L’attacco di sabato sera 3 giugno 2017 e’ l’ultimo di una serie di eventi che, in maniera significativa dal 2015, hanno insanguinato il Vecchio Continente ad opera di individui (piu’ o meno collegati a network strutturati) che si sono ispirati al salafismo jihadista militante, contro target di opportunita’ e per mezzo di un “armamento” di tipo principalmente low-tech.
Da una verifica delle statistiche reperibili sulle fonti aperte e relative alle principali attivita’ operative – che sono da ascrivere a lone operators ovvero a elementi che hanno operato per nome e conto di strutture affiliate o associate al salafimo jihadista globale, che hanno prodotto casualties numericamente rilevanti, e che sono riconducibili, nelle motivazioni, alle finalita’ strategiche perseguite dal movimento -, si puoi riscontrare che:
- nel corso del 2015, sono state censite 8 significant activities (SIGACT) che sono iniziate con l’assalto alla sede parigina di Charlie Hebdo (gennaio) e si sono concluse con gli eventi del Bataclan (novembre);
- nel corso del 2016, sono state censite 20 SIGACT che sono iniziate con il tentativo di investimento di alcuni soldati che presidiavano la moschea di Valence in Francia (gennaio) e si sono concluse con l’attacco al mercato di Natale di Berlino (dicembre);
- nel corso del primo semestre 2017 (ancora in corso), sono state censite 8 SIGACT che sono iniziate con l’assalto al night club di Istanbul (gennaio) e si sono concluse (almeno per ora) con l’attacco di Londra del 3 giugno scorso.
Tutto questo dovrebbe sorprenderci? La risposta dovrebbe essere negativa e la ragione puo’ essere trovata in un duplice ordine di macro-fattori.
Il Master Plan.
Il primo elemento di considerazione e’ di natura organizzativa: occorre tornare al 2005 e rileggere la long term strategy di AQ come delineata dal giornalista giordano Fouad Hussein nel suo libro “Al-Zarqawi: The Second Generation of Al Qaeda”. La fonte primaria utilizzata dal giordano sono state interviste e colloqui avuti, sin dalla fine degli anni ‘90, con alcuni tra i principali artefici della dottrina miliatante dell’organizzazione jihadista globale: tra questi, Abu Musab al-Zarkawi – il capo del Tanzim Qaidat fi Bilad y Rafidayn (la organizzaizone di AQ nella Terra dei Due Fiumi) – e Seif al-Adl, ex Colonnello delle Forze Speciali egiziane e una tra le menti strategiche di AQ.
In termini organzzativi, il master plan delinato dagli strateghi di AQ puo’ essere riassunto secondo le seguenti fasi:
- fase 1: definita “The Awakening”, perido 2000-2003, si riferisce al risveglio della nazione islamica da uno stato di ibernazione causata dalle catastrofi inflitte dall’Occidente ai danni dei musulmani. Attraverso l’attacco contro gli USA dell’11 settembre 2001 – indicato come la “testa del serpete” – AQ, con tale provocazione, mirera’ a generare una over-reazione del nemico: la fase termina con l’invasione dell’Iraq da parte US;
- fase 2: definita “Eye-Opening”, periodo 2003-2006, vede l’Iraq come principale terra di reclutamento per i soldati volenterosi a combattere gli USA. In questa fase, AQ dovra’ evolvere da una struttura organizzata ad un “trend o movimento” che sia condiviso dalla popolazione islamica. Il jihad condotto sul web propaghera’ la visione e la ideologia di AQ, e verra’ chiesto alla Umma di supportare finanziariamente il movimento al fine di compensare il sequestro di asset come conseguenza delle risoluzioni internazionali;
- fase 3: definita “Arising and Standing Up,” periodo 2007-2010. AQ si concentrera’ sulla Siria e Turchia, ma iniziera’ a confrontarsi direttamente con Israele, al fine di guadagnare maggiore credibilita’ da parte della Umma;
- fase 4: periodo 2010-2013, AQ causera’ la sconfitta dei governi arabi che portera’ ad un consolidemenro della forza del movimento jihadista e ad un deterioramento della potenza economica statunitense attraverso l’espansione del confronto;
- fase 5: periodo 2013-2016, in questa fase il Califfato islamico verra’ dichiarato, la potenza occidentale si disperdera’ nella regione araba come conseguenza del suo coinvogemento nel conflitto contro il movimento; il balance internazionale cambiera’ ed il movimento attrarra’, come alleati, nuove economie, come quella cinese, e l’Europa iniziaera’ a disunirsi;
- fase 6: definite “total confrontation”, periodo 2016-2020, lo Stato Islamico oramai stabilito formera’ un’Armata Islamica e provochera’ una Guerra globale tra credenti e miscredenti: nelle parole del giordano, “the world will realize the meaning of real terrorism”;
- fase 7: entro il 2020, la “definitive victory” sara’ ottenuta e con essa “the Islamic state will lead the human race once again to the shore of safety and the oasis of happiness”.
