Non esiste terrore che non sia mitigato da qualche grande idea morale – Jean-Luc Godard.
Nel corso degli ultimi dieci anni è stato possibile rilevare l’emergere di diverse forme di mobilitazione popolare e movimenti di opinione. Da Occupy Wall Street ai Gilet Gialli, gruppi di interesse e mobilitazioni hanno presentato caratteristiche anche molto diverse tra loro per scopi e metodi: anche il progresso tecnologico ha contribuito, su più livelli, a trasformare il modo di manifestare e di impegnarsi per la propria causa.
La base di queste iniziative rimane in ogni caso la trasmissione del proprio messaggio per raggiungere i propri scopi, tramite azione e/o comunicazione[1]. Quest’ultima, in particolare, sta assurgendo a un ruolo principe grazie anche alla grande mediatizzazione delle nostre società: Stato Islamico ha combattuto – e tuttora combatte – una guerra di propaganda che più di una volta lo ha visto in vantaggio grazie ad un sapiente utilizzo di tecniche comunicative. Nell’ambito delle democrazie, la comunicazione può essere anche e soprattutto un utile strumento a disposizione di cause ritenute legittime, se sostenute entro il perimetro della legalità: la tutela dell’ambiente e della cultura, le manifestazioni per condizioni lavorative più eque, l’opposizione politica – solo per citarne alcune.
È imperativo tuttavia considerare come la scelta di temi e termini non possa essere neutrale o meno soggetta a pericoli in base alle cause cui ci si è votati: la polarizzazione delle narrative può contribuire infatti alla deriva o evoluzione delle posizioni iniziali verso iniziative illegali o violente.
Adottare retoriche polarizzanti, beninteso, non comporta di base una deriva estremista o violenta: è tuttavia possibile che l’impiego a oltranza di tali narrative possa contribuire alla formazione di un ecosistema volatile, un sostrato ideologico-culturale manipolabile e potenzialmente più vulnerabile a derive estremiste e radicali. Parimenti, soggetti già radicalizzati o propensi a considerare azioni come quelle descritte potrebbero trovare in tali retoriche una giustificazione e/o un elemento di innesco. Tali rischi sono ormai ampiamente riconosciuti: citando la Radicalisation Awareness Network (RAN), “(…) Exposure to extremist propaganda –both online and offline –is critical to the process of radicalisation[2]”; allo stesso modo, messaggi radicali veicolati da uno o più gruppi di appartenenza[3] possono innescare il passaggio successivo, dalla radicalizzazione alla violenza[4].
Il pericolo delle prossimità retoriche
Negli ultimi anni e in particolare nel contesto europeo, diversi temi comunicativi impiegati da alcune tipologie di gruppi sono sembrati evidenziare alcune prossimità nelle rispettive retoriche, a prescindere dalle sostanziali differenze di cause e obiettivi finali. Tali tipologie sono state selezionate all’interno delle matrici del jihadismo, dell’”identitarismo” e dell’ecologismo[5].
Matrice | Vittime | Autorità “nemiche” | Obiettivo della difesa | Urgenza |
Jihadista | “Veri credenti”[6] | Tiranni, corrotti o ipocriti[7] | Difendere Dar-al-Islam[8] | Frasi estrapolate da testi religiosi; “Join us, because one day may come when the borders will be closed and you will be left only with tears and regret[9]” |
Ecologista | Pianeta Terra e popolazione mondiale[10] | Sistema politico-economico inetto o predatorio[11] | “Defend life itself”[12] | Only 11 years to save the planet[13] |
Identitaria | Identità[14] | “Generazione ‘68”[15] | “Defend Europe[16]” | “[…] Almost complete destruction of European societies in a matter of decades”[17] |
L’identificazione di un gruppo-vittima e la necessità di proteggerlo, l’imperativo ad agire con forza e soprattutto con urgenza, l’additare “la classe politica” come nemica/traditrice (pur a livelli diversi) sono solo alcuni dei temi che paiono richiamarsi. Visioni semi-manichee non nuove, ma che possono riproporsi secondo modalità innovative. A prescindere dall’ideologia quindi è possibile individuare percorsi retorici comuni a diverse correnti, quasi una struttura ad albero per la quale cause (radici) e obiettivi finali (rami) possono essere molto distanti tra loro ma con alcuni percorsi narrativi (tronco) ravvicinati o addirittura sovrapposti.
