risultò riuscire in attacchi complessi.
Conclusioni. Bluff strumentale o nuovo brodo di coltura in ebollizione?
Se tutto questo appare ragionevole sul piano della intensità potenziale dello scontro esprimibile a oggi, diverso potrebbe essere il discorso relativo ad un ipotetico fiancheggiamento logistico, laddove basi di supporto reale potrebbero sussistere per elementi violenti in un quadro sociale gravato da una crisi economica e di lavoro diffusa. Sempre in senso storico, va ricordato infine che proprio il tema del lavoro, declinato in varie sfaccettature, è sempre stato centrale nella dialettica ideologica BR in senso trans-generazionale: nel 1983 fu gambizzato Gino Giugni, consulente sindacale del Ministero del Lavoro; nel 1985 fu ucciso Ezio Tarantelli, già funzionario della Banca d’Italia e consulente CISL nell’accordo sul taglio degli scatti alla scala mobile. Per non dimenticare gli omicidi del docente di diritto del lavoro Massimo D’Antona nel 1999 a Roma e del giuslavorista Marco Biagi a Bologna nel 2002 da parte della “seconda ondata” brigatista.
Occorre prestare massima attenzione, con equilibrio, al tema, senza sovrastimare ed ingigantire mediaticamente attraverso eco-chambers da un lato, ma neanche sottostimare possibili profili di rischio e anelli di azione e retroazione generabili in questi tempi così critici e sfidanti. è difficile oggi sostanziare la reale consistenza in capo ad un nuovo ipotetico pseudo-fronte brigatista, laddove la caratura dei documenti e delle risoluzioni strategiche del passato – analizzate dalla manualistica specializzata – paiono collidere con gli appelli apparentemente sbrigativi e ben poco sofisticati delle lettere del 2020. In questo contesto incerto, ma guardando fiduciosi ad un reboot post-pandemico futuro, occorre anche ricordare la forza storica e sostanziale delle Istituzioni di sicurezza in senso di homeland security. Per esempio, attraverso le parole espresse sul conto del Generale dei Carabinieri Dalla Chiesa da parte di Patrizio Peci – primo pentito delle BR a collaborare con lo Stato – nel lontano 2002 dalle pagine del quotidiano la Repubblica: “il generale fu il primo a combatterci perché esistavamo. Gli altri lavoravano sui nostri delitti. Dalla Chiesa lavorava sulla testa dell’organizzazione.” Fondamentale appare oggi estendere anche a (potenziali) nuove minacce interne quanto ricordato al settimanale Panorama del novembre 2020 dal Prefetto Lamberto Giannini, Direttore Centrale della Polizia di Prevenzione, parlando del terrorismo internazionale: prevenzione è “anticipare la soglia di intervento”.