Dopo un mese e mezzo di gestione della crisi coronavirus in Italia è possibile tracciare alcune linee interpretative, andando a delineare alcuni elementi principali del disastro ormai reale.
Fin dall’inizio è stato chiaro come la governance della crisi fosse associata al metodo on – demand. Infatti, sono mancate alcune azioni preliminari di vitale importanza per l’orientamento dell’emergenza e la sua possibilità di contenimento:
- una valutazione dell’evento partendo da quanto stava accadendo in Cina, considerando tutti gli aspetti di interdipendenza che avrebbero riguardato anche i Paesi Europei
- la sottovalutazione e la minimizzazione del rischio, per il quale non vi era accordo nemmeno fra la comunità scientifica, faro interpretativo per la disorientata popolazione
- sopravvalutazione delle proprie capacità resilienti, adattive, proattive e capacità per la presa di decisioni nel quadro di una minaccia dai contorni sfumati e dagli effetti non chiari
Da queste azioni e dalla dinamica finora emersa di questa crisi, si iniziano a manifestare alcune delle seguenti linee interpretative:
- la governance dell’evento critico e delle sue conseguenze, effetti collaterali inclusi, è stata caratterizzata dalla risposta on – demand ai bisogni emergenti: le quasi trecento pagine dei primi decreti in un arco di circa venti giorni, ne sono segno e simboli significativo: l’emergenza è una situazione di creatività, ma l’analisi della minaccia poteva orientare risposte più contestuali alla portata del danno che si sarebbe subìto. Così facendo invece, si creano ampi spazi di incertezza cognitiva e vulnerabilità pratica, che possono portare all’avvento di organizzazioni altre per la risposta alla domanda generatasi.[1] Ciò fa trasparire che il principale metodo di risposta sia stato quella della reattività: non resilienza, che include una metodologia strategica fondata sulla valutazione preliminare delle proprie competenze e dei livelli esogeni ed endogeni adattivi del sistema sotto stress. La reattività si fonda su un principio basico di stimolo – domanda e risposta, tralasciando tutte quelle forme adattivi e flessibili, che invece costituiscono la terra di mezzo di una metodologia resiliente di risposta ad una crisi.
- la resilienza sia infrastrutturale sia più in generale della popolazione può essere definita, secondo l’approccio mix and match e stante quanto sopra, al livello più alto di governance strategica, non avrebbe potuto presentarsi in modo diverso: le risposte infatti alla manifestazione della crisi sono state molto diverse da città a città, da regione a regione, andando a sottolineare quella frammentarietà che spesso viene omessa in favore del mito dell’Unità nazionale: Il primo mito qui ben definito, chiaro sotto il profilo dell’educazione civica, è il frazionismo, la tendenza alle lotte intestine che indebolisce gli italiani e apre le porte alle invasioni (Peluffo, 2020).[2]
- non solo quindi il mito nazionale, pubblico ma anche quello strategico,[3] appaiono confermare l’atomizzazione del crisis management nazionale: la creazione di tante piccole nebulose di gestione della crisi, ognuno con vita propria, indicatore di un mancato coordinamento e di una scarsa visione d’insieme. Gli effetti sono quelli di una immagine a scacchiera e un rafforzamento del caos che già la crisi stessa genera
- da quanto occorso è possibile parlare anche di una narrazione mitica etnocentrica, dove la popolazione immigrata è stata vista spesso esclusa dalla narrativa dell’emergenza prima e della crisi poi, anche considerando la comunicazione pratica degli eventi spesso agita senza competenze culturali adeguate al contesto socio – antropologico che si sarebbe dovuto considerare
- se si volge lo sguardo alle immagini che provengo dall’estero rispetto al mito italico e al rapporto fra nazioni che esse demandano, tre esempi devono fare riflettere rispetto alla posizione italiana nello scenario internazionale o con organizzazioni altre di minoranza: – la pizza al coronavirus francesce[4]; – la vignetta degli Schuetzen, che ironizza sull’inno nazionale[5] – gli spaghetti al coronavirus diffusi da Gulf News[6]. Tre esempi fra loro diversi per le differenti implicazioni alle quali rimandano, che fanno però riflettere sul significato di identità della collettività e dell’importanza che i miti nazionali hanno nel preservare e mantenere l’ideale nazionale sia al suo interno sia nei rapporti internazionali.
Ritorna quindi preponderante per il futuro, ripensare ad un crisis management come metodologia culturale di risposta resiliente alle emergenze e crisi, il quale per essere di successo deve avvalersi dei principi di collaborazione, coordinazione, visione strategica, unitarietà dell’azione, analisi di contesto e orientamento socio – antropologico.
[1]https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/23/news/la_mafia_del_virus_dalla_droga_alla_sanita_la_pandemia_aiuta_l_economia_criminale-252023708/
[2] Peluffo, P, (2020), Il Risorgimento lungo L’Italia nazione che non si vuole impero, Limes, Vol. 2
[3] Editoriale, Limes, Vol. 2 / 2020
[4] https://www.youtube.com/watch?v=tBQGcUqveqA
[5] https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/fondimpresa/2020/03/20/sdegno-per-la-vignetta-degli-schuetzen-e-la-macabra-ironia-sullinno-italiano_15093887-c35e-4e23-b1fa-d085be729a67.html
[6] https://www.ilgiornale.it/news/cronache/dubai-spaghetti-coronavirus-lira-dellambasciatore-italiano-1846631.html