La prassi operativa.
La seconda ragione per la quale non ci dovremmo stupire e’ sotto il profilo prettamente operativo.
Il principale pensatore di riferimento e’ Abu Musaab al-Suri, nome de guerre del muhajir jihadista Mustafa Setmariam Nasar, nato ad Aleppo e autore di una serie di testi dottrinali di riferimento sulla strategia e prassi operativa che il movimento militante dovrebbe adottare.
Tra gli altri, al-Suri e’ l’autore del monumentale testo “Call for a Global Islamic Resistance”, composto di quasi 1600 pagine, iniziato nel 2002 quando il siriano era in Iran e pubblicato sul web nel dicembre 2004.
Dal punto di vista strategico, il teorico, dopo aver analizzato le cause delle sconfitte subite e degli errori commessi dal movimento nel corso di una revisione storica degli ingaggi passati, ha sviluppato una dottrina militante, definibile come “nizam la tanzim” cioe’ “sistema e non organizzazione”, che prevede l’impiego di cellule locali autonome, per mezzo della massima dispersione operativa e decentramento logistico che e’ attuato da piccole unita’ auto-supportate ed ispirate alle linee ideologiche e programmatiche del movimento militante.
Al fine di fornire una dettagliata e fedele picture della teoria, di seguito vengono riportati alcuni estratti della traduzione inglese del testo di al-Suri:
- “our secret organizations were militarily defeated in all the confrontations. Yes, we won many of the battles, but we lost the war in all the jihadi experiences and confrontations … Our secret organizations were defeated in terms of security, their cells were exposed and disbanded, and the attempts to build them were aborted. The security system of the enemy reached a level were even attempts to build cells were subjected to abortive strikes, before they were founded, or at their embryonic stage … The jihadi organizations also failed on the level of educating, preparing, and training their members for confrontation in the field of ideology, doctrine, program, security, as well as in the domain of politics and military expertise… except in limited cases. This was especially true after the start of the confrontations, because none of these secret organizations were able to complete the programs of preparation and building under the slogan ‘building through battle’, when the secrecy and the security conditions prevented that. In this way, the cadre and the supporters that had been formed through lengthy education were expended, and the level of education declined among the succeeding bases of cadre. This has happened in most of the experiences”;
- “if the methods of ‘the hierarchical, regional, secret organizations’ in confronting the local security regimes completely failed over the past decades, just imagine how much more we will fail in confronting the security apparatus of the New World Order, and the onset of the worldwide war to fight terrorism with all its security, military, ideological, political and economic means…?! This is no longer possible. Rather, if we insist on using these methods under the current circumstances, it is – in my opinion – like committing suicide and insisting on failure … The times have changed, and we must design a method of confrontation, which is in accordance with the standards of the present time. So, I repeat again… the main weakness is not in the structure of the secret organizations or their internal weaknesses, although they were underlying reasons. The main weakness is caused by the fundamental and revolutionary change of the times and the current premises, which has altered the course of history, the present, and consequently the future … we are able to summarize by saying that the experience on the Open Fronts is regarded as a successful method of confrontation, when compared with the methods of the regional, hierarchical and secret organizations, which failed completely on all levels”;
- “spontaneous operations performed by individuals and cells here and there over the whole world, without connection between them, have put the local and international intelligence apparatus in a state of confusion, as arresting the members of aborted cells does not influence the operational activities of others who are not connected to them. I have made use of this observation, to a large extent, when shaping the desired operational concept of the cells of the “Global Islamic Resistance Call”;
- “the issue of individual jihad was a great agitation success. It had great influence on awakening the spirit of jihad and resistance within the Islamic Nation, and it transformed unknown individuals … into becoming symbols of a nation. The crowds cheer their names, people’s thirst for revenge is satisfied, and a generation of youth dedicated to the Resistance follow their example”;
- “it is no longer possible to operate by the methods of the old model, through the ‘secret regional- hierarchical’ organizations, especially after the September 11th events and the onset of the American campaigns, where the great majority of the existing secret organizations were destroyed, and the conditions made it impossible and futile to establish other secret organizations after this model … We need to concentrate the research on the methods of the open fronts, and the methods of individual jihadi operational activity, along with the methods of total resistance in order to develop them, this in order to deduct a military and organizational theory which is suitable for the coming period. This by using methods whose benefit has been established. And those two are; operational activity at the open fronts, and secret resistance through individual jihad and small cells. Before we discuss these two methods, however, it is appropriate for us to turn our attention to an important matter, and that is the necessity of planting the idea of globalizing jihad in all fields … This is one of the axioms of the doctrine”;
