L’attentato islamista di domenica 23 giugno in Daghestan ha causato la morte di 15 appartenenti alle forze di sicurezza (Polizia e Guardia Nazionale), due civili (tra cui il sacerdote Nicolai Kotelnikov, sgozzato dai terroristi), oltre al ferimento di una trentina di persone.
Sei dei terroristi sono stati eliminati mentre un numero ancora imprecisato di autori e fiancheggiatori è stato arrestato. Questo in quanto le operazioni antiterrorismo sono ancora in corso nell’area centro-meridionale della repubblica daghestana.
Inizialmente si pensava che l’attacco fosse primariamente indirizzato nei confronti delle comunità cristiane ed ebraiche locali in quanto i terroristi avevano attaccato una chiesa ortodossa a Makhachkala ed un’altra, assieme a una sinagoga, a Derbent. Il luogo di culto ebraico veniva tra l’altro distrutto da un incendio scoppiato in seguito all’attacco.
Fonti locali hanno però evidenziato che gli attacchi nei confronti dei tre luoghi di culto “sono serviti da esca” per far accorrere e dunque colpire le forze di polizia in transito verso i siti inizialmente bersagliati. Si tratterebbe di una tattica usata con una certa frequenza dal terrorismo islamista.
Effettivamente ci sono due fattori che confermano tale ipotesi: in primis l’elevato numero di agenti rimasti uccisi (15); vi sono del resto diversi filmati che mostrano i terroristi che attaccano esclusivamente i mezzi della polizia. E’ bene tenere a mente che gli attacchi nei confronti delle forze di sicurezza sono da decenni un modus operandi tipico del terrorismo di matrice islamista nel Caucaso settentrionale (sia l’Emirato del Caucaso che le jamaat legate all’ISIS).
In secondo luogo, sempre secondo fonti locali, la domenica la sinagoga risulta generalmente non attiva ed anche le chiese tendono ad essere più gremite al mattino piuttosto che al pomeriggio-sera, quando è invece stato perpetrato l’attacco; altrimenti il numero di vittime sarebbe sicuramente risultato più elevato.
I nomi dei sei terroristi eliminati sono:
- Dalgat Daudov, 42
- Abdusamad Amadziev, 32
- Osman Omarov, 31
- Adil Omarov, 37
- Ali Zakarigaev, 36
- Gadzhimurad Kagirov, 28
Va evidenziato che nessuno dei terroristi era noto alle forze di sicurezza come “estremista” o legato ad ambienti “wahhabiti” (termine spesso utilizzato nell’area del Caucaso settentrionale per indicare la galassia islamista dedita al terrorismo). Ali Zakarigaev ha addirittura ricoperto la carica di presidente del Consiglio del ramo del partito “A Just Russia” nel distretto di Sergokalinsky.
Gadzhimurad Kagirov era invece un noto lottatore di MMA membro del team “Eagles MMA”, fondata dal campione internazionale Khabib Nurmagomedov.
I due leader del gruppo terrorista sono stati identificati in Osman e Adil Omarov, figli del governatore del distretto di Sergokalinsky, Magomed Omarov, il quale ha subito rassegnato le dimissioni prima di venire arrestato dal FSB e accusato di favoreggiamento.
I fratelli Omarov erano impegnati nel settore dell’edilizia a Makhachkala. Osman, indicato dalle autorità come capo della banda, era sposato con una “vedova nera” del terrorismo islamista daghestano, ovvero Batyrkhanova Zariat Abdulgasanovna, vedova del leader jihadista “Emir” Musaev, anche noto come “emiro di Makhachkala” (Musaev Murad Musaevich, eliminato il 24 aprile 2015 dalle forze di sicurezza). La donna figura nella “black list” dei ricercati federali; nel 2014 era stata condannata a 2 anni e 6 mesi di reclusione con applicazione sospesa fino al compimento del quattordicesimo anno di età del figlio.
Fonti mediatiche locali indicano che diversi degli attentatori provenivano dalla zona di Karabudakhkent, notoriamente conosciuta per l’attivismo islamista radicale di stampo Wahhabita.
Tra il 2014 e il 2016 il FSB aveva operato costantemente nell’area eliminando numerose cellule jihadiste e recuperando una vasta quantità di armi ed esplosivi. Tra la prima e la seconda decade del 2000, la zona di Karabudakhkent fu inoltre roccaforte per leader del terrorismo islamista del Caucaso come Abdulgapur Zakaryaev e Magomedali Vagabov.
Nessuna rivendicazione ufficiale e credibile è fino adesso arrivata ai media, ma i terroristi sono stati elogiati da elementi in lingua russa del centro mediatico non ufficiale dello Stato islamico, Al-Azaim, che recentemente ha lanciato un appello per attacchi in Russia.
Secondo il FSB e il Consiglio per la Sicurezza Nazionale, nel 2023 sono stati 16 gli attacchi sventati nel Caucaso settentrionale. Da inizio 2024 le vittime di azioni legate al terrorismo e controterrorismo in Caucaso settentrionale sono progressivamente aumentate, passando dallo zero di gennaio alle undici di aprile 2024 (dati Kavkaz Uzel).
Un elemento da evidenziare riguarda la facilità con la quale l’ideologia islamista radicale è stavolta riuscita a far breccia in ambienti non socio-economicamente disagiati, ma al contrario, tra giovani legati alla classe dirigente locale. Un aspetto che non può non preoccupare le istituzioni daghestane, da tempo impegnate in campagne di deradicalizzazione ed ecumenismo. Gli attentati hanno sconvolto l’opinione pubblica daghestana e sono stati annunciati tre giorni di lutto nazionale.