Londra, Glasgow, Marib: gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio 2007 sono resi drammatici e tragici da alcuni attacchi terroristici sventati, riusciti parzialmente e riusciti come previsto. Che cosa sta accadendo? ITSTIME – Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies, che in Università Cattolica studia il terrorismo, propone una lettura che sembra confermare le analisi condotte in questi anni.
Londra, Glasgow, Marib: gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio 2007 sono resi drammatici e tragici da alcuni attacchi terroristici sventati, riusciti parzialmente e riusciti come previsto.
Che cosa sta accadendo? ITSTIME – Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (www.itstime.it) , che in Università Cattolica studia il terrorismo, propone una lettura che sembra confermare le analisi condotte in questi anni.
Londra e Glasgow 2007 si pongono in linea con le bombe del luglio 2005: la rete degli imitatori qaedisti è diffusa in numerosi strati della società britannica, con una certa indifferenza di ceto, una forte comunità etnica, una sicura appartenenza religiosa. Come pronosticato il brand in frachising di al Qaeda diventa una relazione paradossalmente forte tra una cultura laica e secolarizzata e una cultura integralista e fanatica islamista: è facile appropriarsene perché i diritti si pagano con l’azione che trova ragione già nella scelta del brand, insomma è un circolo chiuso. Se poi tale adesione è il risultato di un mancato processo di integrazione dell’occidente, allora dopo il 2007 appare ancora più chiaro come neppure il lavoro sia la chiave per favorire tali processi di integrazione: gli appartenenti al gruppo Londra/Glasgow, infatti, sono medici e professionisti. Persone apparentemente “arrivate”. In questa prospettiva, si deve pensare che i legami organizzativi e formativi con la casa madre siano recisi, comunque deboli: ai leader spetta l’indirizzo generale e agli aderenti imitatori l’azione, anche con strategie e mezzi improvvisati. Tutto ciò ha un risultato drammatico: un evento Nine Eleven è meno probabile, ma al contrario l’attacco a soft target, sorta di bersagli di secondo livello meno sorvegliati (l’entrata dell’aeroporto), può diventare frequente in un contesto di elevata imprevedibilità dovuta alla difficoltà a intercettare canali comunicativi formali: ogni organizzazione “lascia un segno”, cioè necessariamente si manifesta nella sue relazioni dove può essere scoperta. Ma quando queste relazioni saltano… si riduce la capacità pro-attiva delle agenzie di sicurezza, di intelligence e delle istituzioni e si deve recuperare la capacità reattiva.
Marib, Yemen: qui il kamikaze ha successo portando alla morte turisti spagnoli.
Ma torniamo indietro di qualche giorno per valutare l’accaduto. Il 22 giugno, su un forum islamista è stato postato un audio messaggio di 20 minuti da un uomo che si è identificato come Abu Basir Nasir al Wahishi, un 28enne anche conosciuto in battaglia come Abu Hureire al-Sanaani. Già sospettato di terrorismo è scappato da una prigione di massima sicurezza di Saana nel febbraio 2006 insieme ad altri: molti di questi sono già tornati in prigione, i restanti sembra siano in Somalia o nell’Hadramaut, lo splendido deserto sud orientale yemenita. Abu Hureire si è definito il capo di al Qaeda per la Jihad in Yemen, ha minacciato i nemici dell’Islam e in particolare le forze governative del Paese. La minaccia si è quasi certamente concretizzata nell’attacco ai turisti proprio perché turisti occidentali prima ancora che spagnoli, con poca attenzione alla programmazione contigua alla conclusione del processo di Madrid per gli attentati alle stazioni, ma con determinata volontà a mettere in crisi lo Yemen, favorendone l’isolamento. Al più, questo attacco si inserisce nell’unica vera battaglia organizzata oggi affrontata dal terrorismo qaedista che è quella che si svolge nei paesi islamici centro asiatici, medio orientali, e nord africani per guadarsi il controllo dei futuri “santuari” jihadisti.
Tra Londra, Glasgow e Marib non ci sono relazioni strategiche ma tutti questi casi sono la manifestazione terribile della comune ideologia islamista.
Forse ciò è peggio. Ma è necessario rendersene conto per avere una chiara visione del quadro generale in cui il terrorismo si sta muovendo e pericolosamente “sfilacciando”.
Credo sia opportuno lasciare perdere le grandi strategie politiche che cercano di delineare relazioni forti tra i diversi (possibili) attentati, in quanto facenti parte del medesimo quadro organizzativo.
Il problema è ben più grave rispetto ai nostri interessi di prevenzione, perché si ritrova nella sola esclusiva comune matrice ideologica che ha fornito il substrato culturale e motivazionale a individui altrimenti diversi a escogitare differenti percorsi di azione comunque violenti, e orientati a perseguire obiettivi limitati nel proprio territorio.
Insomma, proprio perché al Qaeda “non esiste” è molto più difficile combatterla!
Se questa è la logica, come mi sento di sostenere, la prospettiva è di una diffusione della violenza terroristica, con differenti esiti dalla minaccia verbale al kamikaze, difficile da prevedere.
Marco Lombardi