- “in individual, secret jihad, the operational activity also takes place on a global and universal horizon. The horizons for this operational activity open up regardless of borders and countries … But any Muslim, who wants to participate in jihad and the Resistance, can participate in this battle against America in his country, or anywhere, which is perhaps hundreds of times more effective than what he is able to do if he arrived at the open area of confrontation”;
- “the jihad of individual or cell terrorism, using the methods of urban or rural guerilla warfare, is fundamental for exhausting the enemy and causing him to collapse and withdraw … The Open Front Jihad is fundamental for seizing control over land in order to liberate it, and establish Islamic law … The Individual Terrorism Jihad and guerilla warfare conducted by small cells, paves the way for the other kind, Open Front Jihad, aids and supports it. Without confrontation in the field and seizure of land, however, a state will not emerge for us. And this is the strategic goal for the Resistance project … That the basic axis of the Resistance’s military activity against America and her allies now, must lie within the framework of ‘light guerilla warfare’, ‘civilian terror‘ and secret methods, especially on the level of individual operations and small Resistance Units completely and totally separated from each other”;
- “how to participate in the Resistance in Open Front Jihad: In most Arab and Islamic countries, with their current political divisions and entities, the preconditions for Open Fronts are not present. In most cases, they are arenas suitable for Individual Terrorism Jihad, small units, and secret guerilla warfare, as a result of the dense presence of different American and allied interests, and of Western and Zionist hegemonic projects … Those mujahidin who want to contribute in open confrontations, must head for wherever the Fronts open up whenever they open. They must operate under the field leadership’s command, as long as it fulfills the minimum criteria of being a legitimate banner and legitimate jihad under the slogan of universal Islam and as long as it is in accordance with the principles of the Resistance, its ideology and jihadi doctrine”;
- “terrorizing the enemies is a religious duty … Allah has given clear orders in His book to terrorize His enemies … Yes, we are terrorists towards Allah’s enemies. We have already struck terror in them, and we have made them tremble in their holes, in spite of the hundreds of thousands of agents in their security agencies, and this happened after they terrorized the countries and mankind, and even put fear into the embryos in their mothers’ bellies”;
- “mass slaughter of the populations … is done by targeting human crowds in order to inflict maximum human losses. This is very easy since there are numerous such targets, such as crowded sports arenas, annual social events, large international exhibitions, crowded market-places, sky-scrapers, crowded buildings”.
Successivamente ad al-Suri, altri importanti rappresentanti del movimento salafita jihadista globale hanno espresso la loro visione in tema di individualizzazione della prassi militante:
- Abu Yahya Al-Libi ha spiegato il concetto di “individual jihad” come “a single person or small group of mujahideen carry out a military operation according to the laws of the shari’a…a one-man operation in the midst of the infidels’ territory may be much more effective – in terms of precision and choice of target – than dozens of operations on the battlefield”;
- Anwar Al-Awlaki, in relazione all’attacco condotto dal Maggiore Nidal Hasan a Fort Hood nel 2009, ha definito l’azione come un modello per i seguaci della prassi militante di AQ operanti in occidente;
- Attiyat Allah Al-Libi ha elogiato la tattica come una modalita’ per penetrare i ranghi del nemico e come atto compiuto da un eroico individuo contro un nemico numeroso;
- anche Adam Gadahn ha richiamato i seguaci di AQ nati in occidente ad abbracciare il jihad individuale e lanciare azioni nei loro paesi nativi.
L’iper-radicalizzazione e jihadizzazione da parte di singoli individui che agiscono riconoscendosi nell’ideologia militante trova nelle piattaforme digitali la fonte da cui poter attingere linfa vitale: la nuova generazione di combattenti ha maggiori possibilita’ di reclutamento, propaganda e pianificazione di quella della AQ 1.0, che trovava nei sermoni svolti nelle moschee o nelle videocassette provenienti dai teatri di jihad la fonte motivazionale o ideologica; ma anche di quella della generazione AQ 2.0, che si affidava a blog o forum – anche clandestini – per far circolare il messaggio propagandistico. L’attuale generazione di jihadisti 3.0, sfruttando i vari social media presenti nelle moderne strutture di IT, sta ponendo in prassi la visione avanzata da Abu Musab al-Suri quasi un ventennio fa.
Come riportato, i due macro-fattori consentono di ritenere che l’attuale periodo sia da interpretare come l’implementazione della visone strategica di lungo termine che la struttura globale del salafismo jihadista militante aveva delineato gia’ agli inizi del 2000 per mezzo dell’attuazione di prassi operative che spingono verso l’isolazionismo dell’azione militante, l’opportunismo del target e dello strumento di combattimento.