Con Haines sono tre gli occidentali barbaramente uccisi da IS per continuare il suo filone della “Comunicazione minacciosa” (si vedano commenti precedenti rispetto alle strategie comunicative di IS). Un quarto è in lista e non è chiaro come poi la lista continui. Questa comunicazione ha un duplice effetto: quello di spingere la colazione internazionale, o almeno parte di essa, all’intervento e quello di spaccarla al suo interno per la questione dei negoziati sugli ostaggi. Entrambe le azioni (guerra e negoziato sugli ostaggi) si fanno urgenti e hanno un certo grado di interdipendenza.
Il primo aspetto sembra paradossale, se non che IS si sta preparando a ricevere l’attacco. Nelle terre del califfato, il numero di combattenti aumenta rafforzando una componente militare considerevole e armata ancora meglio dei peshmerga sul campo; l’attrazione verso le famiglie dei jihadisti egualmente ha un certo successo rendendo più difficile un intervento con scarse perdite collaterali. I soldi non mancano a IS che si va stabilizzando. La nota (22 agosto 2014) che segue chiarisce i successi di IS diventato uno stato: “I recently had the opportunity to speak to a friend in Manbij, a small city in Aleppo of about 100,000 (pre-war) under exclusive Islamic State (IS) control since January 2014 (when the organization was still ISIS). He told me about how IS cadres were administering the city and about what Manbijis think about the new political order. (…) “In Manbij, people see that the IS is “getting comfortable,” and that the trappings of statehood appear stronger every day. The IS public administration includes several types of police, courts and administrative bodies. The group provides services and undertakes development projects. IS collects taxes in the form of zakat and redistributes some of the money to the poor. Among the recipients of the aid are internally displaced persons, who now account for at least half of the city’ population. Recently, IS has begun shipping fuel from fields it recently captured in Dayr al-Zawr province and selling it at fixed discounted rates in Aleppo.” E ovviamente continua elogiando il governo di IS. Per chi è interessato a continuare la lettura basta cliccare qui.
Ma non solo, IS si sta stabilizzando militarmente. Pochi giorni fa, il 13 settembre a Hajar al-Aswad a sud di damasco, IS ha stretto un accordo di non aggressione con le fazioni (sia jihadisti sia “meno radicali”) che combattono in modo più indipendente in Siria. La tregua recita: “the two parties will respect a truce until a final solution is found and they promise not to attack each other because they consider the principal enemy to be the Nussayri regime.” Tale politica della tregua con altri gruppi combattenti è portata avanti da IS sistematicamente per predisporre un ambiente meno conflittuale in caso di intervento esterno.
Ovviamente la questione del negoziato sugli ostaggi ( formalmente impedito dalla normativa UN e pratica contraria alle dichiarazioni del G8 del 2013) è fattore di scollatura tra i potenziali membri dell’intervento con fortissimo impatto sulle opinioni pubbliche dei differenti paesi: insomma gli ostaggi hanno il doppio valore di minaccia e di cuneo di frattura tra i nemici di IS, dimostrando una politica attenta e attiva su più campi del Califfato.
A ciò si aggiunge la recente minaccia nei video di risposta ai proclami di Obama (un paio di giorni addietro) in cui IS ” annuncia la guerra contro l’Europa e i cristiani in Siria (…) e i combattenti (…) indossino le cinture esplosive“. E ancora : “Individuate i vostri obiettivi, preparate le autobomba, le cariche e le cinture esplosive per colpire duramente e a fracassare le teste“. Sembra pertanto emergere una strategia flessibile e opportunista che, portando anche attacchi dentro (in termini di interessi, asset e territorio) ai potenziali paesi di una coalizione renderà ancora più difficile il necessario coordinamento di sistema.
Negli stessi momenti, via Twitter si annunciano sorprese all’Egitto chiamando alla alleanza i Fratelli Musulmani.
In conclusione (solo per ora!) la politica a tutto tondo di IS sta costruendo un ambiente in cui è sempre più difficile attivare contromisure verso IS, in un contesto di “guerra ibrida” che sta diventando il leit motiv interpretativo di una situazione drammaticamente pericolosa e complicata.