La situazione in Bangladesh non si è ancora conclusa. L’attacco, perpetrato da un commando islamista che ha fatto irruzione in un bar-ristorante di Dacca, la capitale del Bangladesh, nell’ultimo venerdì di Ramadan è la conseguenza della situazione che interessa la regione obiettivo della penetrazione del Daesh, rafforzato nella propaganda recente, e di una strategia nella scelta di target e modus operandi ormai nota.
La regione
Il Bangladesh è una regione da tempo al centro dell’interesse del Daesh che la vuole come sua provincia e verso la quale, seppure non abbia mai negato le mire non ha nemmeno omesso di evidenziare le resistenze ad una penetrazione massiccia del territorio. Tre sono i principali gruppi terroristici attivi nella zona: Jamaat-ul-Myujahideen, che nella zona dal 1998 ha cercato di istituire uno stato islamico; Ansar Ullah Bangla Team, che scomparsa per un certo periodo per mancanza di finanziamenti, riappare attivo dal 2013 con l’intento di radicalizzare le giovani generazioni locali abili comunicatori e sfruttatori delle nuove tecnologie di comunicazione, e Jamaat-e-Islami Bangladesh, che raccoglie la maggioranza sunnita del paese ed è la più potente tra le tre godendo di copiosi finanziamenti provenienti anche da Al-Qaeda e dalla quale un piccolo gruppo di giovani si sarebbe unito al Daesh. La questione della rivendicazione, reclamata in primis da Ansar al Islam, più vicina ad Al Qaeda che non al Daesh, ma poi riportata anche dall’agenzia A’Maq del califfato denota quanto la situazione nella regione sia difficilmente valutabile secondo i parametri delle classiche alleanze o affiliazioni.
La propaganda
Il Daesh ha recentemente dedicato grandi sforzi per diffondere messaggi mirati a attrarre l’attenzione sulla regione e a promuovere la radicalizzazione dei locali. Più recentemente, solo ieri, data del secondo anniversario della proclamazione del Daesh, il Bangladesh compare in un volantino che elenca le aree controllate dal califfato come una delle zone nelle quali il Daesh dispone di unità sotto copertura affiliate alla causa.
La più autorevole rivista del Daesh Dabiq, nella sua quattordicesima edizione pubblicata lo scorso aprile, ospita un’ampia sezione dedicata alla situazione del Bangladesh. Alle parole dell’emiro Shayk Abu Ibrahim al-Hanif è accompagnata la narrazione del viaggio di Abu Jandal al-Bangali per raggiungere i territori sotto controllo dal Daesh per arruolarsi ed addestrarsi. L’emiro confessa che la realtà sfaccettata delle confessioni religiose della regione, specie di quella musulmana, rende difficoltosa la penetrazione della propaganda di reclutamento ma aggiunge chiaramente che il Bangladesh resta il Paese chiave per connettersi al Khorasan attraverso la penetrazione in Myanmar e India. Sempre all’interno della rivista trovano poi spazio, tra gli attacchi che vengono raccolti e propagandati, quelli che nella regione hanno visto come vittime singoli individui, in particolare un prete e un uomo d’affari hindu.
Il modus operandi
Ancora si conferma il fatto che il terrorismo sia comunicazione. La scelta del target è in linea con quelle che hanno contraddistinto gli attacchi più noti del Daesh che hanno visto colpiti i luoghi del divertimento e dell’aggregazione, quelli che mediaticamente rendono più efficace la campagna di promozione del terrore. Come era accaduto in occasione dell’attacco all’hotel Splendid in Burkina Faso il 15 gennaio scorso, il commando avrebbe agito mediante operazioni di presa di ostaggi, assalti con armi leggere e deflagrazioni. L’analisi necessita di avere ulteriori informazioni che saranno disponibili solo nelle prossime ore ma quello che è certo è la strategia, già più volte sottolineate, di scelta di obiettivi difficilmente securizzabili e che prevedono la presenza di persone di nazionalità diverse per ottenere maggior risonanza mediatica.