Nel pomeriggio del 30 Marzo è arrivato il premier incaricato di formare il Governo di Unità nazionale libico, Fayez Al Sarraj, con il consiglio presidenziale al seguito. L’arrivo del futuro premier, appoggiato anche dall’ONU, è stato fortemente osteggiato dal Governo di Tripoli, non riconosciuto a livello internazionale.
Nei giorni precedenti l’arrivo, i tentativi di ingresso nel Paese per via aerea non hanno avuto esito positivo, facendo registrare anche diversi colpi di artiglieria antiaerea nei pressi dell’Aeroporto Mitiga. L’arrivo nella Capitale pare sia avvenuto via mare, arrivando da Tunisi e utilizzando come attracco una base della marina militare adiacente al porto di Tripoli.
Nei prossimi giorni dunque, si avvieranno tutte le procedure per dar vita ad un Governo nazionale in grado, prima di tutto, di placare il caos interno al Paese e, in secondo luogo, di fronteggiare la minaccia terroristica legata allo Stato Islamico che ormai è molto presente sul territorio libico, agevolata appunto dal caos e dalla mancanza di un potere centrale ben definito.
Proprio quest’ultimo “impegno” potrebbe portare un notevole cambio di passo a livello internazionale; le possibilità di sconfiggere le milizie terroristiche che imperversano sul territorio e, allo stesso tempo, garantire stabilità all’interno del Paese, in modo autonomo paiono molto scarse. In tali condizioni quindi un supporto, che potrà essere di vario genere e non necessariamente inteso come operazioni di peace enforcement, pare assolutamente necessario. Da queste premesse, è facile immaginare un forte impegno da parte di una coalizione internazionale che si adopererà per fornire supporto logistico e di intelligence, in un primo momento, per poi poter passare a fornire supporto per operazioni cinetiche sul campo. Da tempo infatti, sono presenti già diversi operatori di Forze Speciali di vari Paesi europei, con funzioni di supporto all’intelligence e comunque operative in caso di attacchi mirati ad infrastrutture critiche di interesse europeo presenti nell’area. Proprio tali interessi sembrano fungere da “stella del nord” da seguire per i miliziani dello stato Islamico.
Nell’ultimo periodo IS ha subito notevoli perdite nel territorio Iracheno e Siriano, grazie a pesanti bombardamenti della coalizione e a diverse operazioni di terra condotte dai kurdi e dall’esercito siriano; è di pochi giorni fa infatti la riconquista di Palmira, da tempo sotto il controllo dello Stato Islamico. Le pesanti perdite hanno quindi portato i miliziani a cambiare teatro di operazioni, seguendo però una direzione segnata da interessi ben precisi: il petrolio.
In territorio Iracheno infatti, molti giacimenti petroliferi erano ormai sotto il loro controllo e, una volta persi, l’esigenza di forti introiti economici nonché il “peso” riservato a chi gestisce risorse petrolifere (terrorista o meno che sia) ha quindi indirizzato i miliziani verso la Libia, in pieno caos e senza un governo unitario e quindi un terreno più che fertile.
Il nuovo Governo quindi, sarà costretto a richiedere l’aiuto internazionale (aiuto che verrebbe comunque fornito per diversi interessi nazionali occidentali presenti nell’area) e questo ricadrà necessariamente anche sui vicini prossimi della Tunisia, che si vedrà costretta a fornire supporto logistico per le operazioni in territorio libico e, contestualmente, sarà costretta a gestire un fortissimo flusso migratorio lungo i sui confini meridionali con la Libia che già da tempo sono teatro di pesanti scontri armati tra esercito e jihadisti che tentano di “sfondare” i confini. Testimonianza di tale supporto è l’annuncio dell’imminente riapertura della sede Diplomatica tunisina in Libia.
Gli scenari prossimi quindi sembrano accesi più che mai in tutta l’aria nordafricana; presupponendo e sperando in un contrasto efficace allo Stato Islamico presente in Libia e considerando anche il contrasto alla creazione di una provincia di IS in territorio tunisino (Wilayat), uno spostamento delle milizie jihadiste sembra ovvio..ma in che direzione? Terreno sicuramente appetibile è il Mali, dove sono presenti importanti giacimenti e miniere di uranio, e l’Algeria, dove trovano sede importanti siti petroliferi e di gas naturale; entrambi i Paesi sono già da tempo oggetto di attacchi terroristici ma non i misura “pesante” (se escludiamo l’avanzata degli anni passati in Mali contrastata dalla Francia) ma nel recente passato sono stati registrati flussi di “rinforzi” provenienti da Boko Haram sia verso la Libia che verso il Mali e questo fa presagire un possibile conflitto futuro anche su queste aree.