Nella tarda serata di ieri, lunedì 18 luglio 2016, su un treno che transitava da Treuchtlingen a Wuerzburg, in Baviera, un adolescente afgano di 17 anni ha ferito tre passeggeri del convoglio brandendo un’ accetta ed un coltello.
Già dalle prime indagini si evince che il profilo dell’attentatore corrisponderebbe a quello di un “lupo solitario” (lone wolf), l’assalto é stato compiuto all’urlo del liturgico ‘Allah Akbar’, nella sua abitazione é stata ritrovata una bandiera del Daesh da lui stesso prodotta e A’Maq, l’agenzia di stampa affiliata al califfato, ha prontamente rivendicato l’operazione come accadde per Abballa: un video di 2.20 minuti intitolato “Germany – Video of the Islamic State Soldier Muhammad Riyad Who Carried out the Wurzburg Attack”. La firma dunque sembra attendibile.
Dall’inizio del 2016 gli attacchi lone wolves, recentemente e massicciamente propagandati dai jihadisti, non sono stati una novità sul suolo europeo:
- l’11 maggio 2016 un ventisettenne tedesco, carpentiere disoccupato, ha accoltellato a morte un uomo e ferito altri tre, urlando ‘Allahu Akbar’, alla stazione ferroviaria di Grafing, una cittadina a circa 20 chilometri da Monaco di Baviera.
- Lo scorso 14 giugno Larossi Abballa, cittadino francese venticinquenne originario di Mureaux, ha inferto nove pugnalate a Jean-Baptiste Salvint vice-comandante della polizia giudiziaria nel dipartimento francese delle Yvelines.
- la notte del 13 giugno 2016 un cittadino francese armato di coltello e martello, ventiduenne ed originario di Lunnel, è stato arrestato dalla GDIS francese a Carcassonne con l’accusa di pianificazione di attacchi terroristici contro le forze dell’ordine e turisti americani e russi.
Ma se fino a pochi giorni fa la chiamata del califfo ai i suoi “lupi solitari” in occidente non sembrava aver ricevuto l’attenzione sperata, oggi, alla luce dell’attentato odierno e della strage di Nizza di giovedì 14 luglio, l’appello sembra essersi trasformato in minaccia concreta. Si è trattato di una campagna massiccia, che soprattutto nei mesi di aprile e maggio ha chiamato alle armi i jihadisti solitari sparsi per l’Europa. Ma è ancora tutto da valutare quanto si stia assistendo a una risposta di jihadisti “movimentati” nelle loro residenze abituali o quanto ci sia stato un supporto specifico di infiltrazioni più recenti. Tra l’altro, la situazione appare estremamente liquida e se quanto in corso in queste ore in Francia (Bollene, un Hotel della catena Formula 1 evacuato per sparatoria in corso e nel villaggio vacanze nelle Hautes-Alpes un aggressore marocchino accoltella una madre con tre figlie) si dovesse aggiungere ai casi precedenti allora ci si troverebbe di fronte a una situazione ad altissimo rischio con difficili possibilità di controllo.
Il contesto tedesco
E’ interessante notare come la tipologia di attacco lone wolf sia per ora stata l’unica che è riuscita a colpire il popolo tedesco anche di fronte a dati che evidenziano come il numero di foreign fighter partiti dalla Germania per combattere la jihad in Siria ed Iraq sia di 470 combattenti di cui più di 200 ritornati.
La Germania è il Paese europeo che dopo la Francia ospita la più grande porzione di popolazione musulmana, circa 3.5 milioni dei quali 100.000 tedeschi convertiti e dove Il 70% dell’immigrazione islamica tedesca è di origine turca sebbene il Paese ospiti la più grande comunità afghana d’Europa(65,830). Il resto della popolazione immigrata proviene dalla Bosnia Erzegovina (167,081), dall’Iran (81,495), dal Marocco (79,794), dal Libano (46,812), dal Pakistan (35,081), dalla Siria (29,476), dalla Tunisia (24,533), dall’Algeria (16,974), dall’Indonesia (12,660) e Giordania (10,448).
Sembra quindi che i servizi di sicurezza tedeschi stiano lavorando in maniera efficace nel fronteggiare e limitare la minaccia terrorista sul suolo nazionale.
La pericolosa “non-strategia” dei lone wolves
Il modus operandi dei cosiddetti lone wolves, i lupi solitari, potrebbe essere definito una non-strategia in quanto spesso si tratta di azioni spontanee che non necessitano di alcun tipo di addestramento specifico in qualche campo mediorientale; il lupo solitario non ha bisogno di una specifica network in appoggio logistico e non è legato a un apparato gerarchico che ne coordina l’azione.
Il processo di radicalizzazione può avvenire in tempi brevissimi, magari tramite predicatori improvvisati o visionando filmati propagandistici disponibili in rete.
Ma soprattutto, è ormai necessario riconoscere come, ancora una volta, i percorsi di radicalizzazione siano stati interpretati alla luce di stereotipi superati rapidamente dai fatti. Prima i centri di radicalizzazione erano le moschee, poi le prigioni, poi internet… ciascuno in maniera esclusiva. Non è cosi! I percorsi sono molteplici e paralleli, si appoggiano su motivazioni anche molto diverse, hanno tempi di conclusione differenti ma raggiungono tutti il medesimo obiettivo: fornire uomini agli attacchi di Daesh o fornire attacchi che possano essere reclamati da Daesh come propri. L’effetto è il medesimo ma le regioni potenzialmente diverse. Questa prima conclusione è di per sé importante perché sul piano della sicurezza, cioè dell’intervento necessariamente rapido per ridurre la minaccia, la motivazione interessa poco: obiettivo è evitare o ridurre l’effetto. Al contrario, sul piano delle politiche a lungo termine di contenimento della radicalizzazione la comprensione delle motivazioni è centrale. Ma è necessario avere visioni separate per evitare strabismi inconcludenti.
Nel momento dell’azione, il lone wolf può usufruire di una miriade di strumenti che possono tramutarsi in armi devastanti: autoveicoli lanciati contro passanti, coltelli, accette, oggetti contundenti. Gli obiettivi sono luoghi del quotidiano, soft target come strade e marciapiedi gremiti di persone, bar, ristoranti, stazioni, bus, treni ed altri ancora. Tutto ampiamente argomentato nella propaganda mirata ed efficace di Daesh.
La pericolosità di tale tipo di attacco sta proprio nel fatto che sia fondato sull’improvvisazione, l’istantaneità e la spontaneità, che non serva una particolare strategia preparativa, e che l’attentatore possa decidere anche all’ultimo dove colpire. Ciò rende molto difficoltoso intercettarne e prevenirne l’attuazione da parte dei servizi di sicurezza che fanno fatica a individuare eventuali segnali in fase di preparazione, a differenza di azioni condotte col modus operandi di una network strutturata.