Oltre all’attività propagandistica jihadista, che si rivela essere sempre più concentrata sull’area nord africana, la rivelazione, risalente a lunedì scorso, da parte dell’autorevole emittente panaraba Asharq Al-Aws dell’esistenza di documenti segretati che svelerebbero un piano di collaborazione fra alcune forze qaediste, Daesh ed esponenti locali dei Fratelli Musulmani in Libia con l’obiettivo di formare «un consiglio della Shura unificato», è preoccupante e verrebbe sancita con queste parole: «la situazione richiede di aderire a Daesh affinché Tripoli sia nostra e Sirte sia loro».I dubbi relativi alla spartizione territoriale sono molti, una tale formale “spartizione” sembra improbabile, ma la possibile collaborazione tende a essere giustificata da un generale disorientamento della galassia jihadista che vede il califfato imporsi, sia a livello operativo che finanziario, su una ormai defilata e indebolita Al Qaeda. La tesi è legittima ma elementi supplementari necessitano di essere presi in considerazione: le dinamiche locali, ossia relative ad una specifica aerea di attività del terrorismo di matrice islamista, possono essere molto diverse dal quadro globale e generale, specialmente quando il contesto operativo, quello libico si intende, è caratterizzato da un’ instabilità dilagante che è favorevole a tutti e necessita di essere mantenuta tale.
Anche le minacce da fronteggiare sono comuni oltre che imminenti.
Basti pensare che l’attenzione internazionale verso il contesto strategico libico è crescente: gli Stati Uniti stanno valutando l’apertura di un terzo fronte operativo nel paese e la Francia, l’Inghilterra, la Germania e l’Italia (che si è offerta di guidare le operazioni) sono disposte a inviare truppe sul terreno (alcune delle quali sono già presenti) per la stabilizzazione nazionale e il supporto all’infante e debole governo di unità nazionale che si ha l’intenzione di sostenere e legittimare.
Quindi, nel lungo periodo gli obiettivi dei vari gruppi islamisti locali e regionali possono anche divergere ma nel breve la convergenza è palese, una base sufficientemente solida su cui avanzare una cooperazione.
Inoltre, gli interessi economici che la Libia rappresenta potrebbero essere un altro ottimo ed incredibilmente proficuo motivo per collaborare, se non si gode del momento adeguato o della forza per imporsi.
Il territorio libico, che con i suoi 1760 mila km quadrati è il sedicesimo al mondo in termini di estensione territoriale, è pieno di armamenti: si stima la presenza di circa 1 milione di tonnellate di armi (primariamente leggere), l’accesso alle quali è generalmente libero e deregolamentato.
Inoltre il paese è ricco di risorse naturali: la riserva nazionale di greggio è stimata a 48.363 milioni di barili, mentre quella di gas a 1505 miliardi di metri cubi, anche se la capacità di estrazione, lavorazione, stoccaggio e esportazione è precipitata a causa del conflitto ancora in corso.
Grazie all’instabilità politica nazionale e regionale sono comunque i traffici illeciti, gestiti dai vari attori locali tra i quali criminalità organizzata, gruppi tribali (es. tuareg), forze irregolari e milizie jihadiste come AQIM, Boko Haram, Ansar Eddine e Ansar al Sharia, a rivelarsi estremamente redditizi.
I traffici e le rotte.
La cocaina di origine colombiana arriva in Guinea e Guinea Bissau, viene trasportata lungo le coste dell’Africa occidentale e arriva in nord Africa dove viene infine traghettata in Europa. Il traffico ammonta circa a 18 tonnellate l’anno, che valgono dai 15 ai 20 milioni di dollari di profitto per i trafficanti in Libia, Tunisia e Algeria. Anche la cannabis proveniente dal Marocco è molto trafficata ed i suoi proventi vengono maggiormente usati per finanziare la lotta armata, le rotte in questo caso passano da Algeria, Libia, Egitto e Balcani, per approdare poi nel grande mercato europeo.
Segue il contrabbando di beni quali medicinali, prodotti farmaceutici, alcolici e specialmente tabacco, che è gestito dalle milizie di Belmokhtar (Murabitun) e risulta essere il più radicato e remunerativo, con un valore di circa 1 miliardo di dollari l’anno. Anche in questo caso le rotte si originano nei paesi dell’Africa occidentale come Guinea, Costa d’Avorio, Senegal, Ghana e Nigeria per poi arrivare nel Magreb.
Il traffico di armi, solo in Libia, produce approssimativamente dai 15 ai 30 miliardi di dollari l’anno, le rotte in questo caso sono molto complesse e interessanti: alcune si originano dalle coste dell’Africa occidentale mentre altre partono dallo Yemen ed entrano in Africa via Somalia. Una prima tratta che si può definire “meridionale” interessa Eritrea, Sudan, Repubblica centro africana, Camerun, Nigeria, Ghana e Uganda; la seconda “settentrionale” passa per Ciad, Niger, Mali, Algeria, Libia ed Egitto fino a ritornare in Medio oriente e nello specifico in Siria e Iraq, con le quali nazioni il traffico di import e export risulta essere reciproco.
Infine, il traffico di esseri umani è il più lucroso e facilmente accessibile di tutti, secondo alcune stime il 60% del flusso migratorio illegale diretto in Europa passa dalla Libia. L’intero business del traffico di uomini trans-sahariano ha un valore che potrebbe aggirarsi fra i 255 e i 323 milioni di dollari l’anno e le tratte utilizzate anche in questo caso sono complesse: i rifugiati provenienti dalla parte orientale dell’Africa sub sahariana tendono a entrare i confini libici tramite il Sudan o l’Egitto, attraverso le aree dove il controllo governativo è scarso o totalmente assente; mentre per quelli provenienti da Africa meridionale, centrale e occidentale prevalgono le rotte “sodate” che attraversano Mali, Algeria e Niger, fino al sud della Libia.
Molti dei rifugiati sono Siriani e Yemeniti e alcuni analisti collegano l’attuazione di attacchi terroristici in Medio oriente, Africa sub sahariana e nord Africa con una precisa strategia volta ad incrementare i flussi delle migrazioni illegali sulle rotte battute dal traffico di esseri umani
Il ruolo delle milizie e delle organizzazioni jihadiste è rilevante: esse infatti tendono a sfruttare questi traffici mediante il diretto coinvolgimento nelle operazioni di contrabbando, la facilitazione dei movimenti e la tassazione delle rotte che passano nei territori da loro presidiati.
Concludendo, i traffici illeciti in nord Africa risalgono circa al 700 DC e con loro i conflitti e la cooperazione tra coloro che ne beneficiano…