Dalla Tunisia attraverso l’Algeria fino all’Egitto – per fermarsi alla riva sud del Mediterraneo – le fiamme della rivolta hanno cambiato definitivamente il panorama politico di quella sponda del nostro mare. L’innesco è stato differente ma gli esiti tendono alla medesima incerta destinazione fatta di richiesta di liberta, miglior vita, forse democrazia.
In questo contesto, la reazione di AQIM e del radicalismo islamico è stata lenta: ma non dimentichiamone l’opportunismo che certamente si manifesta. Soprattutto, nessun Paese di quell’area sarà più come prima, dunque è necessario per noi, Italia, giocare con intensità la partita che ci deve vedere protagonisti per i nostri interesse Paese. Cominciamo a dire che né Usa, né UK, né Israele e le altre potenze globali possono avere la nostra visione: ma tocca a noi rendersi conto che la loro visione non è necessariamente la nostra. Sostenere oggi i vecchi simulacri non è interesse italiano perché la “restaurazione” è improponibile. Probabilmente neppure una transizione ordinata è più possibile. Stando così le cose, il gioco si va a fare in piazza, tra la gente: là si confrontano – sempre di più nei prossimi giorni – gli orientamenti che promuoveranno l’una o l’altra leadership. Nel rumore anonimo della folla AQI M e i Fratelli cercheranno di orientare l’esito istituzionale del Nord Africa e i vecchi islamici intransigenti torneranno a riaffacciarsi: è in quella medesima dimensione pubblica e caotica che è necessario agire supportando chi può proporsi come un leader localmente autorevole e vicino alle istanze democratiche europee. Anche noi dobbiamo camminare con la folla di quelle piazze e, se il caso, urlare insieme a chi può condividere la medesima visione del lago salato mediterraneo. Anche noi dobbiamo ritrovarci al venerdì nei medesimi luoghi in cui i capi popolo studiano da statisti e cominciare da subito a lavorare con loro. Altrimenti la piazza, erroneamente pensata come “lasciata a se stessa” (ma che era preparata, vedi: Egyptian Revolution Manual) diventerebbe lo strumento del radicalismo che giustamente si teme.
Marco Lombardi