Responsabilità personale e centralità dell’azione
Comunicazione e azione sono due elementi intrecciati e in grado di alimentarsi reciprocamente in modo esponenziale[18]. In merito a questo legame, due temi comunicativi emergono in modo particolare: il concetto di responsabilità e la centralità dell’azione.
Matrice | Responsabilità e Azione |
Jihadista | “Jihad, in our time, is an obligation on every individual”[19] |
Ecologista | “It is therefore not only our right, but our moral duty to bypass the government’s inaction and flagrant dereliction of duty, and to rebel to defend life itself.”[20] |
Identitaria | “Just as a doctor has responsibility to his patients, a teacher to his students, a parent to his or her children, so we (…) have a responsibility to history.”[21] |
L’interiorizzazione della causa potrebbe condurre a percepire una responsabilità individuale da cui scaturirebbe la necessità, “l’imperativo morale” ad agire. Il binomio devozione alla causa-necessità di azione, sebbene di certo non nuovo, potrebbe ora trovare terreno fertile all’interno di movimenti o gruppi di interesse secondo declinazioni potenzialmente radicali, soprattutto nel contesto europeo e soprattutto tra i giovani, proprio in virtù del reiterarsi di narrative polarizzate. Alcune delle motivazioni che hanno mosso molti giovani europei a diventare dei foreign fighters per Stato Islamico sono state la ricerca di un senso e la responsabilità/necessità individuale di agire al più presto; l’operazione Defend Europe nel Mediterraneo e sulle Alpi tra Italia e Francia può essere letto come il risultato della volontà di mettersi in prima linea; le iniziative del gruppo Extintion Rebellion e gli scioperi per il clima di Fridays for Future (con le rispettive differenze) poggiano sul caposaldo dell’azione urgente. Si potrebbe quasi ritenere che ci si stia dirigendo vero un “nuovo ’68 a pezzi”, parafrasando una nota dichiarazione del Pontefice Francesco I. “A pezzi” non in termini quantitativi ma qualitativi, con numerose spinte che in modo diverso sembrano convogliare la propria comunicazione verso il collo di bottiglia delle retoriche polarizzate. Di nuovo, non si tratta di estrapolare parole e azioni dai contesti per forzare un confronto – i contesti narrativi comuni nei quali le frasi riportate si calano sono infatti quelli di “lotta” o addirittura “guerra”[22]. Né si intende operare un’inesistente uguaglianza tra le tre matrici presentate come esempio. Ciò che importa (e deve importare) nell’analizzare le narrative di queste spinte sociali è capirne i meccanismi, valutarne le possibili implicazioni per la sicurezza e cercare di prevenire l’insorgere di problematiche prima che diventino tali.
Brenton Tarrant: a “mali” estremi, estremi rimedi?
Poco prima di attuare il suo attacco in due moschee a Christchurch in Nuova Zelanda, Branton Tarrant ha diffuso un proprio manifesto su Internet. La copertina di questo documento mostra, tra i raggi della “ruota solare”, alcuni dei temi trattati al suo interno: ambientalismo, diritti dei lavoratori, mercati responsabili, legge e ordine, anti-imperialismo e così discorrendo. Temi molto diversi che avremmo potuto trovare all’interno di documenti afferenti ad altre realtà ideologiche nella loro rispettiva specificità. Eppure, in questo caso ognuno costituisce una tessera funzionale del delirante “mosaico ideologico” di Tarrant. Il punto di interesse infatti non è a quale determinata causa specifica si sia votato, ma che il terrorista sembri essersi ispirato a una molteplicità di cause, ognuna vista a livello radicale: si potrebbe definire una ibridazione di ideologie a livello radicale.
