Taleb Al Abdulmohsen: saudita in Germania ma ostile all’immigrazione, arabo ma sionista, con background musulmano ma profondamente islamofobo, contrario all’oltranzismo religioso jihadista ma attentatore con modalità analoghe, ovvero il cosiddetto vehicle-ramming, l’auto lanciata a tutta velocità sulla folla.
In materia di terrorismo, sapevamo che questi sarebbero stati gli anni dell’imprevedibilità (https://www.itstime.it/w/terrorism-in-2023-unpredictability-ahead-by-sara-brzuszkiewicz/) , con inedite commistioni ideologiche, influenze reciproche tra sistemi di pensiero diversi e una sorta di democratizzazione della minaccia attraverso attacchi sempre più semplici dal punto di vista operativo. L’azione e il profilo di Al Abdelmohsen, tuttavia, superano ogni aspettativa in termini di imprevedibilità e complessità interpretativa.
I fatti
La sera di venerdì 20 dicembre nella città tedesca di Magdeburgo, un’auto lanciata ad alta velocità sui pedoni del mercatino natalizio locale ha ferito oltre 200 persone e mietuto cinque vittime, tra cui un bambino piccolo, ma il bilancio potrebbe aumentare. Ad essere fermato per l’attacco è stato poi Taleb Al Abdulmohsen, cittadino saudita di cinquant’anni, in Germania da quasi venti.
La complessità del profilo
All’apprendere dell’attentato e della nazionalità del soggetto fermato tutti noi, addetti ai lavori e opinione pubblica, politici e media, abbiamo dato per scontato si trattasse di terrorismo di matrice religiosa, secondo coordinate simili a quelle dell’attacco al mercato natalizio di Berlino compiuto da Anis Amri nel 2016. Col passare delle ore si sta invece comprendendo meglio la complessità del profilo di Al Abdulmohsen. L’individuo sembra avere lasciato l’Arabia Saudita nel 2006 come rifugiato politico e aver iniziato a lavorare come medico e psicoterapeuta nel 2016 in Germania, dove è presto divenuto una figura piuttosto nota nella comunità saudita.[1]
Laico, profondamente anti-Islam e dichiaratamente sionista, i suoi post su Twitter sono una miscellanea di istanze cospirazioniste, in particolare contro la Germania che persegue i dissidenti sauditi per conto della casa reale del Golfo e odio contro musulmani e politica mainstream che vuole islamizzare l’Europa. A questo proposito, il soggetto risulta vicino al partito alt-right tedesco Alternative für Deutschland (AfD), profondamente ostile all’immigrazione, in particolare dei flussi provenienti da paesi a maggioranza musulmana.
Le ragioni dell’obiettivo
Accanto alla complessità del profilo dell’attentatore, gli esperti si stanno interrogando sulle motivazioni dietro alla scelta dell’obiettivo: perché un mercatino di Natale? Perché non una moschea o un centro per richiedenti asilo, solo per citare alcune delle molte opzioni che apparirebbero più in linea con la visione del mondo di Al Abdelmohsen?
Tenendo conto innanzitutto della relativa facilità dell’obiettivo col mezzo che aveva a disposizione, le ipotesi al riguardo sono diversificate:
- La scelta del mercato di Natale è ideologicamente incoerente: non ha attaccato qualcosa che odia realmente, in quanto ha basato la propria scelta soltanto sull’accessibilità dell’obiettivo, e il mercatino di Natale di Magdeburgo risultava molto accessibile. Il car ramming, inoltre, si è dimostrata una tecnica ad alta letalità, non c’è ragione di non importarla dall’orizzonte jihadista, secondo una logica virale ed imitativa spesso rilevata. A ciò si aggiunga il fatto che non si è mai trattato di tipologia di azione esclusivamente jihadista, pensiamo all’attacco perpetrato da James Alex Fields Jr, che lanciò la sua auto contro alcuni individui che contestavano il raduno Unite the Right a Charlottesville in Virginia (2017) o a quello compiuto dall’incel Alek Minassian a Toronto (2018).
- La scelta è coerente in quanto mirata a colpire la società mainstream, debole e incapace di opporsi alla deriva islamica che la sta invadendo.
- La scelta dell’obiettivo intendeva suggerire che si trattasse di terrorismo jihadista, come di fatto si pensava nelle prime ore dopo l’attacco.
Tante interpretazioni: anche la dissimulazione
Di certo, l’attacco in questione e il profilo del soggetto rappresentano un segnale di come le dinamiche di radicalizzazione stiano evolvendo. Infatti, più si approfondisce il profilo di Taleb, più si raccolgono tasselli che non stanno insieme secondo una immagine che abbiamo già consolidata dell’attacco terroristico. Né la modalità operativa dell’attacco finisce una linea interpretativa non conflittuale con altre altrettanto valide. Ma può essere questa esplosione di incertezza frutto di una strategia ricerca per realizzare l’attacco. In questa linea si pone l’impiego della taqiyya come spiegazione, una strategia mimetica di dissimulazione della fede e dei comportamenti per ingannare il nemico: Taleb avrebbe disseminato di segni contrastanti e contrari alla appartenenza all’Islam la sua vita in Germania, tanto da arrivare insospettato e insospettabile all’appuntamento con il mercatino di Natale. Anche questa, tra le varie, è una interpretazione possibile della quale si tratta di trovare il trigger (l’attivatore) che spieghi perché la dissimulazione si concretizza dopo tanti anni e perché non si è portato a termine l’attacco con l’ultimo sacrificio della propria vita. Soprattutto, sostenere adesso la strategia della dissimulazione (taqiyya) senza alcun riscontro oggettivo appoggia sulla interpretazione stereotipata del terrorismo: spiegare un evento con i modelli dati per scontato. Dunque, essa ha il medesimo valore delle spiegazioni contrarie: per ora dobbiamo accettare di non avere ancora (forse dopo? Mai?) una spiegazione che non sia funzionale a confermare una credenza.
