“The blessed operation Charlie” è come è stato ribattezzato l’attacco degli assassini a Charlie Hebdo da IS e compagni sui social.
E sono sempre i soliti che ben conosciamo ad attivarsi. Faccio solo un esempio, rompendo l’abituale nostro silenzio sulla comunicazione del jihad.
L’esempio riguarda il fratello @Muhajir Shaam , il cui account Twitter era stato sospeso ieri è subito attivo in modo poco originale con أبو محمد الهولندي @MuhajiriShaam2, pubblica:
It softened my heart after hearing this great news; What a successful day 4 Islam! #Paris #CharlieHebdo
أبو محمد الهولندي @MuhajiriShaam2
Allahu akbar! This is the right response 2 those who mock with Islam! #Paris
أبو محمد الهولندي @MuhajiriShaam2
Islamic Jihadi armed lone wolves; #Paris #CharlieHebdo
أبو محمد الهولندي @MuhajiriShaam2
A day we will never forget! We Muslims sacrifice 4 our Religion & Prophet! #Paris #CharlieHebdo
أبو محمد الهولندي @MuhajiriShaam2
I will start saying goodbye 2 my followers; In a few hours my account will be suspended!
Come Muhajiri ce ne sono tanti altri che utilizzano il web, i social in particolare, per diffondere e propagandare l’Islam radicale e poi selezionare e formare i terroristi del jihad: tutti perfettamente consapevoli delle possibilità della rete e delle vulnerabilità “del resto del mondo”. La sequenza dei suoi lanci su Twitter è chiara in tal senso ed è paradigmatica della situazione difficile in cui si trova un mondo in cui le possibilità aumentano più rapidamente e diffusamente di una nuova etica richiesta per farne buon uso.
Detto questo, sul piano pratico sono necessarie nuove modalità di ingaggio… con la realtà. Perché è proprio la consapevolezza della situazione che manca a chi combatte il terrorismo dell’islamismo radicale, e non solo a riguardo della comunicazione sui social.