Nella sua auto-intervista, ad esempio, Tarrant scrive: “Why focus on immigration and birth rates when climate change is such a huge issue? Because they are the same issue, the environment is being destroyed by over population, we Europeans are one of the groups that are not overpopulating the world. The invaders are the ones over populating the world”[23](enfasi aggiunta). Nè mancano all’interno del documento altri esempi simili.
Anche in questo caso, inoltre, vi sono riferimenti all’azione e al tempo: “We must inevitably correct the disaster of hedonistic, nihilistic individualism. But it will take take some time, time we do not have due to the crisis of mass immigration. […] Make your plans, get training, form alliances, get equipped and then act. The time for meekness has long since passed, the time for a political solution has long since passed[24]” (enfasi aggiunte).
Tarrant ovviamente è un solo individuo e non sembra essere portavoce di un gruppo più ampio, pertanto viene qui presentato per via della sua comunicazione e non in raffronto ai gruppi sopracitati. Il pericolo del moltiplicarsi non solo di singolarità radicali dal punto di vista ideologico ma anche di ibridazioni estremiste funzionali a una distorta visione del mondo è quindi una eventualità, soprattutto considerando il pericolo di emulazione, consolidamento ed evoluzione dei modi operandi come già osservato con “l’eredità di Stato Islamico”.
Note finali
Bisogna quindi interrogarsi su come una tale prossimità di narrative tra cause anche molto distanti tra loro sia possibile.
- Da un lato potrebbe trattarsi di un semplice fenomeno di marketing: alcuni temi possono essere usati come leve emozionali per creare un bisogno e/o identificare un nemico, così come spronare ad agire, meglio di altri. Il metodo non è dissimile da come la pubblicità crea o suggerisce bisogni ai consumatori. Per quanto riguarda gli strumenti, la mediatizzazione delle società permette una diffusione celere dei messaggi e un loro mantenimento in modo pervasivo grazie alla iperconnessione dei vari dispositivi;
- Dall’altro è possibile che narrative e modalità dei diversi gruppi esaminati siano il frutto di una cultura nascente o di una nuova strategia di manifestazione, soprattutto in Europa e soprattutto da parte di giovani, che trovano cause per cui combattere e mezzi per lottare nuovi e diversi rispetto ad altri fenomeni simili o passati.
Quali che siano le cause, è imperativo che gli stessi gruppi che utilizzino tali retoriche pongano con forza al bando ogni attività potenzialmente violenta. La non-violenza può essere efficace[25], ma deve trovare riscontro coerente anche sul campo[26]: questo è tanto più importante per quei gruppi meno gerarchizzati e quindi con maglie di controllo interno probabilmente meno rigide, in modo che frange estremiste, infiltrati o “schegge impazzite” non ne compromettano l’immagine indebolendo la causa stessa. Due esempi su tutti sono i casseurs tra i Gilet Gialli, nonché i fatti di Tolosa dell’8 maggio quando un ragazzo ha rapito quattro donne durante una rapina dichiarandosi “il braccio armato” del gruppo[27].
Riguardo al ruolo della politica, è necessario che le autorità competenti e i media valutino con la dovuta attenzione l’esporsi benevolmente a priori o dare concessioni a determinati gruppi, specialmente quando questi utilizzino comunicazione polarizzate. I Gilet Gialli hanno ottenuto alcune concessioni dal Governo francese[28], nonostante il gran numero di azioni illegali imputatigli[29]; Extintion Rebellion, in sinergia con altri gruppi, ha ottenuto la dichiarazione di “emergenza climatica” da parte del Parliament britannico entro due settimane dall’inizio della “ribellione”[30] durante la quale sono state arrestate 1130 persone in dieci giorni[31], è avvenuto il blocco di diversi snodi logistici della città di Londra (e nel mondo) oltre in alcuni casi danni diretti alle proprietà[32]. La sensazione che potrebbe derivarne è quella che impiegare tali azioni porti maggiori e più rapidi risultati rispetto a vie più ortodosse ma incontrovertibilmente legali, con tutti i rischi che ne derivano. È inoltre necessario impiegare al più presto, e al più basso livello possibile, attività di prevenzione all’interno di tali spinte. Risulterebbe infatti poco efficace concentrare sforzi verso l’estremismo religioso o di colore politico, mentre altre dirompenti spinte sociali corrono il rischio di deragliare, essere manipolate od offrire inconsapevolmente copertura ad alcune forme di estremismo violento.
