Prima Gheddafi poi Putin definiscono l’intervento in Libia una “crociata”, utilizzando così un pericoloso vocabolario qaedista che ha sempre legittimato gli interventi terroristici del jihadismo radicale. Da Gheddafi è comprensibile. Da Putin meno, anche se lo si legge nell’ambito della campagna politica per le prossime presidenziali e a supporto delle tesi al riarmo russo per arginare l’interventismo americano.
In ogni caso, sono questi gli atteggiamenti che portano a incrementare il rischio di attentati terroristici nei paesi dell’Alleanza fornendo la giustificazione che può muovere lone wolf e self starter. Infatti, la sicuramente pressione migratoria in crescita dalle coste occidentali, non giustifica un allarme attacco terrorismo quanto possono invece fare affermazioni che offrono motivazioni alle imprese solitarie.
Ricordiamo che nella medesima area africana abbiamo la presenza di AQIM Al Qaeda nel Maghreb: si tratta di un gruppo capace, che ha dimostrato di colpire con efficacia in Algeria, Morocco, Tunisia, Mali, Mauritania. Nelle recenti faccende Nord Africane è sempre entrato con qualche ritardo rispetto alla sua nota “pro-attività”, in eventi passati, ma sempre a supporto delle popolazioni in rivolta. Probabilmente il ritardo può leggersi come frutto ad alcuni dissapori interni nella leadership: la minaccia maggiore al comando di Droukdel viene dalla affermazione di Abu Zeid, uno dei pochi non veterani afghani. E le difficoltà sono anche testimoniate da alcune defezioni di suoi uomini nei mesi passati: sei operativi in Mauritani e una trentina in Mali. Quanto in questi frangenti comunque resti pericola AQIM lo si può comprendere anche dalla discussione che si è aperta il 7 marzo sul forum Shumukh al-Islam, in cui un jihadista (si) chiedeva perché AQIM non avviasse una campagna di “sucide bomber” contro Gheddafi e i suoi uomini colpevoli di attaccare il popolo sostenendo che un intervento preventivo di AQIM in Libia “avrebbe tagliato la strada ai crociati e scombussolato i loro schemi”. D’altro canto, un “fratello” argomentava che questo intervento di AQIM avrebbe dato il pretesto all’Occidente di attaccare e invadere il Paese. E così via in una altalena di pro e contro.
Che cosa possiamo dunque aspettarci dal fronte polverizzato e incerto del terrorismo Nord Africano in termini di minaccia nei nostri Paesi?
Di massima propongo queste considerazioni:
- lone wolf e self starter del radicalismo jihadista: la Libia, in un quadro ampio di supporto al terrorismo internazionale, è sicuramente un attore rilevante e da troppo tempo tollerato grazie ai molteplici interessi economici che intrattiene con i Paesi Occidentali. Ma, il terrorismo è stato soprattutto utilizzato come minaccia, per ottenere vantaggi propri non in diretta connessione con gli indirizzi qaedisti, spesso combattuti nelle sue forme organizzate nel Paese. È per questo che l’evocazione alla crociata di Gheddafi e Putin è assai pericolosa, perché può favorire una connessione con i numerosi solitari imitatori qaedisti già presenti nei paesi occidentali, offrendo loro la motivazione ideologica ad agire malgrado la storica non coerenza tra regime libico e qaedismo;
- dormienti: proprio nel contesto di una strategia nazionale libica di impiego del terrorismo, si può sospettare la permanenza di vecchie cellule libiche dormienti che, agendo oggi in modo strategicamente coordinato, vengano risvegliate dall’entourrage del Colonnello per compiere attentati nei paesi dell’Alleanza;
- migrazioni: è assolutamente improbabile che l’accesso in clandestinità possa essere considerato come preferenziale per cellule terroristiche organizzate, malgrado un incremento della pressione migratoria da sud. Ma, è possibile che venga utilizzato un canale poco controllabile per introdurre nuovi elementi libici inviati a realizzare attentati e, soprattutto, con la missione di mobilitare i troppi immigrati e clandestini che sono certamente esposti alle “sirene” con funzione di propaganda e – seppure in parte meno probabile – di reclutamento;
- Al Qaeda nel Maghreb (Aqim) sembra stia a guardare dopo i comunicati di supporto alle rivoluzioni Nord Africane. Ma in questa situazione di elevata conflittualità potrebbe cercare di promuovere mobilitazione antagonista tra gli immigrati in fuga (in sovrapposizione alle attività libica di cui sopra) e “giocare di riserva” in una situazione di elevatissima incertezza. Le sue carte migliori le sta per ora mettendo a punto.