La Turchia e la Russia continuano ad essere sotto i riflettori a livello internazionale in Medio Oriente e non solo.
Il 15 dicembre scorso i servizi di intelligence russi del FSB hanno dichiarato di avere arrestato una “cellula” composta da terroristi di nazionalità russa, moldava e tagika che rispondevano alle direttive di un comandante del Daesh in Turchia e stavano pianificando un attentato a Mosca.
Risale a poche ore fa la notizia secondo la quale il Daesh avrebbe rivendicato l’attentato che la notte di capodanno ha colpito il Reina club di Istanbul causando la morte di 39 persone (la maggioranza delle quali straniere) ed il ferimento di altre 70 circa.
Questi eventi potrebbero essere collegati con alcune recenti operazioni militari sostenute dal sedicente Califfato in Medio oriente:
- l’11 dicembre scorso le milizie del Daesh hanno lanciato una nuova offensiva sulla città di Palmira riuscendo a riprenderne l’intero controllo per un breve periodo di tempo.
- Continua anche l’offensiva “Euphrate Shield” dell’esercito turco, supportata dall’aviazione russa, sulla città siriana settentrionale di al Bab.
- L’1 gennaio scorso il sedicente Califfato ha rivendicato un attentato suicida che ha colpito la città di Tartus in Siria.
Il fil rouge che collegherebbe gli eventi citati potrebbe essere rappresentato da una sorta di “rappresaglia” del Daesh contro la Turchia e la Russia, motivata dalle azioni che le due potenze stanno attualmente perpetrando in Medio oriente. Tale comportamento non è affatto nuovo da parte del Daesh che lo aveva infatti già palesato nei confronti della Francia all’alba dell’intervento di quest’ultima nel teatro Siro-iracheno al fianco della coalizione anti Daesh guidata dagli USA.
Per quanto riguarda il modus operandi dell’assalto al Reina club di Istanbul, vale la pena evidenziare come l’attentatore abbia messo in atto una vera e propria incursione all’interno del locale: inserendosi, scaricando una gran quantità di colpi contro chiunque si trovasse a tiro con l’obiettivo di massimizzare il numero delle vittime, per poi esfiltrare facendo perdere le proprie tracce. L’attacco ha avuto inizio già all’esterno del locale, quando il soggetto ha fatto fuoco contro un poliziotto e altri clienti immediatamente a ridosso dell’ingresso principale. Contrariamente a quanto affermato in un primo momento, il terrorista non era travestito da babbo natale; da alcune immagini riprese dai sistemi di sorveglianza del locale, emerge che il terrorista indossava un comune giubbotto invernale e uno zaino, verosimilmente pieno di caricatori dato che si contano circa 180 spari in 7 minuti di azione. Se consideriamo che un caricatore di un fucile d’assalto AK-47 (quasi sicuramente in versione AKS con calcio pieghevole) conta, di norma, 30 colpi, il terrorista aveva a disposizione 6 caricatori.
Una modalità che fa pensare molto a un’operazione da commando specializzato, ben diversa dagli attentati suicidi a cui ci si era abituati. A riprova di ciò, anche la modalità di fuoco scelta dall’attentatore: no raffica ma colpi singoli e obiettivo la parte alta del corpo, per aumentare le probabilità di “centro” e, quindi, di morte.
Questo potrebbe implicare che il Daesh ha cambiato strategia e punta ora a salvaguardare la vita dei propri uomini, per quanto possibile, a causa della progressiva scarsità di “risorse umane” in seguito alla campagna militare russa che ne ha pesantemente indebolito struttura e capacità operative.
E’ inoltre necessaria una considerazione sul target dell’attentato di Capodanno, il Reina club, un locale ben noto nella ”Istanbul bene”, frequentato da politici, personaggi dello spettacolo ma anche da tanti stranieri, un luogo che agli occhi dei jihadisti simboleggia la laicità, la mondanità, l’élite ed anche la comunità internazionale, quale miglior obiettivo dunque.
Nella rivendicazione del Daesh, la prima su fatti avvenuti in territorio turco, si legge che il terrorista è un eroico soldato del (sedicente) Stato Islamico, che continua la sua battaglia contro i sostenitori dei Crociati (cristiani); tale affermazione, indicherebbe chiaramente la volontà di “punire” la Turchia per il suo appoggio nelle campagne contro il Daesh in Iraq e in Siria. Dal 2015 ad oggi, si contano circa 400 vittime in Turchia, causate da attacchi di matrice terroristica.