[1] Come si sottolineerà più avanti, la demarcazione tra le due è soggetta nelle nostre società mediatizzate a una continua ibridazione.
[2] Radicalisation Awareness Network, Counter Narratives and Alternative Narratives, 01/10/2015, https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/networks/radicalisation_awareness_network/ran-papers/docs/issue_paper_cn_oct2015_en.pdf
[3] Effettiva o percepita, come nel caso di azioni “ispirate”.
[4] Canada Centre for Community Engagement and Prevention of Violence, National Strategy on Countering Radicalization to Violence, 2018, https://www.publicsafety.gc.ca/cnt/rsrcs/pblctns/ntnl-strtg-cntrng-rdclztn-vlnc/ntnl-strtg-cntrng-rdclztn-vlnc-en.pdf
[5] La scelta di queste tipologie di gruppi è dovuta al loro essere espressioni di fenomeni (o loro declinazioni) tra i più significativi negli ultimi anni, in particolare tra i giovani e nel contesto europeo. Iniziato come un confronto tra la comunicazione jihadista violenta e una determinata retorica identitaria, lo studio – ancora in corso – ha voluto includere il recente e dirompente fenomeno della “nuova ecologia”, emerso alla fine del 2018, in virtù delle prossimità retoriche evidenziate. Si sottolinea nuovamente come il focus non riguardi i fenomeni in sé ma l’adozione a oltranza di determinate retoriche polarizzate e i rischi che ne conseguono.
[6] Si rimarca che professare la religione musulmana non implica per i jihadisti l’appartenenza ai “veri credenti”. A testimonianza di questo si segnalano le diverse professioni all’interno dell’Islam, come i Sufi o gli Sciiti, spesso vittime di attacchi in quanto ritenute eretiche.
[7] Identificati di volta in volta con diversi termini in base all’individuo o al gruppo e con significati diversi: taghut, mushrik, munafiqun e così discorrendo. Tema frequentemente utilizzato anche in numerosi discorsi di Aymann al-Zawahiri, leader di al-Qaeda, come pure da Stato Islamico.
[8] “La terra dell’Islam”. Anche questo tema è stato ampiamente sfruttato sia da Stato Islamico che da al-Qaeda.