Il terrorismo entra nella Guerra Cognitiva.
Elenco semplicemente i pezzi del puzzle che sono stati argomentati prima:
- Attacco al mercato classico delle feste di Natale a Magdeburgo.
- Vittime le famiglie tedesche colpite da un’auto lanciata a tutta velocità sulla folla.
- Il terrorista è Taleb Al Abdulmohsen, medico, cinquantenne saudita.
- È ricercato per stupro in Arabia Saudita ed è in Germania per motivi umanitari
- Taleb odia l’Islam e aiuta le donne a scappare vittime dell’Islam.
- È filosionista ed è vicino alla estrema destra tedesca.
- Rilancia con frequenza Radio Genoa, filorussa, antimmigrazione, complottista.
- Il profilo X di Taleb, da cui si possono raccogliere la maggior parte di queste informazioni, è ancora pubblico e disponibile (alla pubblicazione di questo post).
- Lo scenario geopolitico è lo sfondo problematico all’agire di Taleb.
Più si approfondisce il profilo di Taleb, più si raccolgono tasselli che non stanno insieme secondo una immagine che abbiamo già consolidata dell’attacco terroristico.
Provi ciascuno dei lettori a ricomporre la figura di Taleb per come ha finora pensato il terrorismo.
Finora, gli attacchi a cui eravamo abituati, almeno alla superficie permettevano di distinguere facilmente tra attaccanti e vittime, caratterizzabili per posizioni alternative: nel nostro disegno era sufficientemente chiara la logica per cui quel terrorista colpiva quelle vittime con quella modalità operativa.
A Magdeburgo, rispetto all’immaginario corrente del terrorismo, per esempio, è difficile mettere insieme la modalità operativa con la motivazione; oppure il bersaglio e il timing con la posizione ideologica; ma anche l’idea stessa dell’attacco con l’esperienza personale e professionale rappresentata da Taleb; e infine l’inusuale persistenza del suo profilo sui social, quando la prassi è l’oscuramento immediato.
L’unica cosa certa in questo scenario è la totale incertezza, dovuta alla molteplicità delle configurazioni di senso possibili. Infatti, non è vero che i pezzi del puzzle non stanno insieme: essi stanno insieme formando più di una immagine compatibile, nessuna delle quali coerente con le aspettative.
Taleb è:
- un matto, perché rinuncio capire la complessità del disegno;
- è un jihadista, perché è la modalità operativa che conta;
- è un estremo estremista di destra, perché le sue dichiarazioni islamofobe sono chiare;
- è un complottista sionista;
- è un jihadista che pratica la taqiyya;
- è un prodotto dell’ideologia di estrema destra emergente in Germania;
- è uno strumento della crisi politica tedesca;
- etc.
Tutte queste ipotesi sono ammissibili ma nessuna è in grado di spiegare, cioè contenere mettendoli al loro posto, tutti i pezzi del puzzle.
Sempre più spesso gli attori dell’antiterrorismo sono chiamati ad affrontare sistemi di credenze diversificati e talvolta incoerenti, nei quali suggestioni di estrema destra si mescolano ad obiettivi jihadisti e modalità operative tipiche di una data ideologia vengono fatte proprie da ecosistemi diversi e apparentemente lontani: Taleb Al Abdelmohsen rappresenta ad oggi l’attentatore su suolo europeo in cui questi caratteri di fluidità ideologica e operativa si sono mostrati con maggiore intensità, ma il fenomeno è destinato ad intensificarsi.
Infatti, Taleb riempirà il dibattito pubblico per settimane, prestandosi a tante interpretazioni potenzialmente conflittuali l’una con l’altra. E sarà utilizzato in modo vantaggioso per sé dai narratori. Moltiplicando il conflitto post-attentato. Si può dire che, con prepotenza, il terrorismo è entrato nella dimensione della Guerra Cognitiva: Taleb ha posto in questione l’atto terroristico come l’unico ancora comprensibile secondo schemi semplici (buoni/cattivi; vittime/attaccanti; kafir/musulmani; sinistra/destra).
L’unica cosa che resta certa è la conclusione nel fatto violento, drammatico, omicida.
Ma la strada che porta a quel risultato è incomprensibile secondo i modelli finora sviluppati. C’è ancora molto da capire su quanto avvenuto, ma soprattutto su quanto, nel quadro di una ormai frequente cross pollination tra ideologie e identità diverse, questo nuovo attacco possa innescare effetti imitativi anche negli ambienti jihadisti, nonché su come i paesi europei sapranno stare al passo con l’attuale minaccia.
Lo schema cognitivo del terrorismo con Taleb è saltato, contribuendo a rendere ancora più terrifico il terrorismo stesso.
La Guerra Cognitiva si amplia ancor più da questo Natale.
[1] Una fonte saudita ha riportato alla Reuters che il Regno degli Al Saud aveva già avvertito la Germania riguardo al soggetto a seguito di alcuni suoi post radicali su Twitter.