È interessante sviluppare alcune considerazioni intorno alla timeline che ha caratterizzato l’esecuzione e la rivendicazione dell’attacco del 22 marzo 2024 a Mosca per cercare di capire meglio la portata della minaccia jihadista.
Da anni scriviamo che il “terrorismo è comunicazione” e che, soprattutto il terrorismo jihadista, ha sviluppato una comunicazione strategica molto efficace: Daesh non ha mai lasciato al caso la gestione comunicativa, ben consapevole che il massimo effetto, a minor costo, si ottiene attraverso la sapiente gestione della minaccia, prima che per gli effetti di un evento. E che, gli effetti dell’evento, sono poi rinforzati da una adeguata comunicazione.
Così è anche per l’attacco al Crocus City Hall.
Per questo è ovvio che Daesh abbia considerato fin dall’inizio la strategia comunicativa conseguente l’attacco al Crocus, che anzi abbia collocato lo stesso attacco all’interno di questa strategia consapevole che, per tempo e luogo, l’attacco sarebbe stato oggetto prediletto della campagna informativa del conflitto in corso in Ucraina.
L’organizzazione dell’evento pone due domande rispetto ai tempi:
Perché dopo e non prima?
Perché subito e non poi?
“Perché dopo e non prima?”, rispetto alle elezioni presidenziali. È evidente che Daesh ha valutato il raggiungimento positivo dell’obiettivo non intervenendo durante il percorso elettorale, dove non vedeva né alcun interesse o protagonismo, ma agendo dopo. In questo modo ha collocato l’attacco nello scenario russo del “dopo elezioni”, con un Presidente rieletto in modo plebiscitario e atteso, che offre una immagine di continuità immediatamente destabilizzata dal colpo jihadista.
“Perché subito e non poi?”, riferendosi alla prima rivendicazione, comparsa poche ore dopo invece che con gli usuali tempi più lunghi. L’immediatezza del riconoscimento di paternità da parte di ISIS Centrale ne ha garantito la centralità e l’autorialità, prima che la scontata narrativa, che avrebbe attratto l’attacco nella sfera del conflitto russo ucraino, potesse affermarsi. Daesh non ha lasciato il tempo alle narrative russe di stabilizzarsi ha giocato di anticipo sul piano cognitivo.
Possiamo aggiungere altre considerazioni utili a leggere l’accaduto.
La prima rivendicazione di Amaq, l’agenzia ufficiale di Daesh (22 marzo), evidenzia come target i “nazareni russi”, cioè i cristiani, gli infedeli, con la medesima qualifica già usata nel passato nelle aree controllate da Daesh. Anche la successiva nota di Amaq (23 marzo) insiste sui cristiani e l’attentato è posto nel “normale contesto della furiosa guerra tra lo Stato Islamico e i paesi che combattono l’Islam”. Noi ricordiamo che Mosca è spesso indicata come la Terza Roma (dopo la Roma imperiale e Costantinopoli, rispettivamente la “prima” e la “seconda”), quindi un target emblematico per il terrorismo jihadista. Un terzo comunicato sull’attentato (pubblicato sempre il 23 marzo, poche ore dopo il secondo di Amaq) è firmato direttamene Islamic State ed è poi tradotto da Halummu, servizio di traduzione che generalmente riporta le parole di ISIS Centrale. Dunque, l’obiettivo si colloca nella guerra che Daesh conduce e della quale si afferma come leader protagonista con i grandi attacchi che hanno punteggiato questi mesi (in Iran e in Afghanistan) rivendicati da ISIS Centrale.
Il coinvolgimento delle due Wilayah di Daesh, Kavkaz e Khorasan, è perfettamente in linea con le attese ma non influisce sulla scelta di protagonismo di ISIS Centrale, sottolineata dalle prime due rivendicazioni firmate Amaq e poi dal comunicato ISIS Centrale.
ISIS-K non ha rivendicato nulla “in proprio”.
Le due province hanno fornito assistenza e operatività, confermando la preoccupazione per la penetrazione del terrorismo jihadista nelle repubbliche dell’Asia Centrale, in particolare nel Tajikistan sotto osservazione da tempo. Il loro ruolo è coerente con la differenza rispetto ad attacchi per conseguire obiettivi territoriali (rivendicati dai gruppi) e attacchi per conseguire obiettivi strategici (rivendicati dal “centro).
La domanda che tutti si fanno è: dunque quali scenari?
E come sempre non esiste una sola né certa risposta.
Questo attentato, letto nella prospettiva della timeline indicata, dimostra che:
- la scelta di colpire “dopo” rinforza il perdurare della minaccia del jihad;
- la scelta di rivendicare “subito” rinforza il valore della firma di ISIS Centrale;
- l’attacco al Crocus City Hall conferma la minaccia jihadista, portata da Daesh a livello globale e la centralità di questa organizzazione nel conflitto multidimensionale in corso.
A parziale “conforto”, si può dire che tale minaccia è alta e ha come primo effetto di colpire in modo significativo l’opinione pubblica che aveva dato priorità ad altre minacce. Ma essa non sorprende le agenzie istituzionali nazionali e internazionali che, costantemente, ne hanno sottolineato la presenza.