[9] Abu Osama al-Faransi, “What are you waiting for?”, al-Hayat Media Center, novembre 2014
[10] Extintion Rebellion, A Declaration of International Non-Violent Rebellion Against the World’s Governments for Criminal Inaction on the Ecological Crisis, aprile 2019, chrome-extension://oemmndcbldboiebfnladdacbdfmadadm/https://static1.squarespace.com/static/5bda9184c3c16a86b3c38cc5/t/5bdbbca0575d1f7287ffa8b6/1541127328235/A+Declaration+of+International+Non-Violent+Rebellion+Against+the+World%E2%80%99s+Governments+for+Criminal+Inaction+on+the+Ecological+Crisis.pdf
[11] ibidem
[12] Matthew Taylor, ‘We have a duty to act’: hundreds ready to go to jail over climate crisis,The Guardian, 26/10/2018, https://www.theguardian.com/environment/2018/oct/26/we-have-a-duty-to-act-hundreds-ready-to-go-to-jail-over-climate-crisis
[13] Dal sito ufficiale italiano di Fridays for Future: https://www.fridaysforfuture.it/
[14] Dal sito di Generazione Identitaria – Italia: https://generazione-identitaria.com/identita/
[15] Dalla “Dicharazione di guerra” di Génération Identitaire: https://generationidentitaire.org/presentation-eng/
[16] Dal sito di Generation Identity: https://www.generation-identity.co/mission-defend-europe/
[17] Dal sito di Generation Identity – United Kingdom and Ireland: https://www.generation-identity.org.uk/faqs/
[18] Daniele Plebani, L’eredità operativa di Stato Islamico: dall’open source jihad all’open source extremism, Sicurezza, Terrorismo e Società, 2018, chrome-extension://oemmndcbldboiebfnladdacbdfmadadm/http://www.sicurezzaterrorismosocieta.it/wp-content/uploads/2018/11/Daniele-Plebani-L%E2%80%99eredit%C3%A0-operativa-di-Stato-Islamico_dall%E2%80%99open-source-jihad-all%E2%80%99open-source-extremism.pdf
[19] https://www.longwarjournal.org/wp-content/uploads/2019/03/19-03-18-He-Was-True-to-Allah-Shaykh-Abul-Hasan-Muhajir-EN.pdf
[20] Lettera aperta di alcuni accademici in favore di Extintion Rebellion: https://www.theguardian.com/environment/2018/oct/26/facts-about-our-ecological-crisis-are-incontrovertible-we-must-take-action
[21] Markus Willinger, Generation Identity, Arktos, 2013, p 73.
[22] Uno dei manifesti identitari si chiama infatti “Dichiarazione di guerra”; la lotta al cambiamento climatico è ormai uno slogan. Il pericolo risiede quindi in una interiorizzazione letterale di tali retoriche e l’eventuale traduzione pratica.
[23] Intitolato “The Great Replacement”.
[24] ibidem
[25] Il tema è stato trattato ampiamente e non manca un’estesa letteratura a riguardo. si veda ad esempio Mark Kurlansky, Un’idea pericolosa: storia della nonviolenza, Mondadori, 2007.
[26] Sebbene sostenga di basarsi sulla non-violenza, Extintion Rebellion ad esempio si è resa protagonista ed ha rivendicato diverse azioni illegali. Dall’account Twitter principale del gruppo: “XR Activists continue to cause criminal damage at @shell building in London to make them “look dirty” and highlight their ecocidal practices. At least 4 arrested, 2 glued on to cracked windows”, 15/4/2019, https://twitter.com/ExtinctionR/status/1117772979096702976
[27] Corriere della Sera, Tolosa, arrestato il sequestratore 17enne: «Sono milizia dei gilet gialli», 8/5/2019, https://www.corriere.it/esteri/19_maggio_07/tolosa-persone-prese-ostaggio-un-uomo-armato-a57b923c-70dc-11e9-90e5-1aa1d5fb0bf8.shtml?refresh_ce-cp
[28] BBC, France’s Macron responds to yellow vests with promise of reforms, 25/04/2019, https://www.bbc.com/news/world-europe-48059063
[29] RFI, French banks angry over Yellow Vest losses and damages, 31/03/2019, http://en.rfi.fr/france/20190330-french-banks-angry-over-yellow-vest-losses-and-damages; BBC, Yellow vest protests: Paris police sacked, rally bans planned, 18/03/2019, https://www.bbc.com/news/world-europe-47609978. Si rimarca che la paternità di tali azioni violente o vandaliche non sia imputabile direttamente al movimento, tuttavia è proprio la mancanza di controllo che sembra far ricadere la responsabilità su tutto il gruppo dal punto di vista mediatico.
[30] BBC, UK Parliament declares climate change emergency, 01/05/2019, https://www.bbc.com/news/uk-politics-48126677?intlink_from_url=https://www.bbc.com/news/topics/c344m14wgy7t/extinction-rebellion&link_location=live-reporting-story
[31] BBC, Extinction Rebellion Protests: What happened?, 25/04/2019, https://www.bbc.com/news/uk-england-48051776
[32] ivi