Oggi è caduta Ayn al-Arab, la “Primavera degli Arabi”, quella che i media chiamano alla curda Kobanê, nel governatorato di Aleppo in Siria, nell’area di controllo di IS, dove Emirato di Aleppo e Califfato si confondono. Il fatto è che Kobanê è sul confine turco, dal quale si godeva fino a poco fa lo spettacolo dei combattimenti, tra i carri turchi schierati e le truppe impegnate ad allontanare i curiosi, i fuggitivi e coloro i quali – curdi – volevano recarsi a combattere nella città.
Nel mentre si compiva il crollo della città, avveniva lo scambio tra diplomatici turchi prigionieri di IS e un manipolo di jihadisti a loro volta prigionieri dei turchi. E sempre nello stesso momento le forze aeree anti IS compivano i loro efficaci bombardamenti. Efficaci, come Cantlie ha detto l’altro giorno: “gli attacchi aerei stanno distruggendo dei target specifici, ma non permettono di conquistare e mantenere territorio”.
E’ evidente l’impasse politico di fronte al quale si trova la sparpagliata coalizione che non riesce a coordinare gli sforzi militari senza un necessaria condivisone politica, prima, strategica, poi, dell’intervento non essendo sufficienti le minacce di IS a farla diventare un “corpo di spedizione”.
I combattenti curdi di Kobane appartengono quasi tutti al Yekîneyên Parastina Gel, conosciuto come YPG – l’Unità di Protezione del Popolo, ala del PKK che raccoglie uomini e donne curdi fondamentalmente abitanti in area siriana. Ultimamente l’YPG si è dimostrato un baluardo rilevante contro IS e per questo ha attratto numerosi combattenti, tra cui diversi cristiani residenti nell’area. Malgrado il recente ammorbidimento turco nei confronti del PKK, YPG resta un potenziale avversario che, tutto sommato, potrebbe fare comodo venisse “ridotto” da IS. Ma il gioco è assai pericoloso perché, nell’attuale situazione, ogni vittoria di IS si moltiplica in termine di sviluppo futuro della minaccia e attrazione di combattenti.
Sempre più, in questo momento, la forza di IS sembra essere soprattutto la debolezza dei suoi avversari che, in mancanza di una visione futura condivisa, intervengono soprattutto con un occhio ai vantaggi immediati per i propri interessi specifici, sia di prossimità come la Turchia, sia politicamente altrove come in USA.
Nel frattempo IS si consolida aumentando il numero di combattenti, radicandosi sul territorio attraverso politiche di governo quotidiano che ingaggiano la popolazione locale, gestendo le proprie rendite, acquisendo armi soprattutto di origine iraqena.
Allo stato attuale lo Stato Islamico ha già vinto, a meno che non si riveda profondamente la ragione della coalizione avversaria e, da qui, la strategia di intervento che non può che mettere le scarpe sul terreno.