L’attacco terroristico che ieri notte ha colpito l’hotel Splendid, il Cappuccino cafè e l’hotel Yibi nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, mediante operazioni di hostages taking, assalti con armi leggere e deflagrazioni, i cui effetti sono ancora in fase di accertamento, sottolinea alcuni elementi interessanti che è necessario inserire all’interno di una analisi olistica della minaccia terroristica.
Al Qaeda non è più silente e non dobbiamo dimenticarla: la rivendicazione di Al Qaeda in Maghreb (AQIM), mediante il battaglione Murabitun, degli eventi di ieri notte in Burkina, è l’ultima di una serie di attività che hanno caratterizzato questi ultimi giorni il riappropiarsi della scana da parte del brand di AQ. Ben tre messaggi rilasciati da Al Zawahiri in un giorno (13 Gennaio), rispettivamente all’Indonesia: “The Sun of Victory Shines from Nusantara”, all’Arabia Saudita: “Aal Saud: Killers of the Mujahidin” e all’area siriana: “al-Sham is Entrusted upon your Neck”; e il messaggio di minaccia, diretto anche all’Italia e relativo alla realtà libica, rilasciato lo stesso giorno da AQIM, dimostrano la volontà dei qaedisti di tornare rimettersi al centro del conflitto che coinvolge le diverse compagini del terrorismo Anche se Daesh è oggi più “famoso”, facoltoso e operativo, considerarlo come l’unica vera minaccia del panorama terroristico internazionale sarebbe un grave errore.
Target e contesto operativo: anche in Burkina Faso l’obiettivo colpito è il turismo internazionale, in una zona della città principalmente frequentata da stranieri, uomini d’affari e personale ONU. Questo tipo di target, ipotizzando la responsabilità qaedista dell’azione, risulta essere doppiamente conveniente: da una parte è un settore critico e permette di attaccare il nemico lontano (far enemy), come dimostra la rivendicazione AQIM una “vendetta contro la Francia e i miscredenti occidentali”, ossia il bersaglio prediletto dell’organizzazione guidata da Al Zawahiri (almeno sul piano ideologico), mentre dall’altra risulta essere facilmente accessibile, vista l’instabilità politica che tormenta il Burkina dall’ottobre 2014, basti pensare che il nuovo governo nazionale si è insediato solo mercoledì scorso, a seguito dell’elezione, a novembre, del nuovo presidente Roch Marc Kabore. La strategia opportunista del terrorismo trova facile sviluppo proprio nei contesti di instabilità cronica, che offrono le maggior vulnerabilità.
Contesto regionale: il nord Africa e la parte più occidentale dell’Africa sub sahariana sono caratterizzate da una forte instabilità politica, che è una delle principali responsabili dell’insediamento e sviluppo regionale delle milizie jihadiste, una galassia che risulta essere davvero molto vasta e pericolosamente attiva nei vari territori di influenza, con riferimenti sia qaedisti che leali a Daesh (traparentesi l’affiliazione dichiarata ad AQ o IS)
Egitto
Ajnad Misr (AQ)
Jamaat Ansar Bait Al-Maqdis (IS)
Jund Al-Khilafah in Egypt (IS)
Mujahideen Shura Council in the Environs of Jerusalem (MSCJ) (IS)
Sahel
Kenya
MYC (AQ)
al Hijrna (AQ)
Somalia
Al Shabaab (AQ)
Libia
Islamic State Libya (Darnah) (IS)
AQIM (AQ)
Nigeria, Niger, Ciad, Camerun
Algeria
Al-Huda Battalion in Maghreb of Islam (IS)
The Soldiers of the Caliphate in Algeria (IS)
Sudan
Al-l’Tisam of the Koran and Sunnah (IS)
Tunisia
Okba Ibn Nafaa Battalion (IS)
Jund Al-Khilafah in Tunisia (IS)
Mujahideen of Tunisia of Kairouan (IS)
Alleanze: nonostante la scomunica di Daesh da parte del leader di AQ, Al Zawahiri, durante il confitto aperto con Al Nusra, i rapporti fra le due organizzazioni jihadiste sono più complessi: ufficialmente le relazioni sono chiuse e i due gruppi si considerano rivali, mentre, non ufficialmente, la possibilità di collaborazione rappresenta un’opzione che si tende a voler mantenere aperta da entrambe le parti. Non possiamo dimenticare che benché sia a livello ideologico sia a livello di obiettivi dichiarati, AQ e Daesh presentino alcuni punti di frizione, gli interessi comuni, anche nel lungo periodo, rimangono molti. Ma è nel breve periodo che la collaborazione potrebbe portare i migliori benefici, specialmente oggi che il bisogno continuo di combattenti e di perpetrare attacchi è estremamente urgente. Un caso in particolare risulta essere esemplificativo della complessità relazionale descritta: Al Shabaab, un potente gruppo di matrice qaedista attivo in Somalia.
Nell’ estate del 2015 gli analisti davano l’alleanza fra il gruppo somalo e il califfato nero come inevitabile, una questione di poche settimane. Ma venne il silenzio fino allo scorso 11 Dicembre, quando un canale mediatico dello stato islamico pubblica questo messaggio “Surely this is the Treachery of Al-Shabaab leaders” scomunicando i leader di Shabaab e incolpandoli di aver ordinato l’assassinio, eseguito da alcune spie, di un emissario del califfo.
La collaborazione sembrava inevitabilmente compromessa ma, la recente notizia relativa al passaggio di alcune branche dei miliziani somali dalla parte di Daesh, tra i quali al-Shabaab Jubba Region Cell Bashir Abu Numan lo scorso dicembre, risulta essere di particolare interesse.
Una futura co-operazione fra Al Qaeda e lo stato islamico, sulla base del celeberrimo assunto “il nemico del mio nemico è mio amico”, non è da escludere, specialmente se l’abilità diplomatica di entrambe le parti è alta e l’ambito obiettivo, che potrebbe essere raggiunto, riguarda la diffusione nel nemico della percezione di essere sotto un attacco globale. Una percezione che si diffonde dopo le recenti operazioni al Cairo, Istanbul, Giacarta, Ouagadougou e…..