Attentato a Jakarta: il tentativo di instaurare un nuovo wilayat – by Matteo Vergani

Il 14 gennaio a Jakarta, capitale dell’Indonesia, hanno avuto luogo una serie di attacchi terroristici contro uno Starbucks e una postazione della polizia in centro città. Secondo la polizia indonesiana sono state uccise 8 persone, tra cui 4 terroristi, 3 civili indonesiani e uno straniero di nazionalità canadese. Il sedicente Stato Islamico (IS) ha rivendicato la responsabilità degli attacchi.

Le autorita indonesiane hanno indicato che la mente degli attacchi e stata Bahrun Naim, jihadista locale che ora si crede sia in Siria a combattere con IS.[1] Secondo la rivendicazione apparsa sul blog di Bahrun Naim gli attacchi sarebbero una vendetta per l’uccisione di 200 jihadisti da parte delle squadre Indonesiane antiterrorismo “Detachment 88”, che Bahrun chiama “Jesus Squad 88”. Secondo alcuni analisti tuttavia Bahrun non sarebbe la reale mente dietro agli attacchi di Jakarta: Al-Chaidar (professore indonesiano esperto di terrorismo) per esempio sostiene che Aman Abdurrahman, jihadista Indonesiano detenuto nella prigione di massima sicurezza nell’isola di Nusakambangan, e maestro spirituale di Bahrun, sia la reale mente di questi attacchi.[2] Comunque sia, sicuramente dietro agli attacchi ci sono jihadisti locali (indonesiani e malesi) che seguono l’ideologia dell’IS e che vorrebbero instaurare un nuovo wilayat (una provincia “distante” dell’IS, sulle orme dell’esperienza libica) nel sud est asiatico. I quattro terroristi uccisi dalla polizia durante gli attacchi erano già stati in prigione per aver partecipato a un campo di addestramento jihadista in Indonesia nel 2010, e il 18 gennaio la polizia indonesiana ha arrestato in diverse città del paese 18 persone sospettate di aver facilitato gli attacchi.[3] Secondo alcuni analisti gli attacchi probabilmente rappresentano una lotta di potere all’interno di Katibat Nusantara, l’unità di IS nel sud est asiatico. Bahrun Naim vorrebbe infatti conquistarne la leadership a scapito dei gruppi Malesi e soprattutto Filippini (come Abu Sayyaf e i Bangsamoro Islamic Freedom Fighters) che si ispirano a IS, e per questo deve dimostrare di avere la capacità di condurre attacchi in grande stile, emulando i recenti casi in Francia, Nord Africa e Turchia.[4]

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IS è sicuramente attivo in Indonesia: si stima che tra i 500 e i 800 indonesiani siano partiti per la Siria per unirsi al sedicente Stato Islamico. L’Indonesia ha una lunga storia di gruppi jihadisti autctoni con legami con il jihadismo internazionale: Jemaah Islamiyah (JI), responsabile dei famosi attentati di Bali nel 2002 e nel 2005, ne è l’esempio più famoso. E sicuramente oggi IS ha rinnovato l’ispirazione dei jihadisti indonesiani, attirando fuorisciti di JI nelle sue orbite.

La minaccia di IS in Indonesia (e più in generale nel sud est) non deve essere sottovalutata. Tuttavia è importante comprenderne i limiti, che sono comunque notevoli. Delle molte minaccie di attacchi in Indonesia, la maggior parte sono state sventate: l’ultimo caso degno di nota è quello degli attacchi minacciati a Jakarta per la notte di capodanno sempre da Bahrun, che sono stati sventati in anticipo dalle autorità indonesiane.[5] Gli stessi attacchi del 14 gennaio sono stati molto meno efficaci (dal punto di vista dei terroristi) degli attacchi recentemente condotti a Parigi, simili per modus operandi. Inoltre, sebbene 500-700 Indonesiani arruolati nel sedicente Califfato in numeri assoluti siano degni di nota, sono una insignificante proporzione nel paese Musulmano più popoloso al mondo, che conta oltre 200 milioni di Musulmani. Per tutti questi motivi si ritiene molto improbabile che i jihadisti indonesiani riescano a instaurare un wilayat di IS nel sud est asiatico.[6]

L’Indonesia ha programmi di anti-terrorismo sia “hard” (come Detachment 88) sia “soft” (come quelli sviluppati da Nahdlatul Ulama,[7] organizzazione specializzata in counter-narratives), che si sono dimostrati in passato efficaci, e hanno ridotto considerevolmente la minaccia del terrorismo negli ultimi anni. Basti pensare che dal 2009 non avveniva un attacco terroristico nel paese.[8] Inoltre la popolazione indonesiana ha una notevole resilienza al terrorismo: un esempio è l’hasgtag condiviso da oltre 100,000 indonesiani su Twitter durante gli attacchi del 14 gennaio, #KamiTidakTakut, che significa “non abbiamo paura”,[9] e che rappresenta un perfetto esempio di counter-narrative dal basso che sfida l’obiettivo stesso del terrorismo, che è appunto creare terrore nella popolazione colpita.

In conclusione, sono ancora molte le sfide per combattere il terrorismo in Indonesia. Si ritiene ad esempio che un centinaio di jihadisti siano tornati in Indonesia dopo aver combattuto in Siria. Tuttavia non ci sono strumenti legali per punire o arrestare questi ex combattenti. Inoltre, non esistono misure per prevenire il recidivismo dei jihadisti, nonostante molti jihadisti (almeno 40) abbiano commesso reati legati all’ideologia jihadista dopo la loro scarcerazione.[10] Gli attacchi del 14 gennario a Jakarta sono un importante campanello di allarme per il governo indonesiano, e mostrano come il jihadismo locale, sebbene minoritario e politicamente marginale, sia tutt’altro che estinto. Non è un caso che dopo gli attacchi (e dopo minacce recapitate al governo locale) le autorità abbiano aumentato le misure di sicurezza a Bali,[11] meta Indonesiana del turismo di massa, già oggetto di attacchi jihadisti che hanno mietuto centinaia di vittime. Come molti esperti hanno gia sottolineato, il turismo è uno degli obiettivi strategici del terrorismo, e l’Indonesia, che ha una fiorente industria turistica soprattutto a Bali, deve mantenere alta l’allerta sui luoghi del turismo di massa.

[1] http://www.aljazeera.com/news/2016/01/isil-claims-responsibility-jakarta-attacks-indonesia-160114104322617.html

[2] http://m.thejakartapost.com/news/2016/01/19/terrorist-blogger-claims-jakarta-attacks-were-act-revenge.html

[3] https://www.ctc.usma.edu/posts/the-jakarta-attack-and-the-islamic-state-threat-to-indonesia

[4] http://www.lowyinterpreter.org/post/2015/11/23/Indonesia-No-room-for-complacency-as-ISIS-builds-Jakarta-network.aspx

[5] http://www.smh.com.au/world/indonesia-on-high-alert-for-terrorist-attacks-over-christmas-and-new-year-20151221-glsrgx.html

[6] https://www.ctc.usma.edu/posts/the-jakarta-attack-and-the-islamic-state-threat-to-indonesia

[7] http://www.nu.or.id/lang,en-.phpx

[8] http://www.aljazeera.com/news/asia-pacific/2009/09/2009917225613305788.html

[9] https://theconversation.com/indonesia-needs-more-than-hashtags-to-defy-terror-53299

[10] http://jakartaglobe.beritasatu.com/opinion/commentary-fight-terrorism-indonesia-needs-move-beyond-security-measures/

[11] http://www.abc.net.au/news/2016-01-19/jakarta-attacks-bali-security-tightened-over-terror-fears/7099722