Un’automobile, il giorno 21 marzo 2018 alle ore 19:00, carica di bombole di gas propano si è lanciata contro l’ingresso principale della Travis Air Force Base in Fairfield, in Northern Carolina. Il guidatore, morto nell’attacco, ha deliberatamente innescato l’esplosione. La base USAF ospita circa 10.000 persone e la sua operatività è di supporto alle operazioni nel pacifico con cargo e trasporti. L’FBI sta trattando l’episodio come un caso di terrorismo, a causa della volontarietà dell’atto suicida.Per ora non si hanno altre informazioni e l’interesse sul fatto è alto per una serie di ragioni ma soprattutto se uscisse un legame con il terrorismo di matrice islamista. Si possono tentativamente avanzare alcune ipotesi tutte da verificare:
La mano di Al Qaeda.Se cosi fosse si tratterebbe di una immediata risposta alla serie di messaggi lanciati da Zawahiri in questi giorni, rilanciati da As Sahab, di cui l’ultimo il 20 marzo 2018. Proprio in questo suo ultimo appello, il leader di AQ ricordava che il “primo nemico” di tutti i musulmani è l’America e che il presidente Trump è un “evidente crociato” che ha “rivelato la vera faccia dell’America e il vero pensiero della maggioranza degli americani verso i musulmani”. Zawahiri prosegue richiamandosi a Bin Laden ed elencando gli attacchi condotti contro bersagli USA (dal 1992 ad Aden, attraverso Somalia, Kenya e via di seguito, includendo il 9/11) per incitare tutti i musulmani dell’Umma ad attaccare l’America ovunque, per ricostruire il califfato. Dunque poche ore prima dello schianto a Travis Base, il leader di AQ aveva aggiunto un altro tassello alla sua strategia di riposizionamento di AQ, post Daesh, rinforzando la narrativa antiamericana. L’auto imbottita di gas in North Carolina potrebbe essere stata una immediata risposta a questo appello? Che nel caso sarebbe stato di enorme successo?
La mano di “Daesh”. La possibilità che dietro all’attacco ci sia l’ombra del gruppo terrorista è una seconda ipotesi: bersaglio di primo piano per l’evidente valore propagandistico, gli Stati Uniti sono già stati colpiti in passato dal califfato o da persone che ne sono state ispirate. L’attacco del primo ottobre 2017 a Las Vegas è stato uno dei più sanguinosi nella storia del Paese con quasi 60 morti e più di 800 feriti: tuttavia anche i due attacchi a Manhattan del 31 ottobre e dell’11 dicembre – sebbene abbiano causato poche o nessuna vittima – sono egualmente significativi perché avvenuti in seguito alla caduta di Raqqa, quando cioè si stava diffondendo l’idea della sconfitta di Daesh. Un attacco a una base statunitense avrebbe quindi la funzione di un decisivo volano per questo periodo di rilancio del califfato.
La mano di “un pazzo”. Il costante complicarsi dell’intreccio tra motivazioni e azioni violente ha portato spesso a una semplificazione delle risposte, in particolare additando l’autore come una persona con rilevanti problemi psicologici. In realtà quello a cui si sembra assistere è il frutto di anni di propaganda e attacchi che Daesh ha reso più “familiari” e “accettabili”: l’eredità del califfato si traduce in una diffusione di pratiche operative attraverso comportamenti imitativi semplici e non nella sopravvivenza di organizzazioni in grado di sopravvivere al califfato.
Evidentemente si tratta di ipotesi che sono coerenti con le comunicazioni finora rilasciate dagli investigatori. Solo nei prossimi giorni si capirà meglio. Forse.