Le rivolte occorse in Francia alla fine di giugno mostrano e confermano che a livello globale, certamente europeo, le società stanno diventando sempre più radicali e violente.
Ciò si è reso evidente con l’avvento della pandemia da Covid- 19 e con l’impatto sociale che le misure di gestione, spesso non pianificate, hanno avuto sul rapporto fra cittadini e istituzioni.
Poter analizzare i fatti francesi dopo un tempo di raffreddamento necessario per l’interpretazione permette di comprendere alcune narrative ricorrenti:
- una prima narrativa concerne la dimensione temporale: il focus totalizzante riguarda l’età dei partecipanti alla rivolta ovvero giovani e giovanissimi. Un destinatario al quale si è rivolto indirettamente anche il presidente francese Macron quando ha sollecitato i genitori dei ragazzi affinché i propri figli restassero a casa: soluzione contingente ma che non si focalizza sulla comprensione del fenomeno, sulla sua portata di lungo periodo e sugli inevitabili impatti socio – culturali. Inoltre non considera le infiltrazioni di altri gruppi estremisti che pure sembrano avere avuto un ruolo durante questi episodi.
- una seconda narrativa concentrata sulla dimensione spaziale: le rivolte vengono definite urbane per dare un elemento di ancoraggio fisico circa il fenomeno sociale in atto. Le rivolte infatti sono associate all’ambito urbano e alle condizioni di disuguaglianza che si vivono proprio nelle periferie urbane. Un elemento questo che dimentica il dato per il quale queste rivolte si sono allargate fino a giungere anche a più piccoli centri cittadini francesi per i quali le condizioni al centro delle cause di queste rivolte andrebbero meglio indagate.
- una terza narrativa si è focalizzata sulla dimensione tecnologica ovvero l’uso dei social. In particolare il presidente francese Macron ha proposto di pensare ad una modalità di sospensione dei social considerati come una delle cause delle rivolte, in quanto faciliterebbero la partecipazione e la diffusione di notizie legate all’organizzazione delle proteste, incentivando eventi simili. Un aspetto questo – il ruolo svolto dai media nell’orientare comportamenti sociali – che è già stato ampiamente posto in discussione sul versante della propaganda politica, dallo scandalo Russiagate prima nel 2016 e da Cambridge Analytica nel 2018. E’ certo che i social network agiscano come casse di risonanza e di propagatori di idee – incluse quelle alternative e devianti – quello che invece emerge ormai da anni è la difficoltà nel gestire e regolare l’utilizzo dei social ponendo dei criteri di disamina fra ciò che può essere accettato e ciò che deve essere limitato.
- una quarta narrativa è riconducibile alla dimensione identitaria: i riottosi e più in generale i partecipanti alle proteste risultano identificati secondo elementi di identità sociale che spesso si scontrano con il percepito individuale e le singole immagini personali.
La particolarità di questi elementi di analisi è che possono essere considerati anche per altri eventi che esprimono comportamenti sociali radicali contemporanei, come la guerra russo – ucraina:
- Il tempo è generalmente quello del qui ed ora senza un orientamento verso il medio – lungo periodo: vero per i fatti francesi ma anche per la guerra russo-ucraina che manca da entrambe le parti di visione strategica futura, al massimo arrivando all’eccesso e preannunciando una catastrofe nucleare che sarebbe deleteria per tutto il continente geografico europeo e riporterebbe ad un tempo zero delle società umane come sono ora conosciute.
- questa prospettiva minimalista conduce alla seconda lettura relativa allo spazio per il quale si sta paradossalmente assistendo ad un suo – più o meno deliberato – processo di perimetrazione. A livello fisico lo si evince dalla dimensione urbana per le rivolte francesi e dal confinamento russo – ucraino che porta i più a pensare che questa guerra sia “là” per cui tutto sommato, se non vicini, può non interessare. A livello digitale le community, i canali dei vari social network stanno sempre più diventando degli ambienti chiusi che diffondono certamente informazioni ma con circuiti e processi di vetting iniziali che assomigliano al fenomeno della perimetrazione fisica.
- le tecnologie e la comunicazione mediante social sono alla base della guerra russo-ucraina con un livello di spettacolarizzazione da entrambe le parti molto alto: di certo alcuni eventi che hanno segnato fino ad ora questo conflitto sono stati possibili proprio per le funzionalità delle attuali tecnologie comunicative.
- l’identità è l’elemento cruciale della guerra russo-ucraina con due declinazioni fondamentali: da un lato le identità etniche che rimandano alla questione Donbass nel 2014 e dall’altro al concetto di nazionalismo – nonché al suo supporto – che sta vivendo una nuova primavera non solo in Russia.
Infine, è importante sottolineare che un ulteriore elemento sotteso alle quattro narrazioni riguarda il rapporto fra cittadini – autorità – sistemi di informazione profondamente segnato e colpito dalle misure intraprese per la gestione della pandemia da Covid-19 e non ancora compreso nella sua portata sociale, culturale e politica.
Le riflessioni circa l’eredità della pandemia da Covid-19 è infatti stata silenziata e cancellata dall’opinione pubblica, probabilmente pensando che in questo modo il ritorno alla tanto agognata normalità potesse essere più rapido e incisivo.
In realtà, svegliati da questo sogno o più correttamente illusione, scopriamo che il modo con il quale le persone si rapportano con gli altri sia in modalità online sia offline è profondamente cambiato e si sta dirigendo verso una radicalizzazione delle società a prescindere dalle etichette più conosciute entro le quali vogliamo ricondurre fenomeni violenti come quelli francesi o la guerra russo-ucraina nel cuore del continente Europa.