Era perfettamente immaginabile che l’effetto terrore avesse come conseguenza anche una crescente incertezza e senso di insicurezza in settori più sensibili e vulnerabili alle minacce terroristiche internazionali, quali per esempio il settore turistico.Il calo del turismo a Parigi dopo gli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo e quelli di Venerdì 13 Novembre, in Tunisia dopo gli attentati al Museo del Bardo e a Sousse, le disdette per l’imminente Giubileo a Roma sono i segnali tangibili di una contro comunicazione del terrore poco efficiente ed adeguata al contesto nel quale si sviluppa e per il target per il quale è – o dovrebbe essere – pensata, così come sono sintomo di una minaccia riconosciuta, ma – almeno per il momento – ancora non combattuta.
In particolare cali o comunque contrazioni delle richieste e delle partenze si sono verificati anche dopo gli attacchi alle Torri Gemelle del 2001, a Madrid nel 2004, a Londra nel 2005 e in seguito ai fatti della Primavera araba del 2011.
La differenza sostanziale però risiede nel fatto che uno fra gli obiettivi prediletti di questi ultimi attentati sembra essere il settore turistico, peraltro senza dimenticare che una certa contrazione dei consumi afferenti a questo settore si era già verificata in seguito alla crisi economica del 2007 e 2008.
A proposito della contro comunicazione del terrore o meglio del suo effetto inverso amplificatore, i mass media ci stanno abituando ad una comunicazione ed informazione sempre più incalzanti, pressanti e persino opprimenti, che poco hanno a che fare con una informazione utile ai cittadini – pubblico.
Che cosa pensare per esempio della comunicazione frettolosa e non verificata della notizia di due giorni fa, riguardante una tragica rapina in villa a Roubaix, scambiata per l’ennesimo commando armato di terroristi pronti a colpire questa volta una singola famiglia nella propria casa?
Se si fosse riflettuto con calma, fin dall’inizio la dinamica dell’evento non appariva per nulla in relazione con l’azione di un possibile gruppo armato di terroristi: la loro logica almeno fino ad ora sembra propendere per una marcatura del territorio, secondo una drammaturgia del terrore ripresa e amplificata da altri mezzi di comunicazione.
Nella concitazione frenetica dell’informazione non c’è calma o riflessività alcuna e questo si riversa anche sulle percezioni del pubblico e sulle rappresentazioni collettive, fino a generare possibili cali turistici e disdette di prenotazioni già in essere.
Da parte loro, le organizzazioni terroristiche non stanno facendo nulla di illogico: sfruttano la possibilità data loro di cronicizzare vulnerabilità economiche, politiche e sociali sul territorio.
Il problema semmai è rispondere in modo più resiliente a queste criticità, cercando di arginare perdite economiche in un settore che per molti Paesi, fra i quali la Francia e le nazioni del Nord Africa, è uno dei pilastri economici più importanti.
Che cosa quindi potrebbe essere operativamente messo in atto per contrastare la crisi di un settore, che dimostra precise scelte di consumo e stili di vita, garantendo maggiore sicurezza per i turisti di oggi e di domani?
Essenzialmente fornire loro strumenti operativi, comunicativi, interpretativi e conoscitivi adeguati per il luogo che si intende visitare, non considerando il turista come agente passivo, ma come persona attiva, partecipe che si muove in uno spazio non del tutto conosciuto.
Una prima proposta ancora tutta da analizzare in termini dei suoi effetti ed efficacia è quella presentata da Matthias Fekl, Segretario di Stato francese per il commercio estero, dal nome ARIANE: si tratta di un sistema di comunicazione mediante sito internet, che permette il contatto con il Ministero degli Esteri, ricevendo informazioni utili sul Paese che si intende visitare.
Questa è una delle strade percorribili (similie a quanto già attivo in Italia attraverso la Sala crisi del Ministero degli Affari estri) , ma che pone in essere una serie di domande circa la reale efficacia di un tale sistema e la fattibilità in termini di collaborazione e coordinamento fra Ministero e i professionisti del settore turistico.
Inoltre rimane comunque un mezzo istituzionale, che poco colpisce invece i più diretti interessati quali le agenzie, le federazioni di settore, gli operatori turistici e gli stessi turisti.
E’ però indubbio che in un contesto di terrorismo globale, le azioni e le strategie di sicurezza dovrebbero mirare al raggiungimento di un cambiamento resiliente, evitando se possibile il rischio di normalizzazione delle minacce terroristiche, con un conseguente netto, tragico e improvviso cambiamento delle abitudini e dello stile di vita oppure generando al polo opposto l’effetto di turisti allo sbaraglio.
Come si è sempre sostenuto, un cambiamento si rende necessario per una serie di motivazioni fra le quali: il raggiungimento di un nuovo equilibrio e obiettivi specifici; il miglioramento di una situazione; la diminuzione dei conflitti; l’adattamento ad una nuova situazione o contesto emerso.
Posto come scopo generale quello di mantenere e garantire un turismo consapevole e resiliente, anche in vista di una protezione economica per un settore fra i più sviluppati in alcuni Paesi, si rende necessario puntare l’attenzione circa le capacità adattive di interpretazione, valutazione e di scelta informata e quindi consapevole.
Ciò che sembra quindi mancare sono delle analisi concrete circa i rischi e le vulnerabilità specifiche, alle quali però devono essere strettamente correlate analisi e valutazioni di resilienza, che a questo punto possono essere così operativamente delineate:
- Una prima fase di valutazione e interpretazione degli scenari di rischio, ma anche scenari proattivi e delle capacità di adattamento resilienti del sistema organizzativo oggetto dell’analisi e finalizzate alla governabilità di una possibile minaccia
- Una seconda fase che ha come oggetto l’elaborazione di adeguate attività formative per gli operatori del settore volte all’acquisizione di competenze specifiche per la valutazione degli scenari e l’interpretazione degli stessi
- Una terza fase che miri all’elaborazione di adeguate attività formative volte all’utilizzo di una comunicazione e informazione resiliente per i turisti, nonché le più efficaci tecniche e metodi comunicativi, considerando le peculiarità di questo gruppo di riferimento
Si ritiene quindi che i compiti futuri per chi si occupa di resilienza e gestione delle crisi potranno essere quelli relativi alla creazione, stimolazione e rafforzamento delle capacità di adattamento e di risposta resiliente del settore turistico affidandosi all’acquisizione di competenze operative, tecniche, metodologiche, comunicative e relazionali, che risulteranno essere tanto più efficienti se riusciranno a gestire la minaccia e il rischio, garantendo sicurezza ai turisti ed equilibrio al proprio sistema organizzativo ed economico.
Ecco quindi presentarsi anche in questo settore, la necessità di un ripensamento per l’attuazione di una concreta professional resilience, che sia di supporto all’intero sistema nel quale si sviluppa e opera.
Quello che è certo è che si possono mettere in atto strumenti e misure per il rafforzamento del sistema turistico, sia nei Paesi a maggiore rischio sia in quelli dove la percezione del rischio risulta ampliata da un sistema informativo poco verificato.
Si renderà quindi sempre più necessario che la scrittura di questa drammaturgia del terrore risulti essere un pezzo scritto a quattro mani: i terroristi, la loro organizzazione, gli eventuali collusi da un lato e dall’altro tutti gli altri, coloro i quali ancora credono nei diritti civili, nella sicurezza come diritto e nella possibilità di godere delle libertà di scelta raggiunte.