Lascio la descrizione dell’evento ai media che la stanno divulgando in questi minuti.
Mi limito a evidenziare alcuni punti di attenzione e riflessione.
Charlie Ebdo è un giornale satirico francese la cui sede è nel cuore di Parigi: in Rue Nicolas Appert, nell’undicesimo arrondissement, poco a nord di Place des Vosges e di Bastille. Aveva appena pubblicato – sul suo profilo Twitter – una vignetta che ritraeva il Califfo in chiave satirica, come sua abitudine mettendo sotto tiro tanti “potenti” del mondo, dalla chiesa alla politica. Il risultato è per ora di 12 morti (a cui si aggiungono feriti anche gravi) a seguito di un attacco devastante con kalashnikov e lancia razzi, condotto da due o tre terroristi islamisti urlanti: “Vendicheremo il Profeta” e “Allah u Akbar”. Insomma… si è portato a termine quanto si sarebbe voluto fare dopo la pubblicazione delle vignette sul danese Jyllands-Posten, che aveva pubblicato il 30 settembre del 2005. Ma allora non accadde.
Alcuni spunti per le prossime ore e giorni e…:
- ogni mercoledì alle 10 si tiene la riunione di redazione del Charlie Ebdo: se chi ha attaccato lo sapeva, allora aveva pianificato bene l’attacco. Tanto è vero che il direttore Stephan Charbonnier, detto Charb, e tre importanti vignettisti, Cabu, Tignous e Georges Wolinski, sono stati ammazzati con gli altri colleghi. Se non lo sapeva è stato fortunato. Ma è necessario approfondire per capire il “livello di reattività” dell’attacco e le modalità di pianificazione. Considerato che gli attentatori hanno urlato (si sente chiaramente nei video) “Vendicheremo il Profeta” e “Allah u Akbar”, senza riferimento all’ultima vignetta sul Califfo ma a copertine precedenti, sono propenso a pensare a un attacco preparato in anticipo. Anche l’attacco all’auto della polizia che presidiava il giornale evidenzia una conoscenza pregressa della situazione;
- la capacità di uso di AK47 e armi più pesanti come i lanciarazzi non è tipica dei “lone wolf” ma richiede una competenza adeguata. Essa è comprensibile se si tratta di solitari ma formati all’uso delle armi: ex combattenti “siriani”? Le immagini ci mostrano due terroristi che si muovono con una certa sicurezza e appropriatezza per la scena d’azione e con adeguate protezioni, non improvvisati jihadisti. Combattenti di ritorno? Molto probabile. Ciò rilancia la mia idea di numerosi zombie silenti, di ritorno dai campi del Califfato, che possono essere facilmente attivati a stimolo (interno e proprio o esterno, da parte di un “comandante”);
- poco prima di Natale, pochi giorni fa dunque, a Nantes e Digione si era assistito ad altri attacchi in luoghi pubblici ma con scarso esito seppure drammatico. Ora la figura del “lupo solitario” cambia, pertanto, perché non si stratta più dello “scalzacani” (seppur pericoloso) ma di chi ha competenza nell’uso delle armi, capacità di esecuzione (si veda la capacità di gestione della situazione e di fuga dei tre di Parigi), predisposizione psicologia all’azione: appunto “lo zombie” di cui abbiamo già scritto su Itstime, che porta una nuova enorme flessibilità di azione in un contesto di possibili attacchi strutturati e pianificati. Terroristi che non hanno nessuna intenzione di immolarsi ma di combattere, portando il jihad nel cuore dell’Europa;
- la Francia, geograficamente nel cuore dell’Europa e nel cuore della sua cultura per le istanze di libertà che ne contraddistinguono la storia, con i suoi media, che rappresentano come tutti i media l’espressione delle libertà, è un bersaglio a elevatissimo rischio da molti mesi. Ma che si colpisca con la violenza chi esprime un’idea rilancia con forza l’idea dello “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale” Si tratta di un libro del 1996 dell’americano Samuel P. Huntington, in cui l’autore sostiene che le identitàculturali e religiose saranno la fonte primaria di conflitto nel mondo post-Guerra fredda. Alla sua uscita fece discutere suscitando una enorme quantità di razioni avverse! Sarà spiacevole ammetterlo, ma solo gli islamisti reagiscono con la violenza terroristica ai tratti di penna: non voglio sostenere che lo scontro di civiltà sia contro l’Islam, ma di certo c’è, ed è durissimo, contro l’Islam del Califfato e l’Islam radicale, che è una piaga globale che deve essere eliminata senza esitazione. Ciò significa un impegno politico e operativo diverso sia dell’Occidente sia dell’Islam che non si vuole riconoscere nel radicalismo che ne fonda una parte.
In conclusione, oggi è stato portato a termine quanto il jihad avrebbe voluto fare dopo la pubblicazione delle vignette sul danese Jyllands-Posten (30 settembre del 2005).
Ma allora non accadde: anche se i sintomi erano evidenti – e furono ampiamente sottovalutati – viste le mobilitazioni popolari in Medio Oriente, e altri paesi islamici, in cui migliaia di persone più o meno armate assaltarono e distrussero sedi istituzionali e commerciali di paesi occidentali.
Ma nessuno volle vedere.
In quasi 10 anni, dunque, è cambiato molto se oggi è stato possibile questo attacco: dieci anni di supposte “guerre al terrorismo” la cui inefficacia è evidente adesso.
Politiche, attività cinetiche sul campo, reti di alleanza, ma anche attività di prevenzione delle ragioni del terrorismo e di anticipazione degli attentati: tutta da rivedere certamente. Ma senza avere la pretesa di neutralizzare il fenomeno, purtroppo.
Infatti, stiamo “in campana” nelle prossime ore per capire qualcosa di più intorno all’evento di Parigi. Ma di massima accettiamo che… è appena cominciato.