Nel dodicesimo rapporto dell’Analytical Support and Sanctions Monitoring Team trasmesso al Security Council Committee delle Nazioni Unite, si rileva che “i Talebani ed al Qaeda rimangono strettamente allineati in un rapporto divenuto sempre più saldo attraverso legami di seconda generazione”. Come parte dell’accordo dello scorso anno tra la precedente amministrazione Trump ed i talebani, l’organizzazione militante islamista dichiara di “non cooperare con gruppi o individui che minacciano la sicurezza degli Stati Uniti e dei suoi alleati“. Tuttavia non vi sono segni rotture tra talebani ed al Qaeda con “legami mascherati”. In base alle informazioni disponibili sappiamo che al Qaeda mantiene il controllo di almeno quindici province afgane, principalmente nelle regioni orientali, meridionali e sudorientali. La leadership dell’organizzazione terroristica (compreso Ayman al-Zawahiri, le precedenti notizie sulla sua morte a causa di problemi di salute non sono mai state confermate) è stata trasferita nelle aree più remote del Paese, al confine tra Afghanistan e Pakistan, sotto la protezione dei talebani. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite “al Qaeda mantiene profondi legami con i talebani, ma ha ridotto al minimo le comunicazioni per non mettere a repentaglio gli accordi di Doha”.
Al Qaeda rappresenta una organica ed essenziale forza per l’insurrezione guidata dai talebani contro il governo dell’Afghanistan. L’appartenenza al nucleo centrale di al Qaeda, in prevalenza di origine non afgana, è composta principalmente da cittadini provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Al Qaeda nel subcontinente indiano opera sotto l’egida dei talebani nelle province di Kandahar, Helmand e Nimruz. Il gruppo è composto principalmente da cittadini afgani e pakistani, ma anche provenienti da Bangladesh, India e Myanmar. Il suo attuale leader è Osama Mahmood, primo in ordine di successione di Asim Umar. La strategia di al-Qaeda nel breve termine è di mantenere il suo tradizionale rifugio sicuro in Afghanistan. Nel lungo termine la strategia di al Qaeda è di pianificare attacchi contro obiettivi internazionali (pazienza strategica).
La rete Haqqani
All’interno della struttura talebana, la rete Haqqani rimane sostanzialmente una forza di combattimento semi-indipendente. La rete Hakkani è guidata da Sirajuddin Haqqani, primo vice del leader talebano Haibatullah Akhundzada. Pur facendo parte del movimento talebano, la Miran Shah Shura mantiene ampi margini di autonomia, soprattutto in ambito finanziario e operativo. Gli Haqqani sono pashtun etnici della tribù Zadran, nella provincia sud-orientale dell’Afghanistan. La rete Haqqani ha organizzato e condotto negli anni numerosi attacchi coordinati di alto profilo contro le forze afgane e la NATO. Pur operando con una certa autonomia, la rete Haqqani risponde al Consiglio supremo dei talebani.
Durante la guerra fredda, Washington collaborò con diversi gruppi estremisti per contrastare la minaccia sovietica. CIA ed intelligence pakistana si affidarono a Jalaluddin Haqqani ed alla sua rete per testare e sperimentare nuovi sistemi d’arma e tattiche contro le forze sovietiche in Afghanistan. Nell’aprile del 1991, il Dipartimento di Stato americano si congratulò con le forze di Haqqani per la vittoria contro i sovietici a Khost. Jalaluddin Haqqani non si rivelerà quella “bontà personificata” così come venne descritto dell’ex membro del Congresso degli Stati Uniti Charlie Wilson, che raccolse fondi per la resistenza afgana. Oggi l’Unione Sovietica non esiste più, mentre l’eredità di Haqqani sopravvive.
Haqqani diede anche un punto d’appoggio nell’Asia meridionale a quelli che sarebbero diventati i fondatori di al Qaeda. Molti dei luogotenenti di Osama bin Laden si addestrarono proprio nei campi sponsorizzati da Haqqani. Dopo gli attacchi dell’11 settembre, la famiglia Haqqani fornì assistenza a bin Laden. Dopo le polemiche sulla morte del Mullah Omar, Jalaluddin utilizzò la sua influenza per sostenere il Mullah Mansour, successore di Omar. Nel 2001 Jalaluddin Haqqani rinunciò al suo ruolo di leader, passando il comando a suo figlio (uno dei dodici) ed erede ideologico Sirajuddin o Siraj. Come suo padre, Siraj è uomo di al Qaeda. La famiglia Haqqani ha più volte agito come intermediario tra il governo afgano ed al Qaeda. Il gruppo è una delle più potenti organizzazioni militari in Afghanistan. Nel 2010, gli Stati Uniti hanno dichiarato la rete Haqqani come un’organizzazione terroristica, designando Sirajuddin ed altri suoi leader come terroristi globali. Il 14 novembre del 2019, il canale responsabile di tutte le comunicazioni ufficiali del comando centrale di al Qaeda, ha pubblicato un video dedicato a Jalaluddin Haqqani, definito il fratello ideologico di Osama bin Laden. Ayman al-Zawahiri non compare mai nel video, riservandosi un breve commento audio alla fine del video.
Si legge in una nota del rapporto delle Nazioni Unite: “Componente di spicco nei consigli consultivi di al Qaeda, Sirajuddin Haqqani non siede nella Hattin Shura” dell’organizzazione guidata da Ayman al-Zawahiri. Sirajuddin Haqqani ed il mullah Mohammad Yaqub Omari (figlio del Mullah Omar ed a capo della Commissione militare dei talebani dal maggio 2020), non avrebbero alcun interesse nel processo di pace. I due vice leader dei talebani spingono per una soluzione militare.
Hattin Shura, l’organismo strategico di al Qaeda
Nel rapporto dell’Analytical Support and Sanctions Monitoring Team trasmesso al Security Council Committee delle Nazioni Unite, vi è un solo riferimento alla Hattin Shura. Sappiamo che con tale termine ci si riferisce all’organismo strategico del comando centrale di al Qaeda. La Hattin Shura (che prende il nome dalla battaglia di Hattin avvenuta il 4 luglio 1187 e conclusasi con la sconfitta delle armate crociate cristiane ad opera dalle forze musulmane di Saladino) è stata probabilmente istituita intorno al 2015 dopo che diversi leader di al Qaeda furono rilasciati da una qualche forma di custodia iraniana. Uno dei componenti sarebbe Saif al Adel, l’unico ancora in vita della prima linea di successione stilata dopo la morte di Osama bin Laden.
Conclusioni
In un rapporto della Defense Intelligence Agency diffuso lo scorso maggio, si rileva che “una spaccatura organizzativa tra al Qaeda ed i Talebani appare improbabile anche a causa dei legami di sangue stretti negli ultimi decenni”. Lo scorso gennaio il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti dichiarava che al Qaeda stava “acquisendo forza e capacità in Afghanistan mentre continuava a operare con i talebani e sotto la loro protezione”. La presenza di al Qaeda in Afghanistan è stata confermata anche dalla propaganda ufficiale dell’organizzazione terroristica e dalle sue ramificazioni mediatiche. Al-Qaeda nel subcontinente indiano, ad esempio, in un messaggio audio per l’Eid al-Fitr diffuso lo scorso anno, descriveva l’accordo di Doha come un esempio di vittoria divina e ricompensa per il perseguimento della jihad. Thabat News Agency, poi, rivendica regolarmente operazioni all’interno dell’Afghanistan. Talebani ed al Qaeda continueranno a mantenere un atteggiamento di distacco e discrezione fino a quando i primi non raggiungeranno gli obiettivi prefissati. Se il raggiungimento di questi ultimi (che potrebbe coincidere con il ritiro delle forze USA) sancirà la fine della pazienza strategica di al Qaeda, magari con un nuovo leader, questo è ancora da vedere. L’obiettivo a breve termine di al Qaeda è quello di non compromettere la posizione diplomatica dei talebani rispetto all’accordo di Doha. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, il 2020 è stato l’anno più violento mai registrato in Afghanistan. Per i talebani, nessun elemento di al Qaeda opera in Afghanistan.