E’ uscito un nuovo numero di Dabiq, l’ottavo, il magazine di IS, in data 30 marzo 2015. Il titolo è “la Sharih’ah sarà l’unica legge per l’Africa” e si rivolge all’Africa rivendicando l’attentato di Tunisi. Avevamo argomentato, subito dopo l’attacco al Museo del Bardo, che malgrado l’incertezza sulle rivendicazioni (incertezza rilanciata a lungo da US per esempio), questo attacco terroristico si inseriva perfettamente nella strategia di penetrazione negli stati del Nord Africa da parte del Califfato: una penetrazione a macchia di leopardo, che utilizza i numerosi gruppi jihadisti frammentati presenti nell’area, che preme da est a ovest. Il magazine conferma questa lettura ed evidenzia l’interesse strategico verso l’Africa, in particolare il Nord Africa, quale costa di prossimità e pressione verso l’Europa.
A pagina 17 si rivendica il Bardo e, tra l’altro, si scrive: “This month, the soldiers of the Khilāfah sent a forceful message to the camp of kufr and riddah, striking and terrorizing them in multiple lands, and with no visas, borders, and passports to stand in the way. Strikes were carried out in Yemen and Tunisia by men whose allegiance lies, not with a false citizenship, but with Allah, His Messenger, and the believers. They readily sacrificed themselves for the cause of Allah in their own lands, bringing massacre to the disbelievers and murtaddīn, not differentiating between them on grounds of nationalism.”
Un ragionamento “competente” che evidenzia l’inevitabile penetrabilità delle frontiere e la trans-nazionalità della missione del Califfato destinato a conquistare l’Africa, in perfetto accordo con le mappe della espansione di IS già pubblicate subito dopo la proclamazione del 29 giugno 14, estese fino alla Spagna.
Nello stesso numero si ritorna a citare Parigi e Copenhagen, segni del nuovo terrorismo degli “zombie”, competenti e imprevedibili combattenti di ritorno, oggi invitati a formarsi in Libia, qualora non riuscissero ad arrivare in Siria e dintorni: IS si sente ragionevolmente sicuro dell’impasse politico che impedisce l’attacco militare nelle sue aree e conferma la primazia strategica dei paesi nordafricani.
Altri spunti interessanti sono presenti in questo numero, tutti particolarmente “feroci” e minacciosi per i kuffar:
- la distruzione dei musei e dei reperti archeologici, a significare l’impossibilità di esistenza di una cultura altra rispetto a quella del jihad;
- l’educazione dei “leoni di domani”, riproponendo le sequenze dei bambini che uccidono o fanno da serventi ai boia di IS;
- la contro narrativa di Cantlie che argomenta la politica americana del presidente Obama.
In qualche modo potremmo dire che Dabiq scrive, per contenuti e registri, quanto atteso a conferma delle analisi fatte ma soprattutto senza paura di informare prima di piani, progetti e strategie.
L’intelligente comunicazione del terrore continua, fiduciosa di potersi esprimere perché risultato della corretta interpretazione delle vulnerabilità del nemico: IS – come spesso è per tutto il terrorismo – non è forte di per sé, ma è forte per la debolezza del suo nemico, che sa perfettamente sfruttare. In tal senso, l’efficacia di questa comunicazione interroga noi sul costante ritardo che caratterizza la necessaria risposta al Califfato, da parte della coalizione che dice di